Estate e voglia di sole, di svago e anche di apparire diversi: il parrucchiere diventa quindi una figura primaria per il nostro restyling, ma anche lui se fa danni ne deve rispondere con un risarcimento.
Non è inusuale che andando incontro al periodo estivo e alle tanto sospirate vacanze, ognuno di noi senta già aria di vacanza e soprattutto voglia vedere e vedersi in un modo un po’ diverso. Il corpo inizia a scoprirsi e così mostriamo piedi, spesso anche spalle, schiene.
Così ci si vuole fare più belli, per godersi a pieno le giornate e le serate di relax, i nuovi luoghi e i nuovi amici, chissà.
Per molte e sempre più anche per molti, una tappa fissa di inizio estate è quella col parrucchiere al quale si chiede di sistemare i capelli per affrontare al meglio la stagione che ci accingiamo a vivere, togliendo i capelli più rovinati magari e osando colori più intesi, più vibranti, che ‘sappiano’, appunto, già di estate.
Ma cosa succede se il parrucchiere non fa bene il suo dovere, se taglia troppo, se sbaglia il colore e magari invece di ritrovarci con capelli più forti, ci ritroviamo con capelli bruciati e un taglio che davvero non ci sta bene?
Se il parrucchiere fa danni puoi chiedergli un risarcimento
Attenzione perché una prestazione del parrucchiere non conforme può avere anche conseguenze legali, tanto da arrivare a non definirsi solo un errore ma un inadempimento, tale da poterti concedere il diritto ad un risarcimento, ad ottenere la riduzione del prezzo, un aggiustamento gratuito o addirittura sospendere il pagamento del servizio non conforme effettuato.
Se un cliente si rivolge a un parrucchiere per un taglio, una colorazione o trattamento, si instaura quello che viene definito come un contratto d’opera, che si configura ai sensi dell’art. 2222 c.c., non è necessario un contratto scritto poiché la richiesta del trattamento e l’esecuzione del servizio costituiscono di per sé un accordo giuridicamente vincolante. Nel contratto d’opera, così come recita il codice civile, “Il prestatore d’opera si obbliga a compiere un lavoro prevalentemente personale, a favore del cliente, in cambio di un corrispettivo in denaro.”
In una relazione professionale di questo tipo, in capo al parrucchiere non vi è un semplice obbligo di mezzi, ma ha un obbligo di risultato, non basta aver svolto il lavoro con attenzione, poiché è proprio il risultato ad essere oggetto dell’accordo e deve corrispondere a quanto pattuito con il cliente.
Una recente pronuncia della Cassazione
A questo proposito la Cassazione si è pronunciata, affermando che, nel contratto d’opera “Il committente ha diritto al risultato che l’opera promessa intende conseguire, e non al semplice impiego di diligenza professionale”, riconoscendo al cliente il diritto a una riduzione del compenso come recita la sentenza Cass. Civ. n. 5510/2004.
Un altro aspetto assolutamente da non trascurare, riguarda la responsabilità professionale in caso di errore, negligenza o imperizia, così come regolato all’art. 1176 c.c. Molti dei trattamenti effettuati dal parrucchiere, se non eseguiti al meglio, con diligenza professionale e con sostanze di qualità possono far arrivare a contatto con la cute ed i capelli del cliente sostanze chimiche potenzialmente pericolose, o quantomeno irritanti se non usate nel modo corretto, agendo con perizia tecnica ; valutando la compatibilità dei trattamenti con il tipo di capelli e cute, con lo stato in cui si trovano, informando il cliente su eventuali rischi come il rischi di danneggiare i capelli e causarne la fragilizzazione o addirittura la caduta, dare vita ad una colorazione non uniforme e ancora più seriamente a reazioni allergiche, senza parlare ad esempio di trattamenti in gravidanza.
È un preciso obbligo del professionista, dunque, quello di avvisare il cliente, rendendolo edotto su ogni possibile pericolo di danneggiamenti o di alterazioni cromatiche indesiderate, chiarendo in maniera più trasparente possibile quali siano i risultati che realisticamente ci si può attendere dai trattamenti richiesti, poiché è proprio l’omissione di questa informazione a costituire i presupposti per il configurarsi di ‘colpa professionale’, con conseguente obbligo di risarcimento del danno.
I dettagli sulla responsabilità del professionista
Ovviamente, poiché in molti saloni, quelli più alla moda e quelli più famosi, ci sono molti collaboratori, che spesso sono incaricati di seguire le diverse fasi dei trattamenti e dei servizi richiesti, la responsabilità del professionista non si limita alle sole azioni compiute direttamente dal titolare dell’attività, ma come recita l’art. 1228 c.c., il prestatore d’opera risponde anche per il fatto colposo che possano aver cagionati i propri ausiliari, vale a dire i propri dipendenti, apprendisti e collaboratori. Quali sono le azioni che possiamo fare, infine, se riteniamo di aver subito un danno dal professionista al quale ci siamo rivolti?
La giurisprudenza, e le varie sentenze, distinguono tra “errore professionale” e “soggettiva insoddisfazione”. Per comprendere la differenza è utile citare parte della sent. n. 27958/2020 della Cass. Civ. che spiega la questione affermando: “Il cliente può opporre l’eccezione di inadempimento se il risultato ottenuto si discosta in modo apprezzabile dalle pattuizioni”, ma ha escluso il diritto al rimborso in un caso in cui il parrucchiere aveva agito secondo le specifiche richieste e con corretta esecuzione tecnica.” Per semplificare, non basta affermare “il taglio o il colore non mi piacciono”, deve esserci una valutazione oggettiva del risultato rispetto all’accordo contrattuale a monte e agli standard professionali.
Tempi per contestare il servizio
Vi è inoltre, è bene notare, un tempo ragionevole entro il quale contestare il risultato del servizio, portando prove, messaggi, foto, eventuale nota di un dermatologo o di un farmacista, a dimostrazione di aver subito un ‘danno estetico’ vale a dire una lesione del mio aspetto esteriore, che garantisce il mio equilibrio psico-fisico e che può riflettersi anche sull’equilibrio emotivo del soggetto leso, che può dare adito a ripercussioni psicologiche, sociali e, nei casi più gravi, anche lavorative, oltre a portare con se anche un danno morale, derivante dal disagio soggettivo derivante dal danno estetico: l’imbarazzo nei rapporti interpersonali, la perdita di autostima.
In ultima analisi, a situazioni come quelle descritte si applica anche l’art. 1495 c.c. che distingue tra vizi apparenti, cioè visibili subito dopo il trattamento, e vizi occulti che possono cioè emergere nei giorni successivi al trattamento, come una dermatite o un diradamento, in questi casi, la denuncia del vizio deve avvenire entro 8 giorni dalla scoperta, altrimenti si decade dal diritto alla garanzia. Ogni contestazione che richieda effetti concreti, come il rimborso di quanto speso o addirittura il risarcimento del danno che riteniamo di aver subito, deve avvenire per iscritto, mediante raccomandata A/R o PEC con la quale oltre a dettagliare le problematiche riscontrate, è opportuno richiedere una riparazione gratuita, o in alternativa un risarcimento delle spese sostenute e un indennizzo per il danno non patrimoniale.
Si può anche rifiutare il pagamento o chiedere una riduzione
Se invece ci accorgiamo subito di problemi seri dovuti alla prestazione del professionista, che non sia stata eseguita correttamente, il cliente ha diritto di reagire in modo proporzionato, fino a poter rifiutare legittimamente il pagamento in base all’art. 1460 c.c., che recita, testualmente, come “Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuna parte può rifiutare di adempiere se l’altra non adempie contemporaneamente la propria obbligazione.”
Se il danno è parziale, è possibile pretendere invece una riduzione del prezzo proporzionata al danno subito, facendo riferimento all’art. 2237 c.c. che stabilisce come “Il committente può recedere dal contratto, anche se è già iniziato, rimborsando all’esecutore le spese sostenute e pagando la parte di compenso relativa all’attività utile svolta fino a quel momento”.