Riscoprire il piacere di viaggiare, spostarsi da una zona all’altra della città godendosi gli spazi urbani oppure contribuire al monitoraggio della qualità dell’aria installando dei sensori sulla propria bicicletta. Anche questa è una mobilità sostenibile, anche questa è una smart city; non semplicemente l’andare in bicicletta o utilizzare un’auto elettrica, ma dotare la mobilità di senso civico, redendo utile il nostro “girovagare” al di là che piacere che ne possiamo provare. A #sce2014 si segna un cambio di paradigma con una mobilità condivisa.

L’efficienza dei sistemi di trasporto è certamente uno dei temi principali di qualsiasi Smart City, poche infatti le città europee che non sono completamente succubi del traffico, ma l’urgenza del problema ci distrae da una riflessione più ampia sulla mobilità stessa e il suo rapporto con gli spazi urbani. Il trasporto è in essenza anti-città: si occupa di portarci “da un punto all’altro”, senza preoccuparsi di come ciò avvenga (se non in termini di tempi e costi). L’esempio migliore è la metropolitana che ci sottrae dall’esperienza del vivere gli spazi cittadini.

Certo, a partire dal movimento Car Free Cities nel progetto Zeus di vent’anni fa si è posta enfasi sull’andare a piedi e in bici ancor prima dell’essere smart: il promotore del movimento, Michael Glotz-Richter, è stato uno dei primi a considerare, nei piani per la sua città di Brema, il camminare e la bicicletta alla come sistemi di trasporto, alla stregua dell’automobile e dei mezzi pubblici. Tuttavia a leggere bene, andare a piedi e pedalare sono sempre visti in una logica efficientista, alternativi ad altri mezzi di trasporto, sempre con l’unico scopo di andare “da un punto all’altro”.

E per quanto riguarda l’auto elettrica? Altro simbolo dell’essere smart? Non puzza e non fa rumore, ma è pur sempre un’automobile; la verità è che serve soprattutto come sistema diffuso per l’immagazzinamento dell’energia da fonti rinnovabili. A Vorarlberg, in Austria, le e-car fanno infatti parte di un ambizioso progetto di totale autonomia energetica entro il 2050.

Sarà vero che queste iniziative costituiscono l’occasione per finalmente restituire le strade e le piazze alla città e ben vengano, quindi, le piste ciclabili in ogni caso, ma sarebbe bello però pensare alla qualità del muoversi della Smart Mobility quanto all’efficienza, cogliendo ispirazione da fonti come L’arte di viaggiare del filosofo francese Alain de Botton. App come Foursquare celebrano i luoghi, i punti d’arrivo, ma non i dintorni o il come ci si è arrivati, mentre il controverso SketchFactor ci dà i motivi per avere paura in un luogo urbano, ma non per volerci stare. Possiamo pensare alla “passeggiata smart” o comunque alla piacevolezza del curiosare, esplorare, farci sorprendere?

Forse qualcosa comincia a cambiare con, il cosiddetto, citizen sensing che essenzialmente raccoglie dati da cittadini in movimento. Per i Green Services del progetto ELLIOT a Nizza, lo ICT Usage Lab ha distribuito a cittadini ciclisti dei sensori specifici per la qualità dell’aria; il monitoraggio rilevato dal movimento casuale in tutto il territorio risulta più efficace di quello da postazioni fisse, per non parlare dell’impatto di sensibilizzazione diffusa sui cittadini e le loro famiglie. Il progetto Malaga CitySense è potenzialmente ancora più capillare: il video del dimostratore mostra, in sovrapposizione ai punti di interesse turistici della città, il posizionamento di tutti i telefoni registrati all’esperimento con la lettura di tutti i dati che sono in grado di catturare dai sensori di cui sono normalmente dotati: umidità, temperatura, rumore, vibrazione, livello di luce, persino la carica della batteria.

Quello che questi esempi mostrano è che l’essere smart significa rendere utile il semplice fatto di muoversi in città, restituendo dignità al concetto di mobilità. Non ci chiedono cosa stiamo facendo e dove dobbiamo andare, non partono dal presupposto che abbiamo fretta o che non vogliamo perdere tempo, anzi, più camminiamo e più girovagante è il nostro percorso, meglio è. Bella questa dimensione dello Smart City, che ogni tanto ci sottrae dai nostri obblighi nella città-come-macchina e ci dà un senso di cittadinanza soltanto perché siamo là a fare quel che ci pare.

 

 

FONTE: Forum PA

AUTORE: Jesse Marsh

 

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