Sostegno scolastico, il nuovo decreto affida la continuità didattica alle famiglie, che potranno scegliere direttamente la conferma del docente: quali sono le criticità di questo nuovo sistema?
Con il decreto n. 32 del 2025, il governo introduce una novità controversa nel sistema scolastico italiano: saranno le famiglie degli studenti con disabilità a decidere se confermare o meno il docente di sostegno per l’anno successivo, indipendentemente da titoli, anzianità o posizione in graduatoria degli altri candidati. Una misura che solleva più di una perplessità.
Le famiglie potranno scegliere il docente di sostegno
Il nuovo impianto normativo, attivo per l’anno scolastico 2025/2026, permette alle famiglie degli alunni con disabilità di richiedere la riconferma dell’insegnante di sostegno in servizio nel 2024/2025. Se il dirigente scolastico valuta che tale continuità sia nell’interesse dell’alunno – anche dopo aver consultato il Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione – il docente viene confermato con priorità assoluta, superando qualunque altro collega, anche con maggiore esperienza, titoli di specializzazione o una posizione superiore in graduatoria.
Una volta verificata la disponibilità del posto, l’Ufficio scolastico territoriale ufficializza la riconferma entro il 31 agosto 2025, escludendo automaticamente tali docenti dalle successive assegnazioni a tempo determinato per l’anno scolastico successivo. I nominativi riconfermati saranno pubblicati online, ma chi non rientra in questa procedura, anche se più titolato, non potrà più ambire a quel posto.
La scelta affidata ai genitori: tra principio di continuità e arbitrio individuale
Sulla carta, l’obiettivo dichiarato del decreto è garantire la continuità educativa, considerata elemento cruciale per il benessere degli alunni con disabilità. Tuttavia, la modalità con cui si intende raggiungerlo solleva interrogativi profondi sul piano dell’equità, della trasparenza e della valorizzazione delle competenze professionali.
Affidare alle famiglie il potere di decidere se un docente debba essere riconfermato – e quindi scavalcare altri aspiranti anche con specializzazione nel sostegno o un curriculum più ricco – introduce un criterio di selezione soggettivo, non sempre basato su parametri professionali verificabili.
Il rischio concreto è che si trasformi un rapporto fiduciario, per quanto importante, in uno strumento di arbitraria esclusione dal mercato del lavoro scolastico.
Graduatorie svuotate di senso
Uno degli effetti più critici è il possibile svuotamento delle graduatorie. L’intero impianto di reclutamento scolastico, basato su punteggi ottenuti attraverso titoli, esperienze e abilitazioni, rischia di perdere validità se l’accesso ai posti viene subordinato alla volontà delle famiglie. La “precedenza assoluta” concessa ai docenti confermati bypassa l’algoritmo delle assegnazioni e penalizza chi, pur possedendo una maggiore preparazione specifica, non ha avuto modo di accedere precedentemente al posto.
Diritto allo studio o personalizzazione arbitraria del sistema?
La continuità didattica è senza dubbio un obiettivo condivisibile, specie nei percorsi di inclusione scolastica. Tuttavia, il modo in cui il decreto 32/2025 intende perseguirla rischia di compromettere altri principi fondamentali: il merito, l’imparzialità delle procedure e l’uguaglianza di opportunità tra lavoratori. Non tutti i dirigenti scolastici, inoltre, dispongono delle risorse e del tempo per effettuare una valutazione oggettiva del “miglior interesse dell’alunno”, aprendo la porta a pressioni e dinamiche non sempre trasparenti.
Una scelta che crea divisioni
Il decreto crea una frattura nel corpo docente: da una parte, chi può contare sull’appoggio delle famiglie e viene blindato per un altro anno; dall’altra, colleghi esclusi, pur in possesso di specializzazioni o con anni di esperienza nel sostegno. In un sistema già segnato da precarietà e discontinuità, una misura di questo tipo rischia di accrescere malcontento e sfiducia verso le istituzioni scolastiche.
Scenari futuri
In sintesi, il decreto 32/2025, nel tentativo di tutelare gli studenti più fragili, rischia di compromettere la qualità del sistema educativo e i diritti dei lavoratori. La continuità didattica è un valore, ma non può trasformarsi in una scorciatoia che esclude il merito e mina la credibilità delle procedure di reclutamento.
Servirebbe invece una visione sistemica e strutturale dell’inclusione scolastica, fondata su risorse adeguate, stabilizzazione del personale e criteri trasparenti, non su scorciatoie normative che favoriscono logiche individuali.