Il processo di semplificazione non può essere sempre “unidirezionalmente” rivolto e pensato solo per le esigenze di efficientamento della PA. Se le cosiddette semplificazioni vengono imposte in modo coercitivo significa che per i contribuenti non sono “semplificazioni”.
Questo il pensiero di Confimi che dopo aver raccolto le criticità dalle proprie associate in relazione al nuovo obbligo di fatturazione elettronica verso la PA, ha deciso di scrivere ai vertici di Ministero dell’Economia e delle Finanze, Agenzia per l’Italia digitale, Agenzia delle Entrate e Unioncamere e, per conoscenza, al Ministro delle Semplificazioni Madia.
La Confederazione dell’Industria Manifatturiera e dell’Impresa Privata ritiene che se la PA vuole le fatture in formato elettronico gli oneri non devono ricadere sugli operatori.
In ogni caso ci sono margini per risolvere molte criticità senza compromettere, comunque, gli obiettivi di efficientamento e di risparmio della spesa pubblica.
Il principale elemento di debolezza è sicuramente legato all’obbligo non solo per le Amministrazioni committenti, ma anche per i loro fornitori, di chiudere il processo di fatturazione con la conservazione sostitutiva a norma. Inoltre è importante sottolineare che il servizio di conservazione non viene fornito gratuitamente agli utenti del sistema di interscambio (SdI) ma solo a quelli della piattaforma MePA e già questa sarebbe un’anomalia poco comprensibile.
Oltre a ciò, secondo i tecnici di Confimi, in capo al fornitore tale processo non sarebbe tecnicamente indispensabile e pertanto viene auspicata l’eliminazione dell’obbligo.
La Confederazione insiste infine anche sulla necessità di fornire soluzioni gratuite (user friendly) per la generazione delle fatture in formato XLM così come previsto dal DM 55/2013 a favore delle PMI.
FONTE: AgenParl