La pronuncia pregiudiziale è stata resa nell’ambito di una controversia che ha visto protagonisti un importatore di nitrato di ammonio originario della Russia e l’Amministrazione doganale del suo Stato membro di stabilimento, relativamente ai dazi antidumping e all’Iva sulle importazioni di nitrato di ammonio proveniente dalla Russia, che sono stati chiesti a detta società in esito a un controllo a posteriori.
Nella fattispecie in esame, tra l’ottobre 2009 e il gennaio 2010, una società stabilita in Estonia, avvalendosi di una società estone intermediaria, acquistava alcune tonnellate di concime a base di nitrato di ammonio da un’altra società, avente sede in Russia. Venivano stipulati diversi contratti di compravendita tra i tre soggetti, in base ai quali l’acquirente estone si impegnava a completare le formalità doganali relative alle merci e a versare l’Iva. Nei mesi di gennaio e febbraio 2010, in merito a tali importazioni, due agenzie doganali presentavano cinque dichiarazioni e indicavano la società importatrice/acquirente come destinatario delle merci importate.
La posizione delle autorità doganali
Nel mese di aprile 2010, dette agenzie doganali presentavano presso l’autorità tributaria e doganale dell’Est istanza di annullamento delle suddette dichiarazioni, sulla base del rilievo che esse indicavano la società acquirente estone come destinatario delle merci invece della società intermediaria. In seguito a tale istanza, l’autorità tributaria effettuava un controllo a posteriori sulle cinque dichiarazioni doganali, al fine di determinare se il valore doganale delle merci importate, il calcolo e il pagamento dei dazi all’importazione fossero esatti.
Sulla base dei controlli effettuati, venivano emessi due avvisi di accertamento che imponevano alla società estone acquirente il versamento dei dazi doganali e dell’Iva sulle merci importate, in quanto le condizioni dell’esenzione dei dazi antidumping previste dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 661/2008, non erano state rispettate. (l’acquirente non era il primo cliente indipendente nell’Unione europea).
Il ricorso della società
La società proponeva ricorso di annullamento avverso tali avvisi di accertamento dinanzi al Tribunale amministrativo, deducendo che il fatto di essersi avvalsa dell’intermediazione di una società per le importazioni in oggetto, non aveva alcuna rilevanza dal punto di vista fiscale. Il ricorso veniva respinto dal Tribunale amministrativo, che a supporto del diniego, affermava che la società debitrice non poteva beneficiare dell’esenzione poiché non aveva acquistato la merce importata direttamente dal produttore. Contro tale decisione, nel maggio 2011, veniva proposto appello dinanzi alla Corte d’appello, con la richiesta di accoglimento del ricorso e di domanda alla Corte di pronuncia in via pregiudiziale sull’interpretazione dell’art.3, paragrafo 1, del regolamento n. 661/2008.
Il contesto normativo
Il diritto dell’Unione ai fini della risoluzione della controversia oggetto del procedimento principale rileva il regolamento CE n. 661/2008 che impone dazi antidumping definitivi, di diverso importo, sul nitrato di ammonio e su altri prodotti contenenti nitrato di ammonio provenienti dalla Russia. In particolare l’articolo 3, di detto regolamento, prevede l’esenzione dai dazi antidumping subordinandola però alla sussistenza di determinate condizioni elencate ai paragrafi 1 e 2.
La controversia principale solleva questioni concernenti l’interpretazione e la validità delle disposizioni del regolamento CEE n. 2913/92 del Consiglio, con il quale è stato istituito un codice doganale comunitario, in particolare dell’art. 66, che disciplina le condizioni per invalidare una dichiarazione in dogana su richiesta di un dichiarante e dell’art. 220, paragrafo 2, che definisce le condizioni dell’esenzione dalla contabilizzazione a posteriore dei dazi all’importazione in caso di errore dell’autorità doganale.
Rilevanza assume anche l’art. 251 del regolamento CEE n.2454/93 della Commissione che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento CE n.312/2009 della Commissione, che definisce, in deroga all’art. 66, paragrafo 2, del codice doganale, le condizioni per invalidare una dichiarazione in dogana dopo che sia stato concesso lo svincolo delle merci.
Le tre questioni pregiudiziali
Il giudice del rinvio, alla luce di quanto sopra, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte diverse questioni pregiudiziali.
In primis, viene chiesto alla Corte se l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 661/2008 debba essere interpretato nel senso che l’importatore ed il primo cliente indipendente nell’Unione devono essere sempre la stessa persona.
La seconda questione viene sollevata in merito all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 661/2008, in combinato disposto con la decisione 2008/577. Precisamente, il giudice si chiede se lo stesso debba essere interpretato nel senso che l’esenzione dal dazio antidumping vale solo per il primo cliente indipendente nell’Unione che non abbia ancora rivenduto la merce prima di averla dichiarata.
Con la terza questione, il giudice del rinvio si chiede, innanzitutto, a norma dell’articolo 66 del codice doganale e dell’articolo 251 del regolamento di attuazione, se le autorità doganali nazionali possano invalidare, su richiesta, una dichiarazione in dogana, dopo che sia stato concesso lo svincolo delle merci, se tale domanda si fondi su un errore sull’indicazione del destinatario delle merci, ovvero se in assenza di tale errore, si sarebbe dovuta applicare l’esenzione doganale prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 661/2008. Inoltre, si chiede se l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b) del codice doganale, in circostanze simili a quelle oggetto del procedimento principale, vada interpretato nel senso che osti a che dette autorità procedano alla contabilizzazione a posteriori di tale dazio.
