legge 104 permessi convivenze unioni civiliL’Inps, con la circolare n. 38/2017, disciplina l’utilizzo dei permessi ex L. n. 104/1992 per le parti nei casi di Convivenze e Unioni Civili.

 


 

L’art. 33, comma 3, della legge n. 104/92 prevede il diritto ad usufruire di 3 giorni di permesso mensili retribuiti, in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il secondo grado – con possibilità di estensione fino al terzo grado – riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’art. 3, c.3 della legge 104 stessa.

 

Il comma 5 dell’art. 42 del decreto legislativo n. 151/2001 stabilisce la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave ai sensi dell’art.3, c. 3 della legge 104/92, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e affini di terzo grado.

 

Le predette disposizioni vanno oggi coordinate con quelle introdotte dalla legge 20 maggio 2016, n.76 e dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 213 del 5 luglio 2016, in particolare:

 

– Il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la legge 20 maggio 2016, n. 76 che istituisce e regolamenta, tra l’altro, le unioni civili tra persone dello stesso sesso.

 

L’art. 1, comma 20, prevede: “Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.

 

Pertanto, dal coordinamento delle norme richiamate, emerge che i permessi ex lege n. 104/92 e il congedo straordinario ex art. 42, comma 5, D.Lgs.151/2001 possono essere concessi anche in favore di un lavoratore dipendente, parte di un unione civile, che presti assistenza all’altra parte.

 

– La Corte Costituzionale con la sentenza n. 213 del 5 luglio 2016 (pubblicata in G.U. 1^ serie speciale – Corte Costituzionale – n. 39 del 28/9/2016) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.33, comma 3, della legge 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con disabilità in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine di secondo grado, sulla base delle seguenti argomentazioni.

 

La ratio dell’istituto del permesso mensile retribuito è in rapporto di stretta e diretta correlazione con le finalità di tutela della salute psico-fisica della persona con disabilità perseguite dalla legge n. 104 del 1992, quale diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’art. 32 Cost.

 

La salute psico-fisica del disabile rientra, tra l’altro, nell’ambito dei diritti inviolabili che la costituzione riconosce e garantisce all’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.).

 

La Corte sostiene, quindi, che sarebbe irragionevole non includere il convivente della persona disabile in situazione di gravità nell’elencazione dei soggetti legittimati a fruire dei benefici in questione.

 

In caso contrario, infatti, il diritto del disabile – costituzionalmente garantito – a ricevere assistenza nell’ambito della propria comunità di vita, verrebbe ad essere irragionevolmente limitato, «non in ragione di una obiettiva carenza di soggetti portatori di un rapporto qualificato sul piano affettivo, ma in funzione di un dato “normativo” rappresentato dal mero rapporto di parentela o di coniugio».

 

Il convivente, pertanto, deve essere incluso tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi di cui all’art 3, comma 3, della legge 104/92 per l’assistenza alla persona con disabilità in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine di secondo grado.