Puntare su opere veramente utili per i cittadini e il territorio. Su regole e procedure che consentano finalmente di sbloccare lavori la cui mancata realizzazione pesa negativamente sulla salute delle persone, sulla loro libertà di movimento, sulla possibilità di migliorare la qualità della vita, l’economia locale e nazionale. E’ l’appello che Legambiente torna a fare al premier Matteo Renzi alla vigilia del consiglio dei ministri che dovrebbe approvare il decreto Sblocca Italia.
“Renzi adotti una ricetta nuova – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – diversa da quella già ampiamente sperimentata, e fallimentare, dei governi precedenti. Per rilanciare l’economia dell’Italia non serve muovere cemento e asfalto con grandi opere ma un’inedita politica dei trasporti e delle infrastrutture. In primis, investimenti nelle aree urbane dove si concentrano i due terzi degli spostamenti delle persone e dov’è urgente recuperare pesanti ritardi infrastrutturali e sviluppare la mobilità pubblica. E poi bonifiche, opere di messa in sicurezza del territorio, depuratori, impianti per la gestione dei rifiuti. Piccole e medie opere incompiute, tra di loro molto diverse sia per impegno finanziario che per consistenza dell’intervento, e ferme da anni per motivi disparati, dall’assenza di fondi ai vincoli del Patto di stabilità, dall’incertezza sulle competenze degli enti locali alle incapacità progettuali”.
Per Legambiente – che già a giugno ha presentato al governo Renzi il dossier #sbloccafuturo con una lista di 101 piccole e medie opere incompiute in tutta Italia – serve un disegno lungimirante e innovativo, capace di costruire intorno al risparmio di materia ed energia, intorno alla rigenerazione urbana, alla riduzione della dipendenza dal fossile, un’economia low carbon che porti l’Italia fuori dalla recessione.
“Non servono leggi ‘liberatutti’ – riprende Cogliati Dezza – bisogna assumersi, invece, la responsabilità di individuare insieme ai sindaci quali siano i vincoli necessari e le semplificazioni utili a rilanciare il Paese. Si deve semplificare ma al contempo garantire un sistema di controlli efficace, che dia certezza alle imprese e ai territori coinvolti”.
Nel blocco di cantieri individuato da Legambiente, la voce più consistente riguarda il sistema dei trasporti (ferrovie, trasporti urbani, mobilità dolce), insieme alla messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico. Poi, a seguire, bonifiche, depurazione, riqualificazione urbana, sicurezza sismica, abbattimento di manufatti abusivi, impianti per chiudere il ciclo dei rifiuti. Sul fronte della mobilità urbana, solo per fare alcuni esempi, c’è il mancato completamento dell’anello ferroviario di Roma, dove dal 1990 si aspettano 5 km di collegamento per “chiudere il cerchio”, e le opere che ancora servirebbero per rendere efficiente il Servizio Ferroviario Metropolitano di Torino e di Bologna. Due situazioni paradossali sono poi il progetto dell’idrovia Padova-Venezia, avviato nel lontano 1963, e l’abbattimento dell’albergo sulla scogliera di Alimuri a Vico Equense, la cui procedura di abbattimento è partita anch’essa nel 1963. Spesso ci si trova di fronte alla guerra delle competenze e al gioco dei rimpalli. Come per la ciclovia abruzzese, bloccata dalla mancanza di coordinamento tra comuni, province e regione, o il collegamento ferroviario del porto di Gioia Tauro con la rete ferroviaria nazionale, dove l’opera è bloccata dai contrasti tra RFI, autorità portuale, comune, provincia e regione. Ma l’oscar del paradosso spetta a due progetti siciliani, due impianti di compostaggio aRagusa e Vittoria bloccati l’uno dalla mancanza di personale per farlo funzionare e l’altro dalla mancanza della cabina elettrica, proprio in una delle regioni maggiormente martoriate dalla disoccupazione e che ha ancora la quota di raccolta differenziata più bassa d’Italia.
FONTE: Legambiente