L’Intelligenza Artificiale fa il suo ingresso ufficiale nella macchina amministrativa italiana: a testimoniarlo è il primo censimento condotto dall’AgID nella PA
La prima indagine sistematica condotta dall’Agenzia per l’Italia Digitale ha tracciato una mappa dei progetti IA in corso presso le amministrazioni centrali e i principali gestori di servizi pubblici nazionali. Lo studio, parte integrante del Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 2024-2026, offre un’istantanea utile per capire come l’IA stia trasformando la pubblica amministrazione, con quali strumenti, su quali fronti e con quali criticità.
Un universo in evoluzione: 120 progetti censiti
L’indagine ha coinvolto 108 enti pubblici su 142 invitati a partecipare, registrando un’adesione del 76%. Di questi, 45 hanno dichiarato di aver avviato iniziative legate all’intelligenza artificiale. Complessivamente, sono stati individuati 120 progetti in corso, suddivisi tra ambiti sociali (50) e altri settori (70). Molti di questi si trovano ancora in fase esplorativa, ma offrono già spunti significativi per comprendere direzione e dinamiche dello sviluppo tecnologico nel settore pubblico.
Le finalità dell’IA nella PA: efficienza, dati e servizi
La maggior parte dei progetti punta a migliorare l’organizzazione interna: il 42% mira a snellire i processi amministrativi, il 24% si concentra sull’ottimizzazione della gestione dei dati, mentre il 18% intende rendere più accessibili ed efficaci i servizi rivolti ai cittadini e alle imprese. Nonostante la prevalenza di iniziative a livello nazionale, non mancano progetti con una dimensione internazionale.
In termini di tecnologie impiegate, si segnalano l’ampio utilizzo del machine learning tradizionale e la crescente diffusione di strumenti di IA generativa, soprattutto per l’elaborazione del linguaggio naturale. Più della metà dei progetti prevede l’uso di chatbot e assistenti virtuali, a conferma di un trend orientato all’automazione del dialogo con l’utenza.
Le fragilità: dati poco curati e obiettivi vaghi
Se da un lato la PA mostra segnali incoraggianti di apertura all’innovazione, dall’altro emergono lacune strutturali che rischiano di limitare l’impatto delle tecnologie adottate. Un dato allarmante riguarda la qualità dei dati utilizzati per l’addestramento degli algoritmi: la maggior parte dei dataset proviene da archivi interni e include talvolta informazioni personali o sintetiche, ma scarseggiano controlli sulla loro accuratezza e affidabilità.
A questo si aggiunge un problema di visione strategica. Solo il 20% dei progetti dispone di indicatori di performance (KPI) ben definiti. Senza metriche chiare, risulta difficile valutare l’efficacia delle soluzioni implementate, misurare i benefici per cittadini e imprese, e soprattutto garantire la scalabilità delle iniziative. Il rischio è che molti progetti restino sperimentazioni isolate, incapaci di produrre cambiamenti sistemici.
Competenze e procurement: dipendenza da fornitori esterni
La mancanza di figure professionali adeguatamente formate rappresenta un altro ostacolo significativo. Le competenze specialistiche in ambito IA sono spesso affidate a consulenti esterni, con un conseguente limite nell’autonomia gestionale delle amministrazioni. Per quanto riguarda gli strumenti di acquisizione delle tecnologie, prevalgono gli Accordi Quadro e le convenzioni Consip, modalità che però necessitano di maggiore flessibilità per accompagnare l’innovazione.
Verso un’IA pubblica più sostenibile e partecipata
L’indagine AgID ha anche delineato una serie di raccomandazioni per rendere l’adozione dell’IA più efficace e responsabile. Tra le priorità: integrare le soluzioni nei sistemi informativi esistenti, elevare la qualità e la governance dei dati, innovare le procedure di acquisto pubblico e definire obiettivi chiari fin dalla fase di progettazione. Viene inoltre suggerito di adottare approcci di open innovation, coinvolgendo trasversalmente tutte le strutture interne e favorendo il dialogo con gli utenti finali.
Una sfida crescente è quella legata alla sostenibilità ambientale. L’addestramento dei modelli di IA comporta un notevole dispendio energetico, e solo una parte delle amministrazioni mostra una consapevolezza adeguata rispetto all’impatto ecologico. L’adozione di tecnologie a basso impatto ambientale e l’integrazione di valutazioni green già in fase progettuale sono passaggi cruciali per uno sviluppo equilibrato.
Un quadro normativo in evoluzione
Sul fronte regolamentare, la quasi totalità dei progetti censiti rispetta le attuali disposizioni europee, in particolare quanto previsto dal nascente AI Act. Nessuna delle iniziative analizzate ricade nelle categorie a rischio elevato o nelle applicazioni vietate, garantendo così il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone.
Il quadro emerso dalla prima rilevazione ufficiale dell’AgID racconta una Pubblica Amministrazione in fase di transizione. L’adozione dell’intelligenza artificiale procede, ma serve una visione più organica, basata su competenze consolidate, dati di qualità e strategie di lungo periodo. Solo così sarà possibile trasformare i progetti in valore pubblico, rendendo la tecnologia uno strumento efficace di innovazione e miglioramento per tutti.