In occasione della Giornata mondiale del rifugiato, un’analisi della Fondazione Openpolis fotografa la situazione dei minori stranieri non accompagnati nel nostro Paese.


Più di 16mila i giovani presenti sul territorio nazionale, molti dei quali ancora in attesa di iniziare un percorso scolastico. Il 20 giugno si è celebrata la Giornata mondiale del rifugiato, istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle migrazioni forzate.

Tra i tanti volti che compongono questo fenomeno, spiccano quelli dei minori stranieri non accompagnati (Msna), bambini e ragazzi che giungono in Italia da soli, privi di figure adulte di riferimento. Oggi sono oltre 16mila, e il loro futuro dipende dalla capacità del sistema di accoglienza di rispondere con tempestività e competenza alle loro esigenze.

Una presenza significativa ma in calo

Secondo i dati più recenti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al 30 aprile 2025 erano presenti in Italia 16.274 minori non accompagnati. Si tratta di un numero considerevole, ma in netto calo rispetto al picco registrato nel novembre 2023, quando si contavano oltre 24mila presenze. In poco più di un anno, quindi, la diminuzione è stata di quasi 8mila unità.

Le provenienze sono eterogenee, ma alcuni Paesi spiccano per numero di arrivi. Al primo posto si conferma l’Egitto, con oltre 3.600 minori, pari al 22% del totale. Seguono Ucraina (20,5%), Gambia (10,2%), Tunisia (10,2%) e Guinea (6,9%).

La maggioranza dei ragazzi ha 17 anni (oltre il 54%), seguiti da quelli di 16 anni (22%). Solo il 14% rientra nella fascia tra i 7 e i 14 anni, mentre i più piccoli, sotto i 7 anni, rappresentano una percentuale residuale. I maschi costituiscono la netta maggioranza, soprattutto tra i 16 e i 17 anni, a conferma del fatto che molti adolescenti affrontano il viaggio nella speranza di lavorare e sostenere la propria famiglia rimasta nel Paese d’origine.

L’accesso alla scuola: una corsa a ostacoli

Per questi giovani, il sistema scolastico rappresenta un’opportunità essenziale di inclusione. Frequentare la scuola non significa soltanto imparare una nuova lingua o acquisire competenze, ma anche ritrovare un contesto di sicurezza e socializzazione, elementi cruciali per il benessere psico-sociale e per allontanare il rischio di marginalizzazione o devianza.

Tuttavia, l’accesso all’istruzione non è garantito in tempi rapidi. Un sondaggio condotto da Unicef attraverso la piattaforma “U-Report On The Move” ha rilevato che nel 2024 il 27% dei Msna ha atteso oltre cinque mesi prima di poter cominciare la scuola. Il 14% era ancora in attesa al momento dell’indagine, mentre solo il 25% aveva iniziato entro due mesi dall’arrivo. I motivi? Burocrazia, mancanza di documenti e soprattutto la scarsità di posti disponibili negli istituti scolastici, soprattutto se l’anno è già iniziato.

Un altro ostacolo riguarda l’età e la collocazione nelle classi. In molti casi, i minori non vengono inseriti insieme ai coetanei, ma in percorsi separati o non corrispondenti al loro livello anagrafico. Secondo un rapporto del Ministero dell’Interno e dell’Anci, solo nel 44% dei casi i Msna sono inseriti in classi con pari età; nel 28% dei casi questo non avviene mai. Una situazione che può compromettere il senso di appartenenza e rendere ancora più difficile l’integrazione.

Il rischio della marginalità

L’attesa prolungata e le difficoltà nell’inserimento scolastico possono avere conseguenze gravi. Come sottolineato dal Comitato parlamentare di controllo sull’Accordo di Schengen, la mancanza di un percorso educativo stabile può spingere i minori verso situazioni di sfruttamento o coinvolgimento in attività illecite. La scuola, dunque, è anche uno strumento di prevenzione contro l’adesione a circuiti criminali.

Dove vivono i minori stranieri non accompagnati?

L’accoglienza di questi giovani dovrebbe avvenire in contesti quanto più possibile familiari. L’UNHCR ha più volte ribadito la necessità di privilegiare soluzioni che prevedano l’inserimento in nuclei domestici piuttosto che in strutture collettive. Tuttavia, questa indicazione trova ancora scarsa applicazione: al 31 dicembre 2024, soltanto il 20% dei Msna risultava accolto da soggetti privati, spesso famiglie italiane o parenti già residenti nel Paese.

Nel dettaglio, oltre tre quarti dei minori accolti in ambito familiare proviene dall’Ucraina. Di questi, il 66% è ospitato da familiari, mentre il restante 34% è stato affidato a famiglie senza legami di parentela. Il restante 80% dei Msna si trova invece in strutture di accoglienza: il 16% in centri di prima accoglienza, dedicati alle fasi iniziali del soggiorno, e il 63% nelle strutture della rete Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), pensate per un percorso più strutturato di inclusione.

Un impegno da rafforzare

La presenza di migliaia di minori stranieri soli in Italia impone uno sforzo collettivo per garantire loro un futuro dignitoso. L’avvio tempestivo di un percorso scolastico, il sostegno psicologico, l’inserimento in contesti familiari e l’adozione di politiche territoriali coordinate rappresentano elementi chiave per evitare che vulnerabilità e disagio si trasformino in esclusione.

La sfida, ora più che mai, è quella di non lasciare indietro nessuno, a partire dai più giovani e indifesi tra coloro che bussano alle nostre porte in cerca di protezione.

Minori stranieri non accompagnati in Italia: il dossier di Openpolis

Qui i dati al completo.