Infine, con la quarta questione, subordinata alla risposta fornita alla terza, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 66 del codice doganale in combinato disposto con l’articolo 251 del regolamento di attuazione sia conforme all’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione e agli articoli 28, paragrafo 1 e 31 TFUE. In particolare, si chiede se sia conforme al principio di uguaglianza, sancito dall’art. 20 della Carta, l’impossibilità di invalidare, su richiesta, una dichiarazione in dogana errata e la conseguente impossibilità di beneficiare dell’esenzione del dazio antidumping prevista dall’articolo 3 del regolamento n.661/2008.
La decisione sulle prime due questioni pregiudiziali
Per quanto riguarda la prima e la seconda questione pregiudiziale sottoposte alla Corte, la stessa nella sua decisione ha affermato che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 661/2008, deve essere interpretato nel senso che una società stabilita in uno Stato membro non può essere considerata come il primo cliente indipendente nell’Unione europea, e non può beneficiare dell’esenzione dal dazio antidumping, qualora acquisti la merce di origine russa sottoposta a dazio con l’intermediazione di un’altra società parimenti stabilita in uno Stato membro.
Nello specifico la Corte chiarisce che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 661/2008, le importazioni accettate dalla Commissione possono essere esonerate dal dazio antidumping quando sono rispettate tre condizioni cumulative previste dallo stesso articolo 3. In primo luogo, le merci importate devono essere prodotte, spedite e fatturate direttamente dalle società esportatrici al primo acquirente indipendente nell’Unione. In secondo luogo, le importazioni che possono godere del beneficio di tale esenzione devono essere corredate di una fattura conforme, vale a dire una fattura commerciale contenente almeno le informazioni e la dichiarazione di cui all’allegato del regolamento n. 661/2008. In terzo luogo, le merci dichiarate e presentate alle autorità doganali devono corrispondere esattamente alla descrizione riportata nella fattura conforme e in tal modo soddisfare i requisiti di cui al punto precedente. Dunque è palese che, nella fattispecie oggetto del procedimento principale, la società acquirente ha importato le merci avvalendosi dell’intermediazione della società estone, che le fatture siano state emesse a nome di quest’ultima, anche se la prima era ricompresa nelle dichiarazioni doganali quale destinatario di tutte le merci vendute. In tale contesto, non può ritenersi che il primo requisito previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 661/2008 sia soddisfatto, sicché l’esenzione dal dazio antidumping istituita da tale regolamento non trova applicazione.
La terza questione pregiudiziale
Con riferimento alla terza questione sollevata dal giudice del rinvio, la Corte ha stabilito che gli articoli 66 e 220, paragrafo 2, lettera b, del codice doganale devono essere interpretati nel senso che non ostano a che un’autorità doganale proceda a contabilizzare a posteriori un dazio antidumping quando, come nella fattispecie di cui al procedimento principale, siano state presentate domande di invalidazione delle dichiarazioni doganali in base al rilievo che l’indicazione del destinatario ivi indicato è erroneo e detta autorità abbia accettato tali dichiarazioni o abbia svolto un controllo successivamente alla ricezione di dette domande. La Corte, rileva che l’articolo 66 del codice doganale prevede che il dichiarante in dogana possa ottenere, da parte delle autorità doganali competenti, l’annullamento della dichiarazione in dogana predisposta dal medesimo ed accettata da dette autorità, a condizione che egli fornisca la prova che la merce sia stata dichiarata erroneamente per il regime doganale indicato in tale dichiarazione. Tuttavia lo stesso articolo prevede che la dichiarazione, a svincolo delle merci ottenuto, possa essere invalidata solo nei casi limitati ed elencati dall’art. 251 del regolamento n. 2454/93. L’articolo 220, paragrafo 2, lettera b, di detto codice, precisa che non si procede alla contabilizzazione a posteriori dei dazi risultanti da un’obbligazione doganale quando l’importo dei dazi legalmente dovuto non è stato contabilizzato per un errore dell’autorità doganale stessa, che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore che, da parte sua, ha agito in buona fede. Nel caso in esame, la società acquirente non ha sostenuto, né fatto valere che la merce sia stata erroneamente dichiarata per il corrispondente regime doganale. Inoltre, nessun elemento degli atti di causa sottoposti alla Corte consente di concludere che l’indicazione, da parte delle agenzie doganali, della società acquirente quale destinataria nelle loro dichiarazioni doganali o l’accettazione o l’attuazione di un controllo di tali dichiarazioni successivamente alla presentazione di una domanda di invalidazione di queste ultime costituisca un errore da parte dell’autorità doganale.
Infine, per quanto riguarda la quarta questione, subordinata alla terza, la Corte ha chiarito che le disposizioni del codice doganale e del regolamento non consentono di invalidare, su domanda, una dichiarazione doganale erronea concedendo in tal modo il beneficio dell’esenzione dal dazio antidumping al destinatario, che invece avrebbe potuto avvalersene se tale errore non si fosse verificato. Tanto premesso, la Corte ha concluso che l’articolo 66 del codice doganale e l’articolo 251 del regolamento n. 2454/93 sono conformi al diritto fondamentale dell’uguaglianza di fronte alla legge sancito dall’articolo 20 della Carta.
FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate
AUTORE: Massimo Foniciello