Una recente sentenza del Tar del Lazio ha acceso i riflettori su un criterio di valutazione nelle progressioni di carriera all’interno della PA: i giudici hanno censurato i punteggi discriminatori sull’anzianità di servizio esterna.
Con la sentenza n. 4036 del 24 febbraio 2025, i giudici amministrativi hanno accolto, in parte, il ricorso di alcuni dipendenti contro un avviso pubblico indetto da Roma Capitale per il passaggio tra le aree professionali. Al centro della vicenda, la disparità di punteggio assegnato all’esperienza maturata presso altri enti pubblici rispetto a quella accumulata alle dipendenze dirette dell’amministrazione capitolina.
I punti contestati dai ricorrenti
I ricorrenti avevano impugnato diversi aspetti dell’avviso, ritenendo ingiuste e penalizzanti alcune delle regole fissate per l’attribuzione dei punteggi:
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Limitazione dell’esperienza valorizzabile: secondo l’avviso, ogni anno di servizio nella stessa categoria professionale maturato all’interno di Roma Capitale valeva 1,75 punti, fino a un massimo di 35, corrispondente a 20 anni di attività. I candidati hanno criticato questo tetto massimo, considerandolo arbitrario.
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Differente valutazione dell’esperienza esterna: a generare il maggior contrasto è stato però il punteggio dimezzato per gli anni di servizio svolti presso altre pubbliche amministrazioni (0,75 punti contro 1,75 per ogni anno a Roma Capitale), pur trattandosi dello stesso ruolo professionale.
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Valutazione delle competenze tramite colloquio: un ulteriore motivo di contestazione ha riguardato il fatto che la maggior parte dei punti legati alle competenze – 22 su 30 – venisse assegnata attraverso un colloquio, lasciando ampio margine alla discrezionalità della commissione, anziché basarsi su elementi oggettivi come i titoli dichiarati.
La difesa di Roma Capitale
L’amministrazione ha respinto le accuse sostenendo che:
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Il limite massimo di 20 anni di esperienza era compatibile con la normativa nazionale (art. 52, co. 1-bis del d.lgs. 165/2001), che lascia ampio margine di regolamentazione alle singole amministrazioni.
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La scelta di premiare maggiormente l’esperienza interna sarebbe giustificata dalla specificità dell’ente capitolino, sede di istituzioni centrali e soggetto a ordinamento amministrativo speciale.
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L’utilizzo del colloquio per accertare le competenze era ritenuto legittimo e in linea con pratiche ormai consolidate anche nel settore pubblico, specie nei casi di avanzamento a ruoli superiori.
La decisione del Tar sulle progressioni nella PA: punteggi discriminatori sull’anzianità di servizio esterna
Dopo un articolato confronto tra le parti, la causa è stata discussa in pubblica udienza a gennaio 2025. Il collegio ha esaminato uno per uno i tre motivi di ricorso.
In merito al primo punto, i giudici hanno ritenuto legittima la scelta di fissare un tetto massimo ai punti attribuibili per l’esperienza professionale, in quanto compatibile con la normativa vigente e con i contratti collettivi di settore. La quota del 35% assegnata all’esperienza pregressa, infatti, supera ampiamente il minimo del 20% previsto dal contratto collettivo nazionale per le Funzioni Locali 2019-2021.
Diversa la valutazione sul secondo aspetto: il Tar ha considerato discriminatorio attribuire un punteggio sensibilmente inferiore all’esperienza maturata in enti diversi da Roma Capitale, pur trattandosi dello stesso profilo professionale. Secondo i giudici, questa differenza non trova giustificazione sufficiente né nella normativa nazionale né nel regolamento comunale e viola il principio di equità tra lavoratori pubblici. In sostanza, la professionalità acquisita presso altre amministrazioni non può essere svalutata in modo automatico e generalizzato.
Quanto al terzo punto, relativo all’uso del colloquio esperienziale, il Tar ha confermato la legittimità della previsione. La discrezionalità nella valutazione delle competenze tramite un’intervista è ritenuta compatibile con le finalità della selezione e con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione sancito dalla Costituzione.
Il quadro normativo di riferimento
La vicenda si inserisce nel contesto delle cosiddette progressioni verticali in deroga, introdotte dal legislatore per agevolare l’avanzamento professionale anche in assenza del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno. Queste procedure devono comunque garantire una selezione basata su criteri oggettivi e trasparenti, valorizzando l’esperienza e le competenze effettivamente maturate dai dipendenti.
Sia il d.lgs. 165/2001 sia il contratto collettivo del comparto Funzioni Locali stabiliscono i parametri fondamentali per definire le modalità di selezione, lasciando però alle singole amministrazioni il compito di dettagliarne i criteri, in accordo con le organizzazioni sindacali.
Le implicazioni della sentenza
La pronuncia del Tar Lazio stabilisce un importante principio: nella valutazione delle carriere interne, le amministrazioni non possono introdurre meccanismi che penalizzino automaticamente chi ha lavorato in altri enti pubblici. Tale orientamento potrebbe incidere anche su altre procedure analoghe attivate da amministrazioni diverse, chiamate ora a rivedere i propri regolamenti per evitare contenziosi futuri.
In conclusione, la sentenza richiama la necessità di rispettare criteri imparziali nelle progressioni di carriera, valorizzando il merito e l’esperienza professionale, a prescindere dalla provenienza amministrativa. Un monito che potrebbe contribuire a rafforzare la coerenza e l’equità nel sistema pubblico di avanzamento professionale.