Nonostante alcuni progressi, in Europa persistono forme sistemiche di discriminazione che minano l’uguaglianza e i diritti fondamentali: principali vulnus restano profilazione etnica, segregazione scolastica e transfobia.
È quanto emerge dal rapporto annuale 2024 della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI), organo del Consiglio d’Europa che vigila sul rispetto dei diritti umani. Il documento individua quattro priorità urgenti: contrastare la profilazione razziale da parte delle forze dell’ordine, porre fine alla separazione scolastica degli alunni rom, garantire dignità e pari diritti alle persone transgender e intersessuali, e rafforzare il ruolo degli enti nazionali per la promozione dell’uguaglianza.
Secondo il segretario generale del Consiglio d’Europa, Alain Berset, il lavoro dell’ECRI è fondamentale per l’attuazione del “Nuovo patto democratico per l’Europa”, un progetto che punta a rafforzare i principi democratici nel continente. “Razzismo e intolleranza rappresentano una minaccia diretta ai valori su cui si fondano le nostre democrazie. Per affrontare queste sfide, è essenziale che gli Stati riaffermino l’impegno a costruire società inclusive e rispettose delle differenze”, ha affermato Berset.
Sulla stessa linea, il presidente dell’ECRI Bertil Cottier ha sottolineato l’urgenza di intervenire su fronti critici, pur riconoscendo alcuni segnali incoraggianti in diverse aree d’Europa. “È fondamentale prevenire la diffusione della profilazione etnica nelle attività delle forze di polizia, non solo per tutelare i diritti individuali, ma anche per preservare la fiducia della cittadinanza nelle istituzioni,” ha spiegato Cottier. “Serve un’azione decisa contro la segregazione scolastica dei bambini rom, una pratica che perpetua disuguaglianze intergenerazionali. Ugualmente importante è tutelare i diritti delle persone transgender e intersessuali, spesso bersaglio di odio e marginalizzazione. Infine, è necessario rafforzare l’autonomia e le competenze delle autorità nazionali impegnate a promuovere pari opportunità.”
Profilazione etnica, segregazione scolastica e transfobia: sfide aperte per l’Europa
Il rapporto evidenzia che in molti paesi europei continuano a verificarsi controlli di polizia motivati da caratteristiche etniche, religiose o di cittadinanza, in assenza di indizi concreti. Queste pratiche, spesso concentrate in aree specifiche o adottate in nome della sicurezza nazionale, rischiano di trasformarsi in forme istituzionalizzate di discriminazione.
Particolarmente preoccupante, secondo l’ECRI, è la situazione degli alunni rom, frequentemente confinati in scuole o classi separate. Questa divisione, legata in parte alla distribuzione abitativa ma anche a decisioni consapevoli da parte delle autorità scolastiche, compromette l’accesso a un’istruzione di qualità e alimenta dinamiche di esclusione sociale.
Un altro allarme riguarda l’aumento dei discorsi ostili nei confronti delle persone transgender, in particolare durante le campagne politiche. Spesso, le narrazioni ostili fanno leva su concetti fuorvianti come la “protezione dei minori dall’ideologia di genere”. Le persone intersessuali, invece, continuano a restare invisibili nel dibattito pubblico, pur affrontando problematiche sanitarie e psicologiche significative.
Sebbene nel maggio 2024 sia entrata in vigore una normativa vincolante dell’Unione europea per rafforzare gli organismi per l’uguaglianza, l’ECRI denuncia che in molti Paesi tali enti sono ancora privi di fondi sufficienti, autonomia effettiva e poteri adeguati, in particolare nell’ambito dell’assistenza legale e della possibilità di agire in giudizio.
Nonostante queste carenze, gli enti per l’uguaglianza restano punti di riferimento cruciali nella lotta contro la discriminazione. Offrono supporto diretto alle vittime e forniscono consulenze preziose, anche su sfide emergenti come l’impatto delle tecnologie digitali, inclusa l’intelligenza artificiale, sulla parità di trattamento.
Il messaggio dell’ECRI è chiaro: solo con un impegno politico concreto e risorse adeguate sarà possibile costruire un’Europa davvero inclusiva, in cui nessuno sia lasciato indietro.