Con la circolare 96/2025, l’INPS fornisce un aggiornamento importante in merito ai permessi retribuiti per i lavoratori che effettuano la donazione del sangue.


Il documento, rivolto principalmente ai datori di lavoro del settore privato, contiene indicazioni operative che si rivelano utili anche per le amministrazioni pubbliche.

Un giorno libero garantito per chi dona il sangue

Alla base della disciplina vi è la legge n. 584 del 1967, successivamente modificata, che riconosce a ogni lavoratore dipendente il diritto a un’intera giornata di assenza retribuita per effettuare la donazione di sangue. La norma si applica a tutte le categorie di lavoratori, compresi quelli impiegati nel settore domestico.

In caso di donazione, il lavoratore ha diritto alla retribuzione piena per la giornata in cui non ha prestato servizio. La somma da corrispondere corrisponde a quella che avrebbe percepito normalmente, limitandosi alle voci fisse e continuative dello stipendio.

Rimborsi ai datori di lavoro

La legge prevede che i datori di lavoro, che anticipano la retribuzione al dipendente assente per donazione, possano ottenere il rimborso da parte dell’INPS. Questa possibilità è stata confermata e strutturata da varie disposizioni normative nel tempo, fino al decreto-legge n. 663 del 1979, che ha trasferito in via definitiva all’INPS l’onere del rimborso per i datori del settore privato.

L’operazione di rimborso può avvenire tramite il meccanismo del conguaglio, ovvero una compensazione tra quanto dovuto all’INPS e quanto già erogato al dipendente. In alternativa, laddove non sia possibile operare il conguaglio, l’azienda può presentare domanda per un rimborso diretto.

E se il lavoratore risulta inidoneo?

Non tutti coloro che si recano a donare riescono effettivamente a farlo. Per i lavoratori giudicati non idonei alla donazione, è prevista comunque la copertura retributiva, ma solo per il tempo strettamente necessario a completare le procedure di verifica. Questa tutela è stata introdotta dalla legge n. 219 del 2005 e regolamentata da un decreto interministeriale del 2015.

In questi casi, il calcolo della retribuzione da corrispondere tiene conto non solo del tempo trascorso all’interno del centro trasfusionale, ma anche del tragitto percorso per raggiungerlo e tornare al luogo di lavoro.

Come si determina la somma da rimborsare

La retribuzione da rimborsare va determinata in base alla retribuzione teorica del mese in cui è stato fruito il permesso. Per i lavoratori pagati su base mensile, l’importo giornaliero si ottiene dividendo la retribuzione per 26. Per i casi di inidoneità, si effettua un ulteriore calcolo orario. Per alcune categorie, come gli operai agricoli, si fa riferimento al flusso Uniemens-PosAgri e si utilizza come parametro standard la giornata di lavoro di 6,5 ore prevista dal contratto nazionale.

Tempistiche e documentazione

Il datore di lavoro deve richiedere il rimborso entro il mese successivo alla donazione o alla dichiarazione di inidoneità. È fondamentale conservare per dieci anni i documenti giustificativi, che comprendono certificati medici e dichiarazioni del donatore, con l’indicazione precisa dell’ente sanitario o dell’associazione presso cui è avvenuta la donazione.

I requisiti minimi per il rimborso

Affinché sorga il diritto al rimborso, la donazione deve raggiungere almeno i 250 grammi di sangue. Questo requisito deve essere attestato dal medico che ha effettuato il prelievo, il quale è tenuto anche a indicare il codice fiscale della struttura sanitaria di riferimento.

Permessi per donazione sangue: le indicazioni dell’INPS

Qui il testo completo della circolare.