Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha annullato la circolare del Ministero dell’Interno che imponeva alle strutture ricettive l’identificazione obbligatoria degli ospiti.
Secondo i giudici, la misura risulta non solo in contrasto con la normativa vigente, ma anche priva di una motivazione concreta e documentata.
Lo scontro normativo: la circolare vs. la riforma del 2011
La disposizione contestata reintrodurrebbe un obbligo superato dalla riforma del 2011 dell’articolo 109 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS). Tale modifica, volta a semplificare le procedure amministrative, aveva eliminato la necessità di una verifica in presenza dell’identità degli alloggiati, affidando ai gestori il solo compito di acquisire i dati anagrafici tramite documento e inviarli alle Questure tramite il portale “Alloggiati Web”.
Motivazioni del TAR: misura sproporzionata e non giustificata
Nella sentenza, il TAR rileva diverse criticità:
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Contrasto con la normativa vigente: la circolare impone un obbligo abrogato da oltre un decennio, ripristinando un onere amministrativo senza considerare le modifiche legislative in vigore.
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Inefficacia della misura: la verifica “de visu” dell’identità non è in grado di prevenire realmente l’utilizzo improprio dell’alloggio, poiché non impedisce a un ospite identificato di consegnare le chiavi a terzi non registrati.
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Assenza di dati oggettivi: la decisione del Viminale non è supportata da evidenze statistiche né da analisi comparative. Le giustificazioni addotte – come l’aumento delle locazioni brevi in vista del Giubileo o la situazione internazionale – restano generiche e prive di fondamento documentale.
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Violazione del principio di proporzionalità: non si spiega perché non siano state considerate alternative meno invasive, come l’identificazione da remoto, che avrebbero potuto garantire sicurezza senza aggravare gli oneri per i gestori.
Circolare immediatamente impugnabile
Il TAR ha inoltre rigettato l’eccezione del Ministero secondo cui la circolare non sarebbe stata immediatamente impugnabile. I giudici hanno chiarito che un atto che impone obblighi concreti e diretti ai destinatari è autonomamente lesivo e può essere contestato subito, senza attendere un successivo provvedimento applicativo.
La decisione finale
Alla luce delle argomentazioni esposte, il Tribunale ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento ministeriale. Le amministrazioni soccombenti sono state condannate al pagamento delle spese processuali, per un importo di 2.000 euro, oltre agli oneri accessori.
Implicazioni per il settore turistico
La sentenza rappresenta una vittoria per gli operatori del turismo, che avevano criticato la circolare per i costi e le complicazioni operative che avrebbe comportato. Con questo pronunciamento, viene riaffermato il principio secondo cui la semplificazione amministrativa deve prevalere su misure restrittive prive di fondamento oggettivo.
In conclusione, il TAR ha stabilito che la sicurezza pubblica non può giustificare obblighi sproporzionati e non supportati da dati, riportando al centro dell’azione amministrativa i principi di ragionevolezza, efficacia e rispetto della legge.