Grazie al Piano strategico banda ultra larga entro il 2015, in aggiunta alle 160 città italiane coperte dagli operatori vi saranno ulteriori 657 città, soprattutto del Sud Italia, in cui tutti i cittadini potranno viaggiare ad almeno 30 mbps e tutti gli uffici pubblici. Comprese tutte le scuole e tutti i plessi sanitari. Nel 2016 saranno 1132 le città.
La situazione migliora rispetto al 2013, quando l’Italia si è meritata l’ultimo posto della classifica europea sulla next generation access broadband coverage di Screen Digest and Point Topic. Un ultimo posto da cui difficilmente ci saremmo riscattati, poiché nei piani degli operatori privati dichiarati a Infratel Italia nei primi mesi del 2013 – per conto del Ministero dello sviluppo economico vi erano solo 160 città italiane da raggiungere in tre anni (2013, 2014, 2015) con i 30 mbps.
Cosa è cambiato nel 2014? Che grazie al Piano strategico banda ultralarga entro il 2015, in aggiunta alle 160 città italiane vi saranno ulteriori 657 città, soprattutto del Sud Italia, in cui tutti i cittadini potranno viaggiare ad almeno 30 mbps e tutti gli uffici pubblici, comprese tutte le scuole e tutti i plessi sanitari nonché le sedi periferiche del Ministero della Difesa, saranno collegate ad oltre 100 Mbps. Anche i piani autonomi degli operatori privati sono ripartiti nel 2014 e da 160 siamo passati a 482 città raggiunte autonomamente dagli operatori privati, entro il 2016, con la banda ultralarga a 30 mbps, purtroppo quasi nulla a 100 mbps. I privati, da soli, prediligono gli investimenti al centro nord – coprendo per esempio 116 città della Lombardia, 48 del Piemonte, 61 del Veneto, 50 dell’Emilia Romagna – tuttavia, permangono vaste aree in divario digitale anche in queste regioni.
Unendo gli sforzi, dunque, pubblici e privati al 2016 avremo 1132 città coperte dal servizio (657 raggiunte dal Piano Strategico Banda Ultralarga e 482 dai piani autonomi degli operatori privati). Sarebbe un buon risultato oggi, abbastanza in linea con la media europea registrata nel 2013 che conta il 64% delle linee ultrabroadband, ma sarà un risultato inadeguato nel 2016. Quindi, senza ulteriori investimenti pubblici saremmo condannati a perpetrare il nostro ritardo, di circa tre anni, con il resto d’Europa.
È per questo che la Strategia nazionale per la banda ultralarga ha pianificato sino a 6 miliardi di euro pubblici- da mettere in campo dal 2015 al 2020 per colmare il gap italiano in tema di infrastrutture a banda ultralarga. Una strategia che punta dritto ai 100 Mbps, gli unici che l’Agenda Digitale Europea definisce ultra fast broadband: una frontiera che in Italia è praticamente inesplorata.
Da questa settimana sono in corso bilaterali con i principali operatori di telecomunicazione che dovranno esprimere pareri e impegni circa il nuovo, ambizioso, piano Governativo. Il 20 dicembre si chiuderà la fase di consultazione che modificherà il testo già inviato i primi di novembre alla Commissione europea arricchendolo di un piano di intervento e di un cronoprogramma dettagliato.
I sei miliardi di euro pubblici sono sul piatto e ora la riuscita del piano dipende da due variabili fondamentali: l’apporto dei privati e il coordinamento dell’Amministrazione centrale, delle Regioni e dei Comuni.
FONTE: Agenda Digitale (www.agendadigitale.eu)
AUTORE: Rossella Lehnus