L’ex presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, è stato arrestato all’aeroporto di Manila: le accuse sono pesanti e riguardano crimini contro l’umanità.
Rodrigo Roa Duterte è stato il 16º Presidente della Repubblica delle Filippine dal 30 giugno 2016 al 30 giugno 2022. Descritto come rappresentante di un populismo autoritario, sin dalla sua elezione Duterte ha avviato una cosiddetta “guerra alla droga” a livello nazionale, che ha portato ad un aumento delle uccisioni extragiudiziarie nell’arcipelago, mentre sul fronte estero ha perseguito una politica più indipendente dagli Stati Uniti d’America e aperto ad altre potenze mondiali quali Cina e Russia.
E al centro delle indagini sarebbe proprio la sua spregiudicata lotta ai narcotrafficanti.
Arrestato l’ex presidente delle Filippine Rodrigo Duterte: crimini contro l’umanità
L’ex presidente delle Filippine è stato arrestato all’aeroporto di Manila, in seguito a un mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI). L’accusa riguarda crimini contro l’umanità legati alla sua celebre “guerra alla droga“, una campagna che ha scatenato intense polemiche e preoccupazioni internazionali. Secondo la CPI, Duterte sarebbe responsabile di violazioni gravi dei diritti umani durante il suo mandato, in particolare per il ricorso a metodi violenti e a esecuzioni extragiudiziarie.
La “guerra alla droga” lanciata da Duterte è stata una delle politiche più discusse e controverse del suo governo. Sin dal suo insediamento nel 2016, il presidente ha dichiarato guerra ai narcotrafficanti e agli utenti di droghe, promettendo di ridurre drasticamente il problema in tempi brevi. Tuttavia, questa campagna ha preso una piega violenta, con migliaia di persone uccise in circostanze sospette e spesso senza un processo legale.
Il governo ha giustificato questi omicidi, attribuendoli principalmente a “giustizieri” legati ai cartelli della droga, che avrebbero preso la giustizia nelle proprie mani, senza l’intervento delle forze dell’ordine. Si stima che oltre 1.000 persone siano state uccise in un arco di tempo relativamente breve, con vittime spesso apparse come soggetti a esecuzioni sommarie, senza alcun tipo di giudizio legale. Molti sono stati uccisi durante raid improvvisi, con polizia e gruppi paramilitari accusati di agire senza rispetto per le norme internazionali e senza alcun processo legale.
Questi omicidi extragiudiziali hanno attirato severe critiche dalla comunità internazionale. Le Nazioni Unite hanno condannato fermamente la violazione dei diritti umani, evidenziando come le violenze fossero una chiara violazione delle leggi internazionali. Non solo le organizzazioni umanitarie, ma anche governi di altri paesi hanno espresso preoccupazione per l’assenza di accountability nelle forze di polizia e nei gruppi paramilitari coinvolti.
La difesadi Duterte alle accuse
Nonostante le numerose critiche e la crescente pressione internazionale, Duterte ha continuato a difendere la sua politica, sostenendo che fosse una misura necessaria per il bene della sicurezza nazionale e della salute pubblica. La polizia, pur riconoscendo alcune anomalie, ha continuato a sostenere la campagna, spesso descrivendola come un’azione vitale per proteggere il paese dal narcotraffico e dalla violenza legata alle droghe.
Nel suo arresto, Duterte ha reagito con una dichiarazione pubblica, postata sulla pagina Instagram di sua figlia Veronica, nella quale ha messo in dubbio le motivazioni legali dietro la sua detenzione. “Quale legge avrei violato, quale crimine avrei commesso? Sono stato privato della libertà senza alcuna giustificazione”, ha dichiarato l’ex presidente.
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Duterte, 79 anni, stava rientrando a Manila da un breve viaggio a Hong Kong, dove, pochi giorni prima, aveva tenuto un discorso davanti a migliaia di lavoratori filippini. In quella occasione, aveva ribadito la sua posizione contro l’inchiesta della CPI, accusandola di interferire negli affari interni del paese.
Tra le altre sue decisioni controverse si ricorda anche il contrasto con le politiche del suo predecessore, Benigno Aquino, è stato evidente fin dall’inizio del mandato di Duterte. Uno dei momenti più controversi della sua presidenza avvenne nel 2016, quando autorizzò la sepoltura dell’ex dittatore Ferdinand Marcos nel cimitero nazionale degli eroi, suscitando forti proteste da parte dei gruppi di sinistra. Duterte giustificò la decisione, affermando che Marcos, in qualità di ex presidente e veterano di guerra, meritasse tale onore.
Le Filippine nel caos
La reazione delle istituzioni internazionali non è tardata ad arrivare. L’organizzazione Human Rights Watch ha esortato il presidente attuale, Ferdinand Marcos Jr., a consegnare Duterte alla Corte Penale Internazionale, sottolineando la necessità per le Filippine di affrontare il passato turbolento della presidenza Duterte.
In politica interna, l’alleanza tra Duterte e la famiglia Marcos, che aveva visto la figlia di Duterte, Sara, candidarsi alla vicepresidenza, è recentemente venuta meno. Non solo la coalizione si è disgregata, ma ora Duterte si trova anche al centro di una procedura di impeachment, che complica ulteriormente il panorama politico filippino.