Più volte, sulle nostre pagine, abbiamo affrontato l’annoso tema dei ritardi nell’erogazione di TFR/TFS dei dipendenti pubblici. Ritardi che, spesso e volentieri, possono raggiungere anche i 7 anni, con inevitabili danni economici.
Per capirci meglio: per un lavoratore con un reddito di 30.000 euro che ha lasciato il servizio il 30 novembre 2022 e un Tfs stimato di 86.000 euro, la perdita complessiva risulta pari a 17.958 euro. Tale perdita sale a 25.310 euro per chi percepiva un salario di 40.000 euro e un Tfs di 114.667 euro, mentre chi guadagnava 60.000 euro e con un Tfs di 172.000 euro registra una perdita totale di 41.290 euro. Per un ulteriore approfondimento sull’argomento, potete consultare questo approfondimento.
- La denuncia del CIV: su TFR/TFS dei dipendenti pubblici ritardi sistemici e carenze organizzative
- Giacenze in aumento e rivalse automatizzate: un sistema sotto pressione
- Le soluzioni parziali: gruppi di lavoro, digitalizzazione e formazione del personale
- La riforma mancata e il contenzioso in crescita
- Una nuova questione di legittimità costituzionale
- Un problema politico: quando lo Stato non rispetta i suoi impegni
- Documenti utili
La denuncia del CIV: su TFR/TFS dei dipendenti pubblici ritardi sistemici e carenze organizzative
Ebbene, proprio sul punto si è espresso il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) dell’INPS, con la propria “Relazione di verifica per l’anno 2024”, pubblicata in data 13 maggio 2025.
Nel documento, il CIV esamina in modo critico l’andamento delle procedure relative alla liquidazione del Trattamento di Fine Servizio (TFS) e del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) da parte dell’INPS, ponendo l’accento sul perdurare di ritardi sistemici, sugli oneri aggiuntivi derivanti dagli interessi di mora e sulla necessità di riforme procedurali, digitali e organizzative.
Giacenze in aumento e rivalse automatizzate: un sistema sotto pressione
La maggiore criticità attiene al tema degli interessi di mora e delle giacenze, più volte segnalato dal CIV – si segnala, in particolare, la deliberazione n. 2 del 23 gennaio 2024 – e dal Collegio dei Sindaci, che nel verbale n. 13 del 4 aprile 2024 ha evidenziato un peggioramento della situazione rispetto al trimestre precedente.
Proprio la crescita delle giacenze ha reso necessario un maggiore ricorso alle azioni di rivalsa nei confronti delle Amministrazioni inadempienti, rese più rapide grazie all’utilizzo dell’applicativo “rivalse”, che consente un avvio semiautomatico delle richieste. Le azioni di recupero, infatti, sono quadruplicate, passando da 558 nel 2023 a 2.071 nel 2024.
Tuttavia, per affrontare efficacemente questa complessa situazione, resta fondamentale disporre di dati certi e dettagliati sull’intero processo produttivo delle liquidazioni, con una distinzione chiara tra prime liquidazioni e riliquidazioni e con indicatori precisi su giacenze, tempi di lavorazione e deflussi.
Le soluzioni parziali: gruppi di lavoro, digitalizzazione e formazione del personale
In tal senso, il CIV ha chiesto, con la già citata deliberazione n. 23/2024, la creazione di gruppi di lavoro a livello nazionale e territoriale, con l’obiettivo specifico di definire e gestire le pratiche giacenti. È stato quindi istituito un Gruppo di lavoro con finalità meramente analitiche e non operative, escludendo dunque lo smaltimento delle pratiche, compito rimasto in capo alle sedi territoriali. Al momento però, non sono stati resi noti gli esiti delle attività svolte da questo Gruppo.
Per rafforzare le attività di monitoraggio, l’Istituto ha inoltre identificato nell’applicativo MO.RE.DI. uno strumento essenziale per il controllo costante dell’andamento delle liquidazioni, anche attraverso nuove funzionalità che permetteranno, nel 2025, una rappresentazione più articolata dei flussi legati a TFS e TFR. Il “cruscotto gestionale”, integrato con alert in prossimità delle scadenze di pagamento, dovrà fornire informazioni disaggregate e territoriali, oltre a rendere più agevole il monitoraggio delle azioni di rivalsa e delle motivazioni che determinano il pagamento degli interessi legali.
Altro punto riguarda la formazione del personale, ambito in cui, di recente, l’INPS ha investito parecchio, con interventi mirati a valorizzare le competenze esistenti e formare i nuovi assunti, in linea con le indicazioni del CIV.
Allo stesso tempo, si è lavorato per rafforzare la rilevanza delle prestazioni di fine servizio e fine rapporto nel Sistema di Misurazione e Valutazione della Performance, come strumento di monitoraggio produttivo e di gestione degli oneri lavorativi.
La riforma mancata e il contenzioso in crescita
Nonostante i numerosi progetti avviati, il CIV ha più volte ribadito la necessità di un progetto speciale organico, volto a ridurre concretamente i tempi di erogazione delle prestazioni, anche attraverso forme di anticipazione. Tale progetto, tuttavia, non è stato ancora elaborato.
I fattori che incidono sui ritardi – come le carenze organizzative, la disponibilità di personale e il completamento delle implementazioni tecnologiche – restano tuttora determinanti.
A complicare ulteriormente il quadro, vi è l’aumento delle diffide da parte degli iscritti che, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 130/2023, richiedono il pagamento del TFS senza dilazione e con riconoscimento degli interessi. In questo contesto, la Ragioneria Generale dello Stato ha espresso parere negativo sulla proposta di riforma della normativa vigente, ritenendola insostenibile per i conti pubblici. Va inoltre segnalato che la legge di Bilancio ha eliminato la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia anticipata a 65 anni, spostando di fatto la prima tranche del TFS a 12 mesi dopo il compimento dei 67 anni.
Una nuova questione di legittimità costituzionale
Si ricorda, inoltre, che di recente il TAR Marche ha sollevato (ancora) la questione di legittimità costituzionale, in quanto la dilazione del pagamento, combinata con l’assenza di rivalutazione monetaria, compromette il diritto alla retribuzione adeguata e proporzionata, generando una perdita economica concreta per i lavoratori. Per una disamina più approfondita, si rinvia a questo nostro articolo sull’argomento.
Un problema politico: quando lo Stato non rispetta i suoi impegni
Il quadro tracciato dal CIV restituisce un’immagine allarmante: i lavoratori pubblici, dopo una vita al servizio dello Stato, si vedono negato un diritto basilare quale la tempestiva corresponsione del proprio TFR/TFS. I ritardi cronici, uniti alla mancata attuazione di riforme strutturali e all’assenza di un piano organico di smaltimento, non sono più tollerabili e producono un danno economico e morale ingente, colpendo proprio chi, con il proprio lavoro, ha sostenuto il funzionamento della macchina pubblica. La formazione del personale, gli strumenti digitali e i gruppi di lavoro analitici restano misure parziali, che non risolvono il problema alla radice.
Occorre un intervento politico deciso, che riconosca l’urgenza del problema e metta al centro la tutela dei diritti dei lavoratori.
È lecito dunque chiedersi: che valore ha il lavoro pubblico, se lo Stato per primo non ne onora gli impegni? E fino a quando i dipendenti pubblici dovranno pagare lo scotto di inefficienze e ritardi che non dipendono da loro?
“Tuttavia, nonostante sia ormai trascorso più di un anno dalla sentenza della Consulta, il Governo non è ancora intervenuto.”
Ovvio.
Andiamo in pensione a 67 anni (per ora) se ne passano 5-7 prima di prendere i NOSTRI soldi trattenuti per una vita, ne abbiamo 72-74. Più facile che chiudiamo gli occhi prima, e con le tasse di successione, almeno la metà dei NOSTRI soldi sparisce. E comunque, a 74 anni che ti godi, i viaggi in tenda e sacco a pelo come a 20 anni o la casa di riposo? Come si dice? “cornuti e mazziati”.
Io sono andata in pensione con la cumulativa 42 anni e 2 mesi il primo febbraio del 2025 sai quando percepisco la prima rata nel 2034 forse vergogna