Secondo il governo Renzi le partecipate degli enti locali che gestiscono servizi pubblici locali sono un “buco” per le casse dello Stato, e per questo spinge vendite e aggregazioni.Una “retorica” che non trova riscontro nei numeri, anzi. Secondo l’analisi di Equita SIM, però, il vero beneficiario di un possibile intervento del governo sono le 4 grandi utility quotate in Borsa locale, A2a, Acea, Hera ed Iren
Se la retorica di Matteo Renzi sulla privatizzazione della società partecipate dagli enti locali fa i conti con i numeri di Equita Sim, società che si occupa di consulenza finanziaria e azionaria, il bluff del governo sui reali beneficiari delle future scelte delle esecutivo appare evidente: non è certo, come sostiene Renzi, che si va a “sfoltire” (ridurre il numero delle aziende, le “sedie” nei consigli d’amministrazione) per risparmiare, ma è certo che l’eventuale obbligo di dismissione azionaria imposto a Comuni e Province favorirà ACEA, A2a, HERA, IREN, cioè le 4 grandi utilities quotate alla Borsa di Milano.
È scritto in un rapporto diffuso a inizio settembre, dal titolo evocativo -A REVAMPED M&A SCENARIO-, che Altreconomia ha potuto visionare, e che prende le mosse proprio dall’analisi del Programma di razionalizzazione delle partecipate locali presentato a inizio agosto dal Commissario straordinario per la razionalizzazione delle spesa, Carlo Cottarelli, che nel documento ufficiale arriva a citare un tweet del presidente del Consiglio, con tanto di hashtag:“#municipalizzate: “sfoltire e semplificare da 8.000 a 1.000”.
Le analisi del “piano Cottarelli” non hanno trovato posto nel decreto “Sblocca Italia”, ma dovrebbero essere riproposte -per diventare cogenti- all’interno della Legge di Stabilità, che per prassiverrà approvata con “voto di fiducia”, ovvero senza possibilità di scampo.
L’analisi di Equita Sim, in particolare, fa riferimento alle società attive nei servizi pubblici locali, quelli oggetto del referendum contro la privatizzazione del giugno 2011, e su un dato, l’EBTIDA, una sigla inglese che significaEarnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortisation, cioè margine operativo lordo della società. Se questo margine fosse negativo, se le società fossero in perdita, o dei carrozzoni, come si ripete spesso parlando di municipalizzate, nessuno avrebbe interesse ad acquistare le società degli enti locali. La realtà, però, è diversa, perché -secondo Equita Sim- le 4 aziende quotate avranno l’opportunità di chiudere accordi che le porteranno ad aumentare tra il 15 e il 20% il proprio EBTIDA (margine operativo lordo).
Secondo gli analisi, a poter trarre maggiori benefici da una norma “pro-aggregazioni” sarebbe HERA, favorita da una presenza diffusa in 4 Regioni -Emilia-Romagna, Marche, Veneto e Friuli-Venezia Giulia- e dal peso ridotto delle pubbliche amministrazioni, dato un azionariato spezzettato tra circa 190 enti locali (che “rende la presenza pubblica nella governance dell’azienda meno intrusiva”). Soltanto accorpando 16 aziende locali non quotate dei territori ove l’azienda è già presente, l’EBTIDA dovrebbe aumentare di 320 milioni di euro, pari al 35% di quello stimato per l’azienda nel 2015. Se a questa previsione si aggiungono anche le incorporazioni di AIMAG e ASCOPIAVE, questo garantirebbe un ulteriore “espansione” del margine operativo lordo di 150 milioni di euro.
Solo in Lombardia, invece, sarebbero una decina le possibili prede di A2a, società non quotate che garantirebbero all’azienda controllata dai Comuni di Brescia e Milano di aumentare il proprio EBTIDA del 22 per cento, 220 milioni di euro in più rispetto al miliardo netto di oggi.
Secondo gli analisi di Equita, A2a “può giocare un ruolo cruciale nei processi di aggregazione”, e mangiarsi tutto quel che si muove in campo acqua, energia e rifiuti in Lombardia, da ACSM-AGAM a Linea Group Holding.
Per IREN, la preda più ambita si chiama SMAT. Da sola, la società interamente pubblica partecipata dal Comune di Torino e da circa 300 enti locali della Provincia, che gestisce il servizio idrico integrato nell’ATO 3 Piemonte, garantirebbe un aumento del margine operativo lordo per 152 milioni di euro, pari al 24% dell’EBTIDA attuale di azienda. Complessivamente, sono una decina le società non quotate “preda”, tra la Liguria, il Piemonte e la Valle d’Aosta, dove -secondo gli analisi di Equita- potrebbe essere obbligata ad entrare nell’orbita di IREN CVA, cioè la società pubblica per la produzione di energia elettrica della Regione autonoma della Valle d’Aosta (che ha un EBTIDA di 199 milioni di euro).
Ad essere guardata con maggior sospetto dagli analisi è la situazione di ACEA, perché sarebbe problematica la presenza del Comune di Roma come azionista di maggioranza al 51%.
Nonostante questo, l’aggregazione con le poche aziende che in Toscana e Umbria non sono già partecipate o controllate da ACEA porterebbe in dote un aumento di EBTIDA di almeno 140 milioni di euro, il 18 per cento di quello stimato per il 2015.
Ecco sfatato un mito: non tutte le società attive nella gestione dei servizi pubblici locali (che il documento Cottarelli definisce “a rilevanza economica”) sono in perdita. Anzi, questi soggetti -che rappresentano il 23 percento delle partecipate (circa 1.800 in totale) ma il 60 percento del valore della produzione- sono asset molto interessanti.
Ogni tipo di aggregazione, però, a come obiettivo principale quello di favorire i big, che nel settore del servizi idrico integrato sono 8 soggetti con fatturato superiore ai 100 milioni di euro già responsabili del 41% del valore complessivo del mercato, e nel settore del trattamento rifiuti 5 gruppi che oggi valgono il 27% del mercato.
Nel documento di Cottarelli, elaborato con l’ausilio di numerosi consulenti, si fa rifermento alle economie di scale frutto delle aggregazioni. Ma sono riferimenti “discorsivi”, senza alcun riscontro matematico né scientifico né empirico.
FONTE: Altreconomia
AUTORE: Luca Martinelli