Il Comune di Torino aveva chiesto un parere sulla trasformazione in azienda speciale della spa che gestisce l’acquedotto, e la risposta che arriva da Roma è lapidaria: “È venuto meno ogni divieto assoluto alla gestione diretta, o mediante azienda speciale, dei servizi pubblici locali”. Premiata l’azione del Comitato acqua pubblica, che sul tema ha promosso in consiglio comunale anche una delibera d’iniziativa popolare.

Smat -la società in house che gestisce il servizio idrico integrato a Torino e in altri 300 Comuni del Piemonte- può diventare un’azienda speciale, come chiede da tempo il Comitato acqua pubblica di Torino. Lo scrive la Corte dei Conti, nel rispondere a una richiesta di parere avanzata dal Comune di Torino in data 21 giugno 2013, e “concernente la realizzabilità, in mancanza di apposita normativa, della trasformazione eterogenea di una società di capitali, che gestisce un servizio pubblico di rilevanza economica, in azienda speciale consortile”.

Il Comune di Torino, incalzato dal Forum italiano dei movimenti dell’acqua e da migliaia di firme a sostegno di una delibra d’iniziativa popolare volta alla ripubblicizzazione di Smat, aveva infatti avanzato la richiesta di parere alla Sezione regionale della Corte, che però aveva preferito che a “giudicare” la materia fosse la Sezione delle autonomie. Che -dimostrando la capacità di applicare e leggere il quadro legislativo alla luce del risultato dei quesiti referendari- scrive, in un documento di 17 pagine pubblicato il 30 gennaio 2014:
“L’operazione di trasformazione eterogenea di una società di capitali che gestisce un servizio pubblico a rilevanza economica (nella specie, il servizio idrico) in azienda speciale consortile, è compatibile sia con le norme civilistiche, trattandosi di organismi entrambi dotati di patrimonio separato, a garanzia dei terzi e dei creditori, e sia con le disposizioni pubblicistiche, intese a ricondurre tali organismi ad un regime uniforme quanto al rispetto dei vincoli di finanza pubblica”.

Il parere va anche oltre, costituendo, di fatto, un documento significativo che potrà essere utilizzato in tutta Italia, nei dibattiti in corso circa l’applicazione del primo quesito referendario, quello relativo alla proprietà e alla forma societaria dei soggetti gestori del servizio idrico integrato.
Parlando delle norme dei primi anni Duemila che avrebbero obbligato gli enti locali a privatizzare ogni società controllata, la Corte dei Conti scrive infatti “che la disposizione in esame faccia parte di un contesto politico-economico [superato], caratterizzato dal convincimento allora diffuso della migliore realizzazione dell’interesse pubblico mediante il ricorso agli istituti di diritto comune e dalla fiducia nelle capacità del ‘mercato’ di regolare al meglio anche attività tipicamente riservate alla pubblica amministrazione”

Più avanti chiarisce che “è venuto meno ogni divieto assoluto alla gestione diretta, o mediante azienda speciale, dei servizi pubblici locali”, e che “le aziende speciali e le istituzioni, sin dalla originaria disciplina, sono soggette al principio di pareggio di bilancio (art. 114, co. 4, d.lgs. n. 267/2000) e qui si apprezza una prima differenza con le società di capitali che, per loro natura, possono accumulare perdite e rispondere dei debiti nei limiti del patrimonio conferito”.

Infine, aggiunge, “non ha ragione di esistere la preoccupazione del possibile impiego dell’istituto dell’azienda speciale a scopi elusivi dei vincoli di finanza pubblica poiché, si ripete, la relativa normativa prevede misure più severe di quelle riferite alle società di capitali che gestiscono servizi pubblici locali”.

La scelta, quindi, è tutta politica, e passa per Palazzo di Città, sede del Comune di Torino, primo azionista di Smat.

FONTE: Altreconomia (www.altreconomia.it)

AUTORE: Luca Martinelli