Chi deve versare e quanto entro il 16 giugno. I Comuni che rinviano a ottobre
Manca poco ormai: lunedì prossimo scatterà il giorno delle tre tasse sulla casa. Il 16 giugno, in una volta sola, saremo chiamati a pagare l’acconto di Tasi, la prima parte di Imu e la Tari, in pratica i tre pezzi che compongono la Iuc (Imposta unica comunale). Si prospetta un ingorgo di calcoli, tra aliquote da recuperare, detrazioni da individuare, quote e ripartizioni che cambiano in base al Comune. Un labirinto dove sarà necessario capire, caso per caso, che cosa c’è da saldare e che cosa invece è stato posticipato (o cancellato del tutto). Senza perdere di vista le novità dell’ultima ora. Alcuni Comuni stanno, per esempio, spostando la prima scadenza della Tasi a luglio.
Tasi su prima e seconda casa
Il primo rebus da sciogliere è quello sulla Tasi, se non altro perché questa imposta fa il suo debutto quest’anno e i lati oscuri sono tanti. E’ la tassa sui così detti servizi indivisibili (illuminazione pubblica, verde, manutenzione stradale) che rimpiazza l’Imu sulla prima casa (la pagano poi anche le seconde case insieme all’Imu). La prima rata va saldata entro il 16 giugno ma questa data cambia a seconda del Comune. La scorsa settimana è stato ufficializzato lo slittamento dell’acconto Tasi al 16 ottobre per chi abita nei Comuni ritardatari che non hanno deciso l’aliquota in tempo per questa prima scadenza. Questo termine potrà slittare in quelle amministrazioni che non decideranno l’aliquota neanche per la prossima scadenza (devono far sapere l’aliquota entro il 10 settembre) e quindi si pagherà tutto in una volta, acconto e saldo, entro il 16 dicembre. Una soluzione che forse non dispiacerà a molti vista la macchinosità dei calcoli e le code alle Poste. Tornando alle scadenze, di sicuro sono chiamati alla cassa per la prima rata della Tasi centri come Torino, Genova, Bologna (il 31 luglio), Brescia, Trento, Livorno, La Spezia, Ravenna, Lucca tanto per fare qualche nome. Sono rimandati a ottobre (se non a dicembre) Milano, Firenze e Roma ma l’elenco è lungo dato che solo poco più di 2mila sindaci su 8mila hanno già deciso. Va ricordato che a pagare sono chiamati i proprietari di prime e seconde case e gli inquilini per una quota (tra il 10 e il 30%) decisa dal Comune. Alcuni (come Napoli e Palermo) hanno deciso di non far pagare nulla agli inquilini.
Calcoli e detrazioni
Il calcolo della base imponibile su cui applicare la Tasi è uguale a quello dell’Imu, sia per le prime case (non di lusso) sia per le seconde ma anche per capannoni, negozi, terreni, uffici, aziende. Si parte dalla rendita catastale che va rivalutata del 5% e il risultato va moltiplicato per il coefficiente dell’immobile in questione (160 per le abitazioni). Infine, alla somma ottenuta, vanno applicate le diverse aliquote stabilite dai diversi Comuni con le eventuali detrazioni. Qui inizia un balletto di numeri che cambia a seconda dell’amministrazione. Per la prima casa, l’aliquota minima è dello 0,1% mentre quella massima può arrivare allo 0,25% ma i Comuni possono alzarla di un ulteriore 0,08% portandola allo 0,33% (se hanno deciso di introdurre delle detrazioni per le fasce più deboli).
Per gli altri immobili cambiano di nuovo le percentuali e va tenuto conto dell’Imu perché la somma dell’aliquota dei due tributi non può superare l’1,06%. Anche in questo caso i Comuni possono applicare uno 0,08% aggiuntivo portando così la tassazione all’1,14% (ma solo in presenza di detrazioni). Come uscirne? Prima di tutto, meglio chiamare il Comune e verificare aliquote e detrazioni (o cercare sul sito). Il calcolo poi può essere effettuato su portali come riscotel.it o amministrazionicomunali.it che offrono anche la possibilità di stampare l’F24. Ci si può rivolgere anche a un Caf o alla Confedilizia (la Confederazione della proprietà edilizia) presente in molti capoluoghi. Le detrazioni sono un altro film. Bisogna andarsi a cercare le decisioni dei singoli Comuni. Per fare un esempio, Palermo ha stabilito una detrazione di 50 euro per unità immobiliare, più una detrazione di 20 euro per ogni figlio minorenne e per gli anziani proprietari che abbiano più di 70 anni.
Proprietario e inquilino
Una delle novità con la Tasi sta nel fatto che chi è in affitto è chiamato alla cassa. Rispetto all’Imu poi che ognuna delle quote di proprietà deve pagare singolarmente, la Tasi va pagata in un unico versamento di un unico soggetto. La quota che tocca all’affittuario va dal 10% al massimo del 30%. E’ il Comune a dire quanto competerà a chi è in affitto, ma attenzione se il sindaco non ha fatto sapere la quota, allora verrà applicata quella più bassa del 10%. Se l’inquilino non paga? La responsabilità è sua e distinta da quella del proprietario e, come il proprietario non può pagare la tassa per intero e poi chiedere all’affittuario di risarcirlo, allo stesso modo l’inquilino non deve anticipare il pagamento. Nel caso di più di possessori (o detentori)? Questi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria. Il versamento effettuato in base alle singole quote di possesso (o di detenzione) è considerato regolare se la somma dei versamenti è pari all’ammontare dell’imposta dovuta. La Tasi dovrà essere pagata tramite modello F24 o apposito bollettino di conto corrente postale.
La vecchia Imu
E’ l’unico punto fermo in questa girandola di tributi in arrivo. Il 16 giugno saremo chiamati a pagare la prima rata della vecchia Imu, una vecchia conoscenza arrivata al suo terzo anno di vita. Non la pagano le abitazioni principali perché è confermata l’esenzione (fanno eccezione gli immobili di maggior pregio) e le pertinenze delle prime case, ma questa si applica una volta sola per ciascun tipo di pertinenza. Per fare un esempio, se si hanno due box auto, uno dovrà pagare l’Imu anche se è parte della prima casa. Confermato anche il metodo di calcolo che rimane invariato rispetto agli ultimi anni passati mentre l’aliquota sarà quella decisa l’anno scorso dal proprio Comune. Il 16 dicembre andrà poi versato il saldo e qui andrà aggiunta anche la fetta di differenza rispetto all’aliquota dell’anno scorso (i Comuni qui dovranno deliberare entro il 28 ottobre). Potrebbero quindi esserci ancora sorprese.
L’Imu va pagata sulle seconde case, sugli immobili locati o sfitti, uffici, negozi, laboratori produttivi. Sui terreni agricoli anche se non sono coltivati. Per citare alcuni casi. E pure sulle pertinenze che non sono esenti. La pagano gli immobili dati in uso gratuito a figli o parenti di primo grado, a meno che il Comune non li abbia assimilati alla prima casa ma è un caso che si presenta raramente. Va pagata da ciascun proprietario se ci sono più porzioni in base alla propria quota. L’esenzione è valida solo se il proprietario è anche residente in quell’abitazione.
Tari
Anche questa è una new entry. Tari è l’acronimo di Tassa Rifiuti, la nuova imposta comunale istituita con la legge di stabilità 2014. In pratica prende il posto della vecchia Tares. Anche qui bisogna fare il tour dell’Italia: il Comune stabilisce le scadenze di pagamento della Tari prevedendo almeno due rate a scadenza semestrale e in modo differenziato rispetto alla Tasi. È consentito il pagamento in un’unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno. Per questa imposta, in genere, arriva a casa il bollettino con l’importo da versare. Se non si riceve nulla, bisognerà recarsi in Comune e chiedere quanto pagare.
FONTE: La Stampa
AUTORE: Sandra Riccio