È davvero spiacevole guardare una vetrina, notare qualcosa che ci piace e non capire quale sia il prezzo: e adesso se questo non è visibile nel modo adeguato può arrivare una sanzione all’esercente.


Molti, infatti, non entrerebbero mai dentro il negozio a chiederlo, altri magari si lascerebbero tentare immaginando un prezzo giusto, col rischio di trovarsi, però, qualche brutta sorpresa una volta giunti in cassa.

È bene sapere, però, che questa situazione, oltre ad essere molto sgradevole, non è legale! Possiamo quindi pretendere la trasparenza dei prezzi ed eventualmente fare azioni o richiedere azioni correttive.

Prezzo non visibile, arriva la sanzione

Se il prezzo non era esposto e rischiamo di fare un acquisto senza essere sicuri di quanto avremmo pagato, possiamo procedere a segnalare l’esercente alla polizia locale e più in generale per prezzi non esposti e comportamenti poco trasparenti di questo tipo, possiamo effettuare una segnalazione anche semplicemente online, al link https://www.agcm.it/servizi/segnala-on-line all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm).

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, istituita con la legge n. 287 del 10 ottobre 1990, recante “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”, può accertare e vietare, di propria iniziativa o su segnalazione dei soggetti interessati, le pratiche commerciali scorrette e le pubblicità ingannevoli e comparative illecite. La sua forma giuridica è quella di una Autorità amministrativa indipendente che svolge la sua attività e prende decisioni in piena autonomia rispetto al potere esecutivo.

La segnalazione si effettua in modalità semplificata, chi decide di segnalare non necessita di particolari formalità, né dell’assistenza di un avvocato. I consumatori che intendono segnalare una pratica commerciale scorretta o una pubblicità ingannevole possono farlo, come abbiamo visto, compilando e inviando on line il modulo cui si accede tramite il link segnala on line, in alternativa si può inviare una segnalazione scritta, meglio se da una pec, alla casella di posta elettronica certificata protocollo.agcm@pec.agcm.it

Il caso giuridico

Rispetto alla necessità di trasparenza e visibilità dei prezzi si è, di recentemente pronunciata anche la Corte di cassazione, intervenendo a chiarire obblighi e doveri del commerciante in proposito con la sentenza n. 14826 depositata a inizio giugno 2025 che ha respinto il ricorso di una nota casa di moda multata proprio per questa mancanza.

Il pronunciamento era arrivato a seguito di una sentenza di primo grado del Giudice di pace di Ferrara che aveva accolta il ricorso contro una multa di oltre mille euro. Nella motivazione del giudice di Pace la constatazione che “la merce esposta era dotata di un cartellino, riportante il prezzo di vendita, seppure posto all’interno del singolo capo”, fatto questo che era stato interpretato come una non lesione del diritto del consumatore ad avere informazioni chiare e trasparenti.

Di tutt’altro tenore, invece la sentenza del Tribunale di Ferrara che ha nettamente ribaltato la decisione e ha accolto l’appello del Comune, in quanto i cartellini del prezzo, seppure attaccati ai capi di abbigliamento, “non erano visibili, con conseguente violazione dell’art. 14 Dlgs 114/1998 secondo cui i prodotti esposti per la vendita devono indicare in modo chiaro e leggibile il prezzo al pubblico”.

Di nuovo un ricorso contro questa decisione da parte della maison di moda, è stata argomentata  sostenendo che il “commerciante sarebbe libero di scegliere il mezzo di comunicazione del prezzo e il posizionamento del cartellino sul capo”; e che nel settore della moda i prezzi non sono “mai stati posti in estrema evidenza”, perché elementi “non rilevanti quali attrattiva del cliente, come invece lo sono la notorietà del marchio, la presentazione del prodotto, la cura del negozio e la professionalità del personale”.

La recente pronuncia della Cassazione

Definitiva la sentenza della Corte di cassazione, con la già citata n. 14826 del 3 giugno 2025, che  respinge il ricorso della nota griffe e convalida il verbale da 1032 € dalla Guardia di finanza elevato perché “i prodotti esposti non indicavano il prezzo di vendita in modo chiaro e leggibile”.

Le motivazioni dei giudici cassazionisti

L’argomentazione della II Sezione civile è piuttosto chiara e ribadisce come il cartellino del prezzo debba essere sempre ben visibile e non possa dunque come avveniva in questo caso, essere “nascosto” nelle pieghe o tasche dei vestiti o riposto all’interno delle borse. Proprio facendo riferimento agli atti processuali e all’accertamento effettuato sul posto, il “cartellino del prezzo era riposto all’interno del prodotto e, per le borse in vendita, era celato al loro interno, chiuso con cerniera”.

Tale stato di fatto contravveniva al Dlgs 114/1998, che ha riformato il settore del commercio, nello specifico il riferimento è all’articolo 14 che prescrive proprio la pubblicità dei prezzi. È obbligatorio che i prodotti indichino in modo chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, seppure “leggibilità” e “visibilità” non sono sinonimi, si legge nