L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 87/E del 14 ottobre, ha fornito chiarimenti in merito al requisito “alternativo” previsto, ai fini della qualifica di start-up innovativa, dall’articolo 25, comma 2, lettera h), n. 2), del Dl 179/2012 (decreto crescita-bis).
In via preliminare, si ricorda che un’impresa, per poter essere definita start-up innovativa, deve soddisfare precisi requisiti, stabiliti dall’articolo 25, comma 2, del citato decreto legge, e provvedere agli adempimenti previsti dai successivi commi dello stesso articolo 25.
In particolare, la start-up innovativa deve essere costituita sotto forma di società di capitali, anche cooperativa, ovvero come “societas europaea” residente fiscalmente in Italia, e le azioni o quote rappresentative del capitale sociale non devono essere quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione.
Inoltre, la società, per potersi qualificare start-up innovativa e accedere alla disciplina di favore prevista dalla sezione IX del decreto crescita-bis, deve possedere tutti i requisiti “obbligatori” previsti dalle lettere da b) a g) del comma 2 del citato articolo 25, nonché almeno uno dei requisiti “alternativi” previsti dalla successiva lettera h).
Nello specifico, la start-up innovativa deve obbligatoriamente:
- essere costituita ed esercitare un’attività d’impresa da non più di 48 mesi
- avere la sede principale dei propri affari e interessi in Italia
- avere, a partire dal secondo anno di attività, un valore della produzione annua non superiore a 5 milioni di euro
- non distribuire, né aver distribuito, utili
- avere come oggetto sociale esclusivamente o prevalentemente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico (la decisione di autorizzazione della Commissione europea C(2013) 8827 final del 5 dicembre 2013, precisa che la start-up innovativa deve svolgere attività necessarie per sviluppare e introdurre prodotti, servizi o processi produttivi innovativi ad alto valore tecnologico)
- non essere stata costituita per effetto di una operazione straordinaria (cfr circolare n. 16/2014).
Inoltre, la start-up innovativa deve alternativamente (è sufficiente il possesso di almeno uno):
- sostenere spese in ricerca e sviluppo per un ammontare almeno pari al 15% del maggior valore fra costo e valore totale della produzione
- impiegare dipendenti, o collaboratori a qualsiasi titolo, “altamente qualificati”
- essere proprietaria, o comunque utilizzatrice, di almeno una privativa industriale relativa a un’invenzione direttamente afferente all’oggetto sociale o all’attività d’impresa.
La risoluzione in esame nasce proprio da una richiesta d’aiuto formulata da una società in merito alla corretta interpretazione del secondo requisito “alternativo”, quello relativo all’impiego di personale altamente qualificato.
In particolare, l’istante ha chiesto di sapere se gli amministratori-soci, anche non retribuiti, possano considerarsi come forza lavoro; se tra i “collaboratori” possono essere annoverati anche i consulenti esterni titolari di partita Iva, gli stagisti e ogni categoria percipiente un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente; e se ai fini della verifica della percentuale di un terzo o di due terzi della forza lavoro, si debba effettuare un calcolo “per teste” o in base alla remunerazione.
Il requisito “alternativo” in questione richiede che l’impresa impieghi, in percentuale almeno pari a un terzo della forza lavoro complessiva, personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all’estero.
Tale requisito, inoltre, si considera soddisfatto se l’impresa impiega personale in possesso di laurea magistrale (articolo 3 del regolamento di cui al decreto 270/2004 del Miur) in percentuale uguale o superiore ai due terzi della forza lavoro complessiva.
Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate, dopo avere acquisito il parere del ministero dello Sviluppo Economico al fine di condividere la soluzione al quesito, ha chiarito che, in linea generale, qualsiasi lavoratore percipiente un reddito di lavoro dipendente, ovvero a questo assimilato, può essere ricompreso tra la forza lavoro rilevante per la verifica della sussistenza del requisito “alternativo” in esame. Tale principio di carattere generale deriva, infatti, dall’intenzione originaria del legislatore.
Con particolare riferimento, poi, alla figura degli amministratori-soci, la risoluzione, richiamando un precedete parere fornito dal Mise in risposta a uno specifico quesito posto da una Camera di commercio, fa presente che la norma consente, in armonia con l’attuale disciplina giuslavoristica, l’impiego di personale qualificato sia in forma di lavoro dipendente sia a titolo di parasubordinazione o, comunque, “a qualunque titolo” e, sicuramente, rientra nel novero anche la figura del socio amministratore.
Tuttavia, la risoluzione precisa che la locuzione “collaboratore a qualsiasi titolo” non può scindersi dall’altra “impiego” (presso la start-up innovativa).
Pertanto, gli amministratori-soci possono essere considerati forza lavoro, soltanto se anche soci-lavoratori o comunque aventi un impiego retribuito nella società “a qualunque titolo”, diverso comunque da quello organico.
Diversamente, qualora i soci avessero l’amministrazione della società, ma non fossero in essa impiegati, gli stessi non potrebbero essere “contati”, atteso che la condizione relativa “all’impiego” nella società non risulterebbe verificata.
Inoltre, con particolare riferimento alla figura degli stagisti, il documento di prassi chiarisce che gli stessi possono essere considerati forza lavoro solo se retribuiti, mentre esclude – sempre e in ogni caso – i consulenti esterni titolari di partita Iva, poiché gli stessi non possono essere annoverati tra i dipendenti né possono considerarsi collaboratori “impiegati” nella società.
Infine, per quanto riguarda la verifica della percentuale di un terzo o due terzi della forza lavoro, il calcolo deve essere eseguito “per teste”.
FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate
AUTORI: Caterina Maria Gaeta e Andrea Giannone