Anticipo TFR in busta paga al lavoratore in via sperimentale fino al 2018: beneficiari, procedura, tassazione, pro e contro della nuova misura nella Legge di Stabilità 2015.
Il lavoratore potrà richiedere l’anticipo del TFR maturato (opzione che sarà attivata verso metà anno con retroattività per il 2015). Il governo è riuscito a trovare posto alla misura nella nuova Legge di Stabilità, previo accordo con le banche (ABI) che, contrariamente alle prime ipotesi, copriranno anche l’intera liquidazione (e non solo il 50%). Ma c’è un’amara sorpresa come contropartita: la tassazione ordinaria. Chi chiede l’anticipo non potrà più applicare sul TFR la tassazione separata. Vediamo come si configura la misura, sottolineando che rispetto alla bozza della Legge ci sono ancora margini di chiarimento.
Il meccanismo
La scelta di farsi o meno anticipare la liquidazione spetta al lavoratore (con opzione triennale), che per averne diritto deve essere assunto da almeno sei mesi. Restano esclusi i dipendenti del settore pubblico, agricolo e domestico. Perché il provvedimento diventi operativo, bisognerà comunque attendere un decreto attuativoe l’accordo con l’ABI (per finanziare le imprese che devono sostenere la spesa) in corso d’anno, quindi non è chiaro da quando partirà l’anticipo in busta paga (forse da marzo):
“Le modalità di attuazione delle disposizioni nonché i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento del Fondo di garanzia e della garanzia dello Stato sono disciplinati con DPCM, da emanare entro il 31/1/2015″.
Il provvedimento attuativo dovrebbe essere retroattivo con effetto da inizio 2015. La misura sperimentale è attivata fino a giugno 2018. Approssimativamente, su uno stipendio di 1.400 euro netti al mese si calcola che l’anticipo del TFR possa valere circa un aumento di 100 euro al mese, ma i calcoli vanno fatti singolarmente perchè dipendono dall’anzianità di servizio e quindi dall’entità del TFR maturato
Procedura
L’impresa può chiedere alla banca (che aderirà alla convenzione ABI su base volontaria) di anticipare la somma da versare al lavoratore, che verrà rimborsata a fine rapporto di lavoro con la stessa remunerazione garantita al TFR in azienda (1,5% + 0,75% del tasso di inflazione). In questo modo le imprese non dovranno sopportare costi aggiuntivi. Nel caso in cui l’impresa non pagasse, la banca è garantita da un apposito fondo INPS (con contro-garanzia dello Stato). Per ottenere il finanziamento, l’azienda dovrà farsi rilasciare certificazione INPS del diritto alla prestazione.
Considerazioni generali
Il meccanismo penalizza i redditi più alti, perché applicando la tassazione ordinaria le tasse salgono maggiormente con l’aumentare del reddito. Il lavoratore ha il vantaggio di incassare subito una somma che ora accantona, ma alla fine prende meno soldi perché paga più tasse e rinuncia a una delle poche forme di accantonamento che garantiscono interessi certi e rischi zero. Le imprese non sopportano costi aggiuntivi ma par di capire che l’accordo non sia destinato a tutte le aziende: si tutelano sicuramente le PMI (bisogna vedere quale sarà la soglia), mentre le grandi aziende dovranno fare da sole. Infine, la misura ha un effetto negativo sulla previdenza integrativa perché aumentano le tasse sui fondi pensione (dal 12,5 al 20%), uno uno strumento su cui l’Italia registra già un forte ritardo rispetto alla media europea e internazionale.
FONTE: PMI (www.pmi.it)
AUTORE: Barbara Weisz