Una recente sentenza della Corte dei Conti, analizzata dall’Avvocato Maurizio Lucca, fornisce alcune utili indicazioni in merito all’affidamento di un incarico ad un legale, nello specifico un ex dipendente. Scopriamone di più.


La sez. controllo della Corte dei conti per la Regione Sicilia, con parere n. 178 del 23 giugno 2025, nel confermare un orientamento sul lavoro svolto dal personale in quiescenza, che esclude il pagamento delle prestazioni svolte, in assonanza con il dato normativo (divieto di incarichi di studio e consulenza o direttivi), segnala una linea interpretativa, la quale ammette il pagamento delle prestazioni non escluse dalla legge, nel senso di non essere ricomprese nel non permesso: piena legittimità del pagamento della prestazione legale esercitata in via professionale dall’ex dipendente, un compito assolto prima della cessazione del rapporto.

Quesito

Un Comune si rivolge alla sez. per un parere in tema di incarichi al personale in quiescenza, con particolare riferimento alla possibilità di conferire al precedente responsabile del servizio autonomo legale, in quiescenza ed oggi iscritto al libero foro, un incarico retribuito.

La fonte

La fonte di riferimento si rinviene nell’art. 5, comma 9, del D.L. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/2012, il quale sancisce che:

«è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2011… di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all’ articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 , convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 .

Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a due anni, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall’organo competente dell’amministrazione interessata».

Il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, in attuazione alla disciplina, ha emanato la circolare del 4 dicembre 2014, n. 6, che specifica chiaramente che «gli incarichi vietati… sono solo quelli espressamente contemplati: incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati. Un’interpretazione estensiva dei divieti in esame potrebbe determinare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale».

La norma di stretta interpretazione, dunque, mira da una parte, al contenimento della spesa pubblica, dall’altra parte, all’esigenza di favorire il ricambio generazionale e a contenere i fenomeni corruttivi all’interno delle Amministrazioni pubbliche; mentre sotto altro profilo si deve verificare nel concreto il contenuto dell’incarico, evitando facili elusioni.

Ne consegue che la disciplina dei divieti e della gratuità si applica esclusivamente al personale posto in quiescenza, ovvero, si trova già collocato a riposo [1].

Merito

Dal quadro normativo e dalla prassi interpretativa, la Corte giunge alla conclusione che le attività consentite, si ricavano a contrario, dovendosi le situazioni diverse da quelle sopraelencate non essere ricomprese nel divieto di legge [2].

Una logica di quantistica razionalità, che non esigerebbe ulteriori esitazioni nel richiedere chiarimenti: in claris non fit interpretatio.

L’inevitabile conclusione porta a ritenere che, una volta verificata l’effettiva prestazione, ossia l’assenza dal perimetro dell’attività di studio o consulenza, escludendo gli incarichi di struttura apicale, l’affidamento potrà essere legittimamente sottoscritto, appurato che il contenuto negoziale non risulta riconducibile in una delle ipotesi previste dal legislatore, stante la tassatività delle fattispecie vietate: le attività senza divieti per il personale collocato in quiescenza si ricavano a contrario, dovendosi le situazioni diverse da quelle sopraelencate non essere ricomprese nel divieto di legge (sic) [3].

La risposta, sottende la piena facoltà del Comune di incaricare – per la tutela legale in un contenzioso – un ex dipendente, senza una particolare istruttoria rispetto a qualsiasi altro incarico legale [4], avendo cura di esplicitare il contenuto del rapporto (al fine di scongiurare ogni potenziale violazione di legge), escludendo la consulenza legale se non associata ad una fase precontenziosa, ovvero l’affidamento (retribuito) di un servizio apicale (dirigenziale/direttivo) all’interno dell’ente (quello legale).

Osservazioni sottese

Il parere si allinea con i precedenti. Tuttavia, non si può non innervare alcune riflessioni, di contesto e temporali, di una norma che si è innestata nell’ordinamento con finalità di contenimento della spesa pubblica (per rispettare i parametri stabiliti dai trattati europei), poi affiancata (ammantata) dell’iconoclastica volontà di un ricambio dei vertici dirigenziali, per poi consentire delle circostanziate aperture (mediante orientamenti e pareri).

In tutto questo, abbiamo assistito (anche) ad un proliferare di divieti di attribuzione di compensi per attività dirigenziali, quella rogatoria per i Segretari comunali in presenza di dirigenti, salvo deroga in assenza della dirigenza nel Comune, vietando, altresì, l’erogazione degli incentivi tecnici ai dirigenti, per poi – con il PNRR e i recenti correttivi – (ri)espandere il diritto al compenso a tutta la dirigenza (in evidente contraddizione con le altre, quelle dell’ufficiale rogante, prestazioni che rimangono gratuite: una disparità di trattamento).

Non mancano, ancora, altri divieti, quelli di retribuire i cda ricoperti da amministratori/dipententi pubblici, per poi – a forza di sentenze o commi normativi – abrogare parti del d.lgs. n. 39/2013 sulle inconferibilità, assistendo alla fuga da incarichi (obbligatori) con responsabilità estese e solo con meri rimborsi spese, peraltro contingentati.

Il sistema congegnato con tali approcci extra (imposti dall’alto senza una reale esigenza) in nome della stabilità tra deficit e debito pubblico, perdendo di vista la funzione “elettiva” del lavoro e dell’economia, pensando di ridurre gli sprechi e la corruzione con norme “bandiera” (bianca, senza insegne), che a distanza di tempo non hanno impedito sprechi e corruzione, se non celebrando un’infinità di inutili performance e lista d’attesa, con aumenti incontrollati dei costi e delle tariffe dei servizi pubblici e una connessa deresponsabilizzazione (dovuta al rispetto dei protocolli, meglio se emergenziali).

Osservazioni apparentemente inconsistenti (forse). Ma che dire (allora) della decisione dei capi di stato e di governo dei membri Nato di concordare l’impegno – per i prossimi anni – del 5% del PIL per la difesa (e le armi) pagate a costi esorbitanti e senza controlli (grazie alle lobby), ma conteniamo i limiti (alias divieti) di spesa per chi lavora (gratis), riducendo (allo stesso tempo) i salari per rilanciare lo sviluppo del Paese, ammettendo poi (dai c.d. esperti) gli errori di prospettiva sulla competitività, minando lo stato sociale: vox clamantis in deserto.

Note

[1] Il principio di gratuità degli incarichi, previsto dall’articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012, deve essere inteso nel senso che lo stesso deve trovare applicazione nel solo caso di attribuzione dell’incarico a soggetto pensionato, e non anche nel caso in cui tale status intervenga in corso di contratto, Corte conti, sez. contr. Lombardia, delibera 23 giugno 2025, n. 147.

[2] Corte conti, sez. contr. Lombardia, deliberazione n. 126/2022/PAR; sez. contr. Lazio, deliberazione n.80/2024 /PAR.

[3] Vedi, LUCCA, Incarichi al personale in quiescenza di affiancamento ai neo assunti: come funzionano?, lentepubblica.it, 5 marzo 2025, dove si evidenziava che, valutata la tassatività delle fattispecie vietate, e, con un ragionamento a contrario, si può facilmente giungere alla statuizione che in presenza di situazione diverse (altre tipologie, quali ad esempio incarichi di docenza, commissione concorso) l’incarico sia consentito, avendo cura di analizzare – caso per caso – l’oggetto negoziale (il contenuto dell’obbligazione), a prescindere dal nomen juris utilizzato.

[4] Si rinvia, LUCCA, Incarichi di consulenza e di servizi legali. Guida completa alle procedure, Santarcangelo di Romagna, 2020.