In un Paese in perenne emergenza, le speranze di cambiamento rimangono ancora troppo spesso legate a decreti omnibus che si scontrano con inevitabili semplificazioni, e quindi ambiguità, che rimandano a successivi interventi attuativi, altrettanto spesso disattesi o inefficaci, stritolati nei processi amministrativi. Non fa certo eccezione il recente “Sblocca Italia”, che cerca di innescare alcuni meccanismi virtuosi, ma non sempre con la sufficiente incisività. Nel frattempo, al dibattito partecipano attori sempre più numerosi e eterogenei.

Identità per banda larga italiana cercasi

Malcostume. La discesa in campo dell’autorevole Gian Antonio Stella, censore del malcostume nazionale, apre una nuova fase del dibattito attorno alle infrastrutture strategiche e al ruolo di quelle immateriali. Dalla lettura di alcune delle più recenti classifiche internazionali in materia di infrastrutture a banda larga, il giornalista rielabora un’affermazione evocativa notando come anche la Grecia possa “spezzare le reni” ad un Paese come l’Italia. Ritardo infrastrutturale che si specchia nel ritardo nell’utilizzo dei servizi in rete.  #inboccaallupo conclude Stella.

Il sale dell’innovazione.  Anche all’interno dei due importanti cantieri di riforma all’ordine del giorno, scuola e giustizia, il digitale è chiamato a dare un contributo rilevante, grazie alla sua intrinseca natura di innovazione sia di processo che di prodotto. Per il vero, prevale tuttora la prima componente, che nel caso della Giustizia rischia di diventare la pietra filosofale. All’interno del programma “La Buona Scuola. Facciamo crescere il Paese”, attraverso un’infografica accattivante vengono descritti obiettivi e azioni prioritarie per la riforma del sistema scolastico. L’obiettivo è di garantire banda larga veloce, wi-fi programmabile e un numero sufficiente di dispositivi mobili per la didattica. Ottimo, aspettiamo ora tempi, modalità e risorse.

Investimenti strategici. La programmazione europea ha sicuramente il vantaggio di costringere il Paese e le Regioni a fare delle scelte all’interno di programmi sufficientemente definiti. Da questo punto di vista il processo legato all’accordo di partenariato europeo 2014-2020 è un appuntamento di particolare rilevanza per indirizzare lo sviluppo dell’economia nei prossimi anni. E’ noto come sia sul tema dell’agenda digitale che su quello della banda ultra larga l’Unione Europea non ha lesinato osservazioni, ma il fatto forse più preoccupante è l’apparente disomogeneità degli interventi programmatici regionali in materia di infrastrutture a banda ultra larga. Se questo quadro verrà confermato, rivestirà un ruolo ancora maggiore l’intervento delle istituzioni centrali, che non può però prescindere dalla concertazione con il livello locale,  con le conseguenti difficoltà finanziarie in assenza di risorse comunitarie.

Ambizioni e risorse. A differenza di altre nazioni è ormai chiaro come l’Italia non possa (o voglia?) ambire a fare delle infrastrutture digitali un proprio punto di forza nel confronto competitivo internazionale. A prescindere dagli obiettivi europei, che sono per definizione dei valori medi di targa,   gli scenari oggetto di valutazione sono sostanzialmente riferiti alla soglia minima ipotizzata dall’Agenda Digitale, vale a dire i 30 Mbit/s. Se questo è vero, le risorse necessarie sono relativamente contenute (alcuni miliardi), ma con un impatto commisurato. Ciononostante, sembra necessario ricorrere a forme di incentivo indiretto, vale a dire il credito d’imposta, con ulteriori discussioni e continue riduzioni nelle aliquote ipotizzate. Se venisse confermata l’ultima ipotesi del 30% e considerando gli effetti tipicamente dilazionati nel tempo, non è difficile capire come l’impatto sarà verosimilmente marginale. Allo stesso modo, i due lustri di sviluppo della banda larga ci insegnano come la semplificazione, la sincronizzazione e la conoscenza delle infrastrutture siano nostri mal di pancia quasi genetici, ma non tali da cambiare sensibilmente i piani di realizzazione degli operatori. In definitiva, ben vengano gli incentivi fiscali, ma con una corretta analisi di impatto e magari indirizzati anche ai processi di adozione.

Passo dopo passo. Limitandosi al tema dell’infrastruttura digitale strategica, cresce il bisogno di un quadro di riferimento certo, al di là di un generico obiettivo di copertura del territorio, con la definizione di fasi chiare e territorialmente definite, con traguardi univoci e misurabili, a costo di dichiarare quali sono le aree per quali non si può prospettare, in questo momento, una soluzione. A differenza di altri obiettivi (a cominciare dal catasto), questo processo si può innescare in meno di 100 giorni, Lo stesso metodo è poi generalizzabile agli altri cantieri per la costruzione dell’Italia Digitale.

In attesa di sfide più ambiziose.

FONTE: Agenda Digitale (www.agendadigitale.eu)

AUTORE: Cristoforo Morandini

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