Puntualmente, come le stagioni, ad ogni cambio di Governo si promettono (o minacciano) riforme
sul Lavoro. Inesorabilmente ciò avviene con una intensità inversamente proporzionale alla efficacia
delle politiche di crescita e di sostegno alla competitività dei nostri sistemi produttivi. E,
puntualmente, oltre che nel voler innovare le modalità di ingresso (flessibilità) e di uscita
(licenziamenti), tutti i Governi annunciano la “riforma degli ammortizzatori sociali” e, quasi sempre,
senza mettere in campo risorse adeguate.
Con questa analisi la UIL vuole far emergere, al di la degli slogan e delle fantasmagoriche
promesse, cosa si va a cambiare e, cioè, cosa si vuole riformare. E, soprattutto, quando si
annuncia che si vogliono “allargare” gli ammortizzatori sociali, cosa si va a toccare.
Deve essere ben chiaro: per noi c’è tanto da migliorare a partire dalla estensione a tutti i settori (e
quindi a tutte le imprese ed i lavoratori), di uno strumento che consenta di evitare, in caso di crisi
dell’impresa, il licenziamento, cioè la Cassa Integrazione (o strumento simile). Certamente dovrà
essere più consistente e duratura l’indennità di disoccupazione che deve considerarsi l’ultimo
strumento messo in campo dalla “comunità” (lo stato) per evitare che una persona piombi in
condizione di disperazione per non aver più un lavoro e quindi un reddito.
Certamente c’è da rivoluzionare tutto il sistema delle politiche di accompagnamento della persona
dal “non” lavoro ad altra occupazione. E per far questo non basta esercitarsi in ingegneria
istituzionale (passare dalle competenze assegnate alle Provincie ed alle Regioni allo Stato) senza
affrontare il toro per le corna: in Italia si spende il 10% della Germania e della media U.E. Ma,
sicuramente, si deve evitare che una persona che usufruisce di “ammortizzatore” resti sola, che
non abbia la speranza di trovare altra occupazione, non sia messa in condizione di considerarsi
utile alla società’.
Ma non ci convince, proprio perché abbiamo analizzato con dati reali e certificati lo stato degli
strumenti di protezione sociale, che si sposti la protezione dalla azienda a fuori (quindi al
disoccupato) quando ci sono serie speranze di ripresa della impresa: in sostanza consideriamo
sbagliata e velleitaria l’idea di caricare solo sull’ASPI il peso di garantire una forma di reddito alle
persone. L’utilizzo della Cassa Integrazione, che certamente si può rafforzare e migliorare, è
condizione affinché le ristrutturazioni (spesso necessarie) non si completino con la fuoriuscita delle
persone e del capitale umano che la stessa impresa ha nel tempo fatto crescere. Le politiche
d’innovazione industriale e produttiva (quando ci sono e quando lo stato le costruisce), se non
supportate da adeguati strumenti di “aiuto” ai lavoratori, rischiano di allargare quello che abbiamo
definito il “cratere del lavoro”.
Con questo III Rapporto, la UIL mette a disposizione dei lavoratori, delle imprese e, soprattutto,
della politica, uno strumento di analisi per evitare che si prendano decisioni affrettate, superficiali e
sbagliate che rischiano di non risolvere i problemi e di creare danni alle persone, alle imprese, alla
società.
Consulta gli allegati: Rapporto UIL ammortizzatori sociali
FONTE: UIL – Unione Italiana del Lavoro