L’unione fa la forza. Per un territorio agricolo frammentato come le Langhe, dove le fattorie invecchiano senza trovare ricambio, l’unione significa coalizzare le varie realtà locali per invertire la tendenza. E’ quello che si sta cercando di fare con Terre Originali, un progetto supportato dall’associazione Contadini delle Langhe, dalla cantina di Clavesana, dall’Università di Scienze Gastronomiche di Slow Food e dal Comizio Agrario di Mondovì, che insieme all’incubatore milanese Make a Cube hanno lanciato un bando per raccogliere idee imprenditoriali legate alla rivitalizzazione dell’agricoltura locale: fra i dieci finalisti ne verrà scelto uno a cui sarà concesso un terreno senza canone per tre anni, oltre a un’assistenza a 360° per realizzare la sua idea.
Il bando per il ritorno alla terra scade il 15 febbraio. “Al vincitore forniremo non solo assistenza pratica, per la costruzione di un business plan realistico, ma anche assistenza relazionale, che gli darà accesso a una serie di contatti essenziali per la riuscita di un’impresa agricola nuova in un territorio complesso come questo”, spiega Fabio Palladino, uno degli animatori del progetto e lui stesso agricoltore. “In fondo – commenta Palladino – coltivare la terra assomiglia più a un’avventura che a un’impresa e si sa che nelle avventure gli aspetti relazionali hanno un grandissimo valore”.
Ma il punto di partenza di Terre Originali non ha niente di romantico. Il progetto deriva da un problema sempre più impellente da queste parti: la rapida spopolazione del territorio. Negli ultimi dieci anni le Langhe, come altre regioni agricole italiane, hanno perso il 30% delle imprese locali. E la situazione attuale, con il 40% degli imprenditori locali ultra-sessantacinquenni, non fa ben sperare per il futuro. “Le giovani generazioni non seguono le orme dei vecchi e abbiamo calcolato che nel giro di 15 anni qui chiuderanno tre imprese su quattro”, avverte Palladino. Per di più, in agricoltura l’esperienza degli anziani è importante, ma è importante anche la spinta ad innovare, sia nei prodotti che nei processi. E questa, che nell’agricoltura italiana manca completamente, viene più spesso dai giovani. Ci vuole un’ondata nuova d’interesse per la terra, che s’impegni a trovare idee originali e sistemi di gestione più avanzati di quelli attuali. “Vorremmo far capire al Paese che perdere aziende agricole significa perdere un bene comune, perché senza agricoltori i terreni vengono abbandonati a se stessi e oltre a perdere produzione si perde anche la gestione del territorio”, fa notare Palladino. Ma anche che si può fare agricoltura moderna senza abbandonare i sapori antichi.
Negli ultimi anni, in realtà, le Langhe non hanno perduto terreni all’agricoltura. La moria di aziende ha portato semplicemente le altre a ingrandirsi. Ma oltre un certo limite questo meccanismo relativamente indolore s’inceppa. In collina è naturale avere un panorama parcellizzato, dove le aziende più di successo sono piccole e agili. I viticoltori più rinomati, ad esempio, sono spesso piccole realtà, eppure vendono all’estero e attraggono sul territorio un flusso di turismo gastronomico importante. “Ma qui non c’è solo il vino, esistono anche altre colture ad alto valore aggiunto da sviluppare, dalle nocciole ai formaggi”, precisa Palladino. E’ proprio in questi ambiti nuovi che la comunità locale vorrebbe coinvolgere giovani di belle speranze. Quest’anno solo uno, ma nei prossimi anni si spera tre o quattro, coinvolgendo anche un paio di istituti di credito per fornire prestiti garantiti da tutta la comunità. Uno sforzo di fantasia per mantenere viva la terra.
FONTE: Associazione dei Comuni Virtuosi