Cogliere gli obiettivi UE che fissano al 50% il riciclo dei rifiuti urbani e domestici entro il 2020 potrà portare a 90mila nuovi posti di lavoro. E’ quanto emerge dallo studio “Ricadute occupazionali ed economiche nello sviluppo della filiera del riciclo dei rifiuti urbani”, realizzato da Conai – Consorzio Nazionale Imballaggi – in collaborazione con Althesys, illustrato oggi, nell’ambito del convegno “Creare Occupazione Quali Garanzie?”.
Dati alla mano, nello scenario più prudente, gli addetti aggiuntivi della filiera del riciclo (raccolta differenziata, trasporto, selezione e riciclo al netto dell’occupazione persa in altri settori, come per esempio le discariche) sarebbero circa 76.400, mentre gli addetti per le costruzioni di impianti (di selezione, compostaggio, riciclo intermedio e termovalorizzazione) circa 12.600, per un totale sull’intero territorio nazionale di circa 89.000 nuovi posti di lavoro.
Gli effetti occupazionali, in entrambi gli scenari, sono in proporzione maggiori al Centro e al Sud soprattutto nelle attività di raccolta differenziata in ragione del ritardo che caratterizza tali aree. Al contrario la maggior concentrazione di industrie del riciclo al Centro Nord determina in tali aree un incremento occupazionale percentualmente superiore per tali attività.
Per quanto riguarda il volume d’affari incrementale della filiera (si fa riferimento a raccolta differenziata, trasporto, selezione, produzione di semilavorati per il riciclo, compostaggio, termovalorizzazione) è stato valutato pari a circa 6,2 miliardi. Gli investimenti in infrastrutture (impianti di selezione, produzione di semilavorati per il riciclo, compostaggio e termovalorizzazione), ammonterebbero invece a circa 1,7 miliardi, mentre il valore aggiunto è stato quantificato in circa 2,3 miliardi.
FONTE: Associazione dei Comuni Virtuosi