Rifare il catasto fabbricati (che entrerà in vigore, comunque, all’incirca fra cinque anni) è nell’interesse di tutti, ma dei proprietari anzitutto. A patto, però, che esso censisca i reali redditi ed i reali valori immobiliari.
Per capire da dove si parte e dove si dovrebbe arrivare, è comunque essenziale capire anzitutto la situazione attuale.
Il vigente catasto è infatti un catasto (formalmente) reddituale: la redditualità fu una conquista dello Stato unitario, gli Stati preunitari avevano catasti patrimoniali (semplicistici, grossolani, più facili da fare).
Le attuali rendite catastali dovrebbero perciò rappresentare i cosiddetti «redditi correnti», cioè i canoni effettivamente percepibili, depurati delle spese e delle tasse (per i catastisti, il 30 per cento dei canoni stessi). Invece, non li rappresentano per niente: la revisione del 1990 ha censito paradossalmente solo i valori di mercato, trasformandoli poi in una sorta di (finte) rendite con l’applicazione di tre coefficienti elementari (1, 2 e 3, rispettivamente per case, uffici e negozi).
La riforma è stata tanto assurda che oggi molti credono di pagare le imposte non sulle rendite, ma sul valore degli immobili. Tanto assurda che fu bocciata da Tar e Consiglio di Stato nonché, di fatto, dalla Corte costituzionale, su ricorsi della Confedilizia. Ma non è ancora finita.
Quelle rendite bislacche sono infatti state tutte aumentate, prima del 5% dal governo Prodi e poi, smodatamente, dal governo Monti (addirittura del 60% per le case e così via).
Queste rendite, così, rappresentano oggi solo l’assatanamento per far cassa che accomuna certi politici e certi burocrati. Il nuovo catasto (per come è stato delineato dalla legge delega dell’11 marzo di quest’anno) non sarà solo reddituale come l’attuale (almeno, formalmente) ma sarà, per così dire, un catasto bifronte e cioè un catasto sia reddituale che patrimoniale. Infatti, attribuirà ad ogni unità immobiliare un valore patrimoniale (novità assoluta) e anche una rendita.
Quest’ultima, per calcolare le imposte dello Stato, e cioè quelle reddituali nonché le addizionali delle stesse, e il primo per calcolare le imposte sui trasferimenti e quelle locali ma anche per costituire la base di una eventuale patrimoniale (sempre smentita ma sempre in agguato, come anche questa annotazione dimostra).
La seconda novità (assoluta, anch’essa) è che rendite e valori patrimoniali saranno individuati attraverso algoritmi (e cioè, attraverso funzioni statistiche), che serviranno ad applicare i valori e i redditi rilevati alla consistenza delle singole unità immobiliari. In merito, la legge delega è chiara: le funzioni statistiche devono esprimere la relazione tra redditi e valori da una parte e le localizzazioni e le caratteristiche edilizie dei beni dall’altra.
E ciò, per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale anche all’interno di uno stesso comune. Si calcola che gli algoritmi potranno essere circa 150mila e gli ambiti territoriali (cioè, le nuove zone censuarie) almeno 20mila, più o meno coincidenti con le attuali delimitazioni di territorio dell’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle entrate, area ex Agenzia del territorio.
La terza novità assoluta è che la realtà dei fabbricati non sarà più espressa in vani catastali come è oggi (differenti da zona censuaria a zona censuaria), ma in metri quadrati. Con effetti, da questo punto di vista e salvo che per gli immobili storico – artistici (caratterizzati da grandi spazi), indubbiamente perequativi.
Gli anni di riferimento sui quali dovranno lavorare le Commissioni censuarie provinciali (ed, eventualmente, la Commissione censuaria centrale) per stabilire i valori patrimoniali e le rendite saranno quelli del triennio 2011/2013 o del triennio 2012/2014.
Sul punto vi è incertezza, sia per la strana dizione della legge delega – che fa riferimento “al” decreto legislativo di attuazione, quando invece tali decreti saranno ben di più – sia perché non è ancora stato pubblicato in Gazzetta il primo, e unico finora, decreto attuativo, e cioè quello sulla composizione delle Commissioni censuarie.
Che, partito male, per come proposto dalla burocrazia ministeriale e approvato dal Governo in prima lettura, è arrivato notevolmente migliorato, per l’intervento in prima persona dei Presidenti delle Commissioni Finanze del Senato e della Camera, Marino e Capezzone. È impossibile, in questo momento, stabilire se col nuovo catasto si andrà a pagare di più o di meno.
Per farlo, occorrerebbe sapere quali redditi e quali valori patrimoniali saranno accertati, tenendo in ispecie presente la caduta del mercato che si è realizzata particolarmente negli ultimi anni. In ogni caso, il discorso in questione dovrà essere all’evidenza collegato al livello delle aliquote impositive e soprattutto dovrà essere rispettoso del principio dell’invarianza del gettito stabilito dalla legge delega, invarianza da calcolarsi, come suggerito da Confedilizia e accettato nella legge delega, a livello comunale (e, quindi, facilmente controllabile). Le garanzie per un catasto in contraddittorio delle parti interessate sono comunque precise, finché saranno rispettate (o non modificate). Le funzioni statistiche, anzitutto, andranno pubblicate. Lo si è ottenuto, ed è un risultato assolutamente inedito.
Anche gli studi di settore, infatti, sono redatti con algoritmi, che peraltro non vengono assolutamente resi pubblici. Ancora, i rappresentanti delle associazioni del mondo immobiliare saranno chiamati a far parte delle commissioni censuarie (che fra i primi loro compiti hanno proprio quello della validazione degli algoritmi).
Da ultimo – come ricordato dal Presidente Capezzone e per quanto previsto dalla legge delega – i contribuenti dovranno avere la possibilità di difendersi anche nel merito e di far valutare valori e rendite nella loro congruità. Ma da dove si comincerà ad attuare il nuovo catasto?
Il governo, al proposito, ha accettato un positivo ordine del giorno dell’onorevole Pagano che impegna l’esecutivo ad avviare la revisione catastale «tenendo in maggior conto la redditività dei fabbricati e avviando da questo elemento la revisione del processo estimativo». Naturalmente, ai fini di un compiuto giudizio sulla riforma, molto dipenderà dai contenuti del secondo decreto legislativo di attuazione, previsto a breve.
Il suo percorso dovrà essere attivamente monitorato perché pieno sia il rispetto dei principi stabiliti dalla legge delega. Al proposito, le maggiori organizzazioni nazionali di categoria (ABI, Confindustria, Rete Imprese, Confagricoltura, Cia, Coldiretti, Ance, Ania, Fiaip) si sono già costituite in Coordinamento interassociativo intorno alla Confedilizia.
FONTE: Confedilizia
AUTORE: Corrado Sforza Fogliani