L’UE chiede un intervento per proteggere le piccole imprese alimentari dalle pratiche commerciali sleali applicate dai grandi produttori e supermercati.
Le grandi imprese dispongono di un potere negoziale di gran lunga maggiore quando trattano con le altre aziende e sfruttano (legittimamente) questa situazione a loro vantaggio.
Tuttavia, la progressiva spinta alla concentrazione nell’industria alimentare espone a volte le imprese più piccole a pratiche commerciali sleali.
Alcuni esempi di pratiche sleali ad opera dei partner commerciali più forti:
- rifiutarsi di fissare per iscritto le condizioni essenziali
- modificare il costo di operazioni già concordate
- esporre il contraente più debole a rischi sproporzionati
- porre fine a un rapporto commerciale senza preavviso e senza alcuna ragione obiettivamente giustificabile.
Se la parte minore in un rapporto commerciale è economicamente dipendente dalla controparte più forte, potrebbe essere restia a difendersi da tali pratiche per paura di compromettere il rapporto.
Prendiamo un esempio tipico: un grande produttore internazionale di bevande analcoliche rifornisce un piccolo rivenditore. Lancia un nuovo prodotto e chiede al rivenditore di acquistarne una scorta. Se quest’ultimo si rifiuta per mancanza di spazio, il produttore minaccia di non fornirgli alcuni dei prodotti “indispensabili”. Se il rivenditore fa notare che il nuovo prodotto non era contemplato nel contratto annuale, il fornitore minaccia di interrompere il loro rapporto.
A sostegno delle piccole imprese
Alcuni governi europei hanno già attuato delle misure per prevenire tali pratiche, altri devono ancora intervenire.
Da settembre 2013 l’UE incoraggia le imprese a sottoscrivere un codice di condotta volontario (la cosiddetta Supply Chain Initiative o Iniziativa volontaria della filiera), impegnandosi a gestire i propri rapporti commerciali in maniera equa e sostenibile.
Partendo da questa iniziativa, ora punta a istituire dei principi europei di buone prassi e delle norme minime di applicazione.
L’obiettivo è risolvere un maggior numero di casi mediante iniziative volontarie, senza dover ricorrere a procedure legali lunghe e costose. Le autorità indipendenti preposte all’applicazione delle norme potrebbero cosìtutelare la riservatezza delle piccole imprese che temono di esporsi per paura delle conseguenze economiche.
La filiera alimentare comprende diversi soggetti: produttori, trasformatori e dettaglianti. Nell’UE occupa oltre 47 milioni di persone ed è il settore con il maggior numero di piccole imprese.
FONTE: Commissione Europea