Il presente studio va contestualizzato in un ambito di finanza pubblica attualmente caratterizzato, nel nostro Paese, da una congiuntura economica sfavorevole e da provvedimenti di riduzione della spesa pubblica che hanno interessato anche il comparto degli enti locali. Da qui l’utilità di ipotizzare processi di razionalizzazione della spesa che possano liberare risorse a vantaggio delle collettività locali, anche attraverso l’incentivazione dei processi di accorpamento e di fusione tra i comuni appartenenti alle più ridotte fasce demografiche, proprio al fine di superare l’inadeguatezza dimensionale di tali enti.

La legge di stabilità per l’anno 2015, al fine di promuovere la razionalizzazione e il contenimento della spesa degli enti locali attraverso processi di aggregazione e di gestione associata, ha introdotto ulteriori misure volte a favorire i processi di unione e fusione di comuni.

Nel dettaglio, per i comuni istituiti a seguito di fusione, che abbiano un rapporto tra spesa di personale e spesa corrente inferiore al 30 per cento, fermi restando i limiti previsti dalla legislazione vigente e la salvaguardia degli equilibri di bilancio, non si applicano, nei primi cinque anni dalla fusione, i vincoli e le limitazioni relativi alle facoltà assunzionali e ai rapporti di lavoro a tempo determinato.

Ai suddetti enti spetta, per un periodo di dieci anni, un contributo straordinario pari al 20 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti ai medesimi enti per l’anno 2010. Tale contributo viene erogato entro il limite degli stanziamenti finanziari previsti ed in misura non superiore, per ciascuna fusione, a 1,5 milioni di euro. L’ ampliamento del numero di enti facenti parte di un comune costituito mediante fusione comporta la rideterminazione del contributo straordinario originariamente attribuito.

Sebbene dal processo di fusione ipotizzato potrebbe derivare, ovviamente nel tempo, un minor gettito delle entrate in conseguenza dei minori valori medi pro capite registrati per i comuni appartenenti alle fasce demografiche quinta e sesta, il dato può essere letto come indubbio vantaggio per le collettività locali, in termini di minore pressione fiscale esercitata o, in alternativa, qualora si scegliesse di mantenere inalterata la pressione fiscale esercitata sulle collettività locali, di maggiori risorse da destinare all’incremento della qualità dei servizi offerti.

Il processo di accorpamento teorizzato tra enti di piccola dimensione, non intende costituire la soluzione alle molteplici problematiche che investono le autonomie locali. Vuole tuttavia offrire spunti di riflessione ed elementi concreti riguardo ad una delle possibili vie, certamente non l’unica, da percorrere al fine di contribuire ad ottimizzare la gestione dei comuni e contribuire alle esigenze di finanza pubblica.

Sarà utile, comunque, cercare soluzioni che possano convincere le comunità locali a superare le logiche “di campanile” ed a comprendere l’ineludibilità di tali misure, specialmente in considerazione dei vantaggi in termini di efficienza dei servizi e di minore pressione fiscale che ne deriverebbero a favore delle stesse.

 

 

 

Consulta il documento completo: Vantaggi-delle-fusioni_2015

 

 

 

FONTE: Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Direzione Centrale della Finanza Locale

 

 

 

 

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