Il decreto legislativo n. 141 del 13 agosto 2010 introduceva per la prima volta in Italia ufficialmente il termine “microcredito”. Quattro anni dopo, sul numero 279 della Gazzetta Ufficiale, è stato pubblicato il tanto sospirato regolamento.

E dopo quattro lunghi anni il microcredito tricolore ce l’ha fatta. Al termine di un lungo travaglio sono stati emanati (era l’ora) i regolamenti attuativi del decreto legislativo n. 141 del 13 agosto 2010, che, per la prima volta in Italia, introduceva “ufficialmente” il termine microcredito.

Così Babbo Natale, passato con qualche settimana in anticipo, ha depositato sotto l’albero la Gazzetta Ufficiale n. 279, del primo dicembre, contenente il decreto 17 ottobre 2014, n. 176, a firma del Ministro dell’economia e delle finanze Padoan, con il quale si disciplina il microcredito.

In attesa del tanto sospirato regolamento, il microcredito italiano non ha mai cessato di svolgere la propria funzione, anzi è andato crescendo. Secondo i dati di Ritmi e della Fondazione Giordamo Dell’Amore, infatti, il volume dei prestiti riconducibili al microcredito tra il 2012 e il 2013 è passato da 25 a 65 milioni di euro e per il futuro, grazie al completamento dell’impianto normativo, potrebbe esserci (ce lo auguriamo) un vero e proprio boom del settore.

Con il regolamento sono disciplinate le modalità con le quali il microcredito potrà supportare l’avvio o lo sviluppo di iniziative imprenditoriali e l’inserimento nel mercato del lavoro (Titolo I). I destinatari di tali finanziamenti saranno le attività di lavoro autonomo o di microimpresa, organizzate in varie forme, da quella individuale a quella di società cooperativa. L’importante è che non siano in possesso della partita IVA da più di cinque anni, che non abbiano un numero di dipendenti superiore alle cinque unità nel caso di imprese e superiore a dieci nel caso di società. L’ammontare massimo dei prestito contemplati nella fattispecie è fissato in 25 mila euro e tale importo, in certi casi, può essere aumentato di 10 mila euro, mentre la durata massima è stabilità in 7 o 10 anni a seconda della loro finalità.

Oltre all’imprenditoria, il regolamento disciplina i finanziamenti destinati a promuovere progetti di inclusione sociale e finanziaria (Titolo II) in favore di persone fisiche che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità economica e sociale. Il limite d’importo di questi finanziamenti è fissato a 10 mila euro e la durata non può oltrepassare i cinque anni.

Gli enti erogatori dei finanziamenti sono quei soggetti iscritti nell’apposito elenco contemplato nell’articolo 111 del Testo Unico Bancario e dovranno erogare anche i servizi accessori e strumentali, come l’assistenza ed il monitoraggio dei soggetti finanziati.

Riguardo al tasso applicato, il regolamento indica che il tasso effettivo globale applicato ai finanziamenti, comprensivo di interessi, spese e commissioni, deve essere “non remunerativo e adeguato a consentire il mero recupero delle spese sostenute”.

Insomma, c’è voluto qualche anno, ma adesso il microcredito italiano è davvero sulla rampa di lancio.

 

 

 

FONTE: VITA (www.vita.it)

AUTORE: Marco Marcocci

 

 

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