Reddito d’impresa: niente agevolazione su beni non di proprietà senza autonomia fiscale
In tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, il credito d’imposta previsto dall’articolo 8 della legge 388/2000, per i soggetti titolari di reddito d’impresa che hanno effettuato nuovi investimenti, spetta per i beni strumentali, materiali e immateriali, che siano nuovi e fiscalmente ammortizzabili. Sono agevolabili anche gli investimenti che consistono in spese di ampliamento, ammodernamento o miglioramento degli elementi strutturali di un’immobilizzazione e si traducono in un aumento significativo e misurabile di capacità o di produttività o di sicurezza o di vita utile.
Tali costi possono essere sostenuti anche su beni non di proprietà dell’impresa, quali, ad esempio, quelli utilizzati in virtù di un contratto di locazione: in tal caso, per fruire dell’agevolazione, il contribuente deve dimostrare l’amovibilità delle opere di miglioria eseguite che devono configurarsi quale bene autonomo rispetto all’immobile di proprietà dei terzi cui accedono. In altri termini, deve trattarsi di spese da classificare, secondo corretti principi contabili, tra le immobilizzazioni materiali, a differenza di quelle che, seppur incrementative, non costituiscono beni autonomi ma, stante l’accessione su beni di terzi, meri costi deducibili.
Si desume dall’ordinanza della Cassazione n. 14980 dello scorso 1 luglio, conforme alla prassi dell’Agenzia delle Entrate e all’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità.
La vicenda processuale e la decisione della Cassazione
La vicenda nasce dal recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate di un credito di imposta per investimenti in aree svantaggiate; in particolare, si trattava di lavori di ristrutturazione su un immobile di proprietà di terzi.
I gradi di merito vedevano entrambi soccombente l’Agenzia, che proponeva quindi ricorso per cassazione, con cui denunciava la violazione dell’articolo 8 della legge 388/2000, il quale definisce l’ambito di applicazione oggettivo della disposizione agevolativa, specificando che “per nuovi investimenti si intendono le acquisizioni di beni strumentali nuovi di cui agli articoli 67 e 68 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917…”.
La Cassazione, nell’accogliere il ricorso dell’Agenzia, ricorda come nel caso di spese sostenute su immobili condotti in locazione, il criterio distintivo in ordine all’applicabilità del beneficio è quello della sussistenza, o meno, di un’autonomia funzionale del bene acquisito rispetto al bene del terzo, suscettibile di utilizzazione separata da parte del locatario (o comodatario) al termine del periodo di locazione (o comodato). Questa interpretazione è del resto conforme alla lettera nonché alla ratio dell’agevolazione il cui obiettivo era quello di promuovere nuovi investimenti produttivi in aree territoriali svantaggiate, in funzione dell’incremento della produttività.
Anche la disciplina del reddito di impresa va in questa direzione, visto che le spese sostenute per interventi migliorativi privi di autonomia funzionale sono soggette alla disciplina delle “spese relative a più esercizi” di cui all’articolo 74, comma 3, del Tuir (ora articolo 108), deducibili “nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio”: ciò significa che tali investimenti, anche se hanno natura incrementativa, non costituiscono (nuovi) beni, bensì meri costi.
Nel rinviare la controversia alla Ctr, la Cassazione ha quindi formulato il seguente principio di diritto: “in tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, il credito d’imposta previsto dall’art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per i soggetti titolari di reddito d’impresa che, nel periodo ivi indicato, abbiano effettuato nuovi investimenti, spetta per i beni strumentali, materiali e immateriali, che siano nuovi e fiscalmente ammortizzabili ai sensi degli artt. 67 e 68 (oggi 103 e 104) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sicché le spese incrementative relative ad un immobile (nella specie detenuto, all’epoca dell’utilizzo dell’agevolazione fiscale, a titolo locatizio) rilevano, ai fini del credito d’imposta suddetto, solo se il contribuente dimostri che i relativi costi possano essere contabilizzati in bilancio tra le “immobilizzazioni materiali”, in quanto, trattandosi di opere aventi una loro autonoma funzionalità ed individualità, a prescindere dal bene altrui cui accedono possono essere, al termine della locazione rimossi ed utilizzati separatamente dall’investitore, a differenza delle spese incrementative riguardanti opere prive di tali caratteristiche rispetto al bene cui accedono, da classificarsi nell’attivo dello stato patrimoniale tra le “altre immobilizzazioni immateriali”, che non costituiscono beni autonomi ma, stante l’accessione su beni di terzi, meri costi deducibili”.
Nel caso di specie, infatti, parte degli interventi effettuati (consistenti in un adeguamento degli impianti), pur se finalizzati all’incremento della produttività del bene locato, non possedevano le caratteristiche della amovibilità e dell’autonoma funzionalità sopra descritte.
FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate
AUTORE: Francesco Brandi