Sono i Comuni rurali, quelli che tecnicamente sono classificati come “C e D” che hanno il maggior fabbisogno pubblico per garantire l’accesso alla banda ultralarga. I fondi europei Feasr non bastano, ma si spera in un’integrazione nazionale. E’ necessario per lo sviluppo dell’agricoltura italiana.

È matura e solida la consapevolezza che il processo di digitalizzazione del Paese investa tutti i settori. Analizziamo infatti l’evoluzione dei programmi presentati dall’Italia nel 2007 – ai tempi della precedente programmazione comunitaria – e quelli presentati quest’anno per il settennio 2014/20. Fa piacere. È vero che manca ancora una visione sinergica ed organica che faccia fare quellostep change richiesto dalla Commissione Europea, ma ci sono le basi per farlo. Ora dobbiamo solo crederci di più e ridefinire processi di sviluppo nuovi che vedano il processo di digitalizzazione alla base del cambiamento e investano in questo. In ogni caso, il “quadro d’insieme” dei programmi nazionali di sviluppo rurale presentato questo mese dal Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali (MPAAF) evidenzia in molti passaggi la necessità di innovarsi e digitalizzarsi, come misura di sistema capace di rivoluzionare il comparto produttivo e non come una facility decontestualizzata. In altre parole, si parla di un programma rurale 2.0, come si può parlare della scuola 2.0 e non di un corso di informatica facoltativo.

Certamente il  MPAAF è fra i Ministeri più all’avanguardia per questo: ricordiamo che nel 2010 è stato il primo Ministero a notificare, con il supporto tecnico di Infratel Italia, il regime d’aiuto banda larga a valere sui fondi europei agricoli per lo sviluppo rurale (FEASR) che hanno contribuito al finanziamento del Piano nazionale banda larga del Ministero dello sviluppo economico per il 20 per cento del totale del fabbisogno dell’intero piano.

Anche per la corrente programmazione, infatti, molte Regioni hanno già deciso di investire ingenti risorse FEASR per portare la banda ultralarga nelle aree rurali. Sono infatti iComuni rurali, quelli che tecnicamente sono classificati come “C e D” che hanno il maggior fabbisogno pubblico per garantire l’accesso alla banda ultralarga, ovvero ad almeno 30 mbps come indicato nell’Agenda digitale europea. Si tratta di un fabbisogno ingente, 1,6 miliardi di euro che certamente non potrà essere colmato esclusivamente dal FEASR ma da cui si spera la massima integrazione e sinergia possibile, come emerso durante il convegno going local organizzato dalla Commissione Europea il 18 giugno scorso.

Senza l’infrastruttura adeguata sarebbe impossibile, infatti, realizzare il programma nazionale di sviluppo rurale presentato e nel quale ci si pone l’obiettivo di “migliorare l’accesso alle informazioni e la comunicazione della politica di sviluppo rurale; armonizzare ed innovare le modalità di lavoro e di supportare la comunicazione istituzionale e non, con maggiore ricorso agli strumenti IT; potenziare il sito web della Rete Rurale mediante la realizzazione di una piattaforma digitale ad hoc per la comunicazione tra i soggetti gestori dei programmi (videoconferenze di aggiornamento, attività di calendarizzazione per il monitoraggio dello stato di efficienza degli organismi pagatori, ecc)” . Attività che richiedono una banda veloce, affidabile e di qualità.

La Rete rurale nazionale, ai sensi dell’art. 54, comma 2 del Reg. 1305/2013 ha, infatti, tra le sue finalità, quella di “promuovere l’innovazione nel settore agricolo, nella produzione alimentare, nella silvicoltura e nelle zone rurali”. Le finalità del Partenariato Europeo per l’innovazione (PEI) sono decisamente innovative e basate su un sistema di lavoro assolutamente non tradizionale che traducono l’esigenza di “produttività e sostenibilità dell’agricoltura” con la necessità di lavorare in rete, la rete del PEI. Solo con una rete capillare e a banda ultralarga sarà possibile, anche per l’Italia, favorire la maggiore connessione tra la ricerca e la pratica agricola, diffondendo l’adozione delle soluzioni più innovative e rafforzando i contatti con la comunità scientifica di settore. L’Italia deve imparare a lavorare in rete – un modus operandi che ancora non ci appartiene ma che deve essere incentivato in tutti i settori per rafforzarci nella competizione globale.

Le infrastrutture digitali a banda ultralarga sono una condizione necessaria per realizzare la sfida centrale che si pone il programma nazionale per lo sviluppo rurale: ovvero  quella di condividere le migliori pratiche e promuovere le iniziative di confronto con i portatori di interesse (imprese, società civile ecc.) anche mediante strumenti di archiviazione, raccolta e diffusione di informazioni, nonché la creazione del portale “Conoscenza e Innovazione nel settore agricolo alimentare e forestale”.

FONTE: Agenda Digitale (www.agendadigitale.eu)

AUTORE: Rossella Lehnus

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