Poche ore dopo essere stato eletto presidente della Corea del Sud, Lee Jae-myung ha giurato di “unire il popolo” nel suo discorso inaugurale. Una promessa che arriva in un momento delicato, segnato da profonde divisioni interne e forti pressioni internazionali.


Lee Jae-myung, 61 anni, ha conquistato la presidenza con il 49,4% dei voti in un’elezione anticipata, sconfiggendo l’avversario Kim Moon-soo, esponente dello stesso partito dell’ex presidente Yoon Suk Yeol, destituito in seguito al controverso tentativo di instaurare la legge marziale. L’impeachment di Yoon ha scatenato mesi di caos politico, portando il Paese sull’orlo di una crisi istituzionale.

Con un passato segnato dalla povertà e dalle difficoltà personali — da giovane operaio con una disabilità a sopravvissuto a un tentativo di suicidio e a un’aggressione con arma da taglio — Lee ha scalato i vertici della politica, diventando una figura polarizzante. Le sue vicende giudiziarie e le accuse pendenti non hanno però impedito la sua ascesa alla massima carica dello Stato.

Lee Jae-myung è il nuovo presidente della Corea del Sud: l’intervento inaugurale

Durante il suo intervento inaugurale, il nuovo presidente ha messo in guardia contro i rischi che derivano dal mutamento dell’ordine economico globale. “I rapidi cambiamenti in atto, come l’aumento del protezionismo e la ristrutturazione delle catene di approvvigionamento, minacciano la nostra stessa sopravvivenza,” ha affermato, con un chiaro riferimento alle turbolenze commerciali internazionali alimentate dalle politiche tariffarie dell’amministrazione Trump.

Lee ha inoltre ribadito l’intenzione di rafforzare la cooperazione strategica con Stati Uniti e Giappone, sottolineando l’importanza di una solida alleanza trilaterale. A rafforzare il messaggio, il segretario di Stato americano Marco Rubio ha definito il legame tra Washington e Seul “ferreo”.

Qui di seguito il video del suo discorso (in lingua inglese).

Reazioni contrastanti nel mondo

Tuttavia, la vittoria di Lee ha suscitato reazioni contrastanti oltreconfine. La Casa Bianca, pur riconoscendo il carattere regolare e democratico della consultazione elettorale, ha espresso preoccupazione per presunte interferenze cinesi. “Gli Stati Uniti restano contrari a qualsiasi influenza straniera nei processi democratici, inclusa quella della Cina,” ha dichiarato un funzionario americano in risposta a una richiesta dell’agenzia Reuters, senza però collegare esplicitamente tali timori al voto sudcoreano.

La dichiarazione ha sollevato malumori a Seul, dove alcuni esponenti politici hanno interpretato il commento come una critica indiretta al nuovo presidente, che ha più volte ribadito la necessità di mantenere un equilibrio diplomatico tra Washington e Pechino. Proprio questo approccio ha attirato l’attenzione e le critiche della destra statunitense: Laura Loomer, attivista di estrema destra vicina all’ex presidente Trump, ha commentato sui social con toni allarmistici, parlando di una presunta “presa del potere da parte dei comunisti” in Corea del Sud.

In patria, la figura di Lee continua a dividere l’opinione pubblica. I suoi sostenitori lo descrivono come un leader pragmatico, capace di affrontare le disuguaglianze sociali e la corruzione. I detrattori, al contrario, temono che possa esercitare il potere in modo autoritario e acuire ulteriormente le fratture interne al Paese.

La sfida che lo attende non è semplice: rilanciare la stabilità politica, affrontare le incertezze economiche globali e navigare tra gli equilibri instabili delle relazioni internazionali. Ma una cosa è certa: il mandato di Lee Jae-myung si apre sotto i riflettori del mondo.