Alain Berset, ex presidente della Confederazione svizzera e attuale segretario generale del Consiglio d’Europa, difende la Corte europea dei diritti dell’uomo dall’attacco di 9 nazioni comunitarie, tra le quali troviamo (purtroppo) l’Italia.
In risposta all’iniziativa lanciata il 22 maggio da Italia e Danimarca, sostenuta da altri sette Paesi europei — Austria, Belgio, Cechia, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia — Alain Berset, ex presidente della Confederazione svizzera, ha preso posizione a favore della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), evidenziando il ruolo cruciale che l’istituzione riveste nella tutela delle libertà fondamentali.
“Le democrazie — ha affermato il segretario della CEDU — devono restare ricettive alla discussione, purché avvenga attraverso i canali istituzionali previsti. Serve però la massima chiarezza: la Corte non è un’entità estranea ai nostri ordinamenti. È stata creata dagli stessi Stati che oggi ne mettono in discussione l’operato”.
La Corte europea dei diritti dell’uomo è sotto attacco: 9 stati europei, tra cui l’Italia, in prima linea all’offensiva
I firmatari della lettera congiunta hanno invocato l’avvio di un “nuovo dialogo trasparente” con la Corte di Strasburgo, esprimendo preoccupazione per il modo in cui vengono interpretati e applicati alcuni articoli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in particolare nei casi che riguardano la gestione dei flussi migratori. Secondo i promotori dell’iniziativa, alcune sentenze emesse dalla Corte interferirebbero con le prerogative sovrane degli Stati nel definire le proprie politiche di frontiera e di asilo.
Il documento solleva quindi un nodo centrale per l’Europa di oggi: fino a che punto può spingersi un tribunale sovranazionale nel vincolare le decisioni politiche degli Stati membri? E quale margine di autonomia conservano i governi nazionali nel garantire sicurezza e ordine pubblico, pur rispettando gli obblighi internazionali in materia di diritti umani?
La lettera ha acceso i riflettori su un equilibrio delicato, quello tra il rispetto delle norme condivise a livello europeo e la rivendicazione di una maggiore flessibilità nell’interpretazione dei diritti fondamentali, in un contesto segnato da crisi migratorie ricorrenti e crescenti pressioni sociali interne. In altre parole, l’iniziativa spinge a ridefinire i confini tra la sovranità giuridica degli Stati e l’autorità della Corte di Strasburgo, un tema che da anni alimenta tensioni tra diritto nazionale e diritto convenzionale.
Berset, pur riconoscendo che il confronto su questi temi è legittimo e necessario all’interno di un sistema democratico, mette in guardia contro il pericolo di una deriva politicizzata.
“Il rischio — ha osservato — è che un confronto tecnico e giuridico si trasformi in una sfida all’indipendenza dell’autorità giudiziaria europea. La posta in gioco non è solo l’equilibrio tra poteri, ma la credibilità stessa delle istituzioni che garantiscono i diritti fondamentali”.
La difesa di Alain Berset dopo gli attacchi alla CEDU
La Corte, ha ricordato Berset, rappresenta il braccio giuridico del Consiglio d’Europa, nata da un impegno volontario e condiviso da 46 Paesi che hanno scelto di aderire alla Convenzione. La sua funzione è quella di garantire l’applicazione coerente dei diritti sanciti dal trattato e di difendere i principi dello Stato di diritto.
Secondo l’ex presidente svizzero, l’indipendenza e l’imparzialità della Corte costituiscono il perno del sistema giuridico europeo. “Aprire un confronto è utile — ha dichiarato — ma trasformare la Corte in un campo di battaglia politica sarebbe estremamente dannoso. Le istituzioni che vigilano sui diritti umani non devono subire pressioni da parte dei governi né diventare strumenti di contesa”.
Nel ricordare che quest’anno la Convenzione celebra 75 anni dalla sua adozione, Berset ha sottolineato come la Corte abbia agito da bussola morale e giuridica durante fasi storiche delicate, comprese crisi istituzionali e conflitti armati. “Ha accompagnato gli Stati nel rafforzare la giustizia e la libertà, fornendo un punto di riferimento stabile anche nei momenti più turbolenti”, ha aggiunto.
In particolare, Berset ha evidenziato il ruolo insostituibile della Corte nella guerra d’aggressione russa contro l’Ucraina. “È l’unica giurisdizione internazionale che si sta esprimendo sulle violazioni dei diritti umani in questo contesto. Metterne in discussione la legittimità sarebbe un grave errore”.
Concludendo il suo intervento, Berset ha lanciato un appello a non indebolire lo strumento giuridico che da decenni rappresenta un pilastro dell’identità democratica europea: “Il nostro compito non è smantellare la Convenzione, ma mantenerla solida e attuale. Solo così potremo continuare a garantire l’equilibrio tra libertà individuali e sicurezza collettiva. Questa è l’eredità che ci è stata affidata. E questa è la responsabilità che dobbiamo assumerci insieme”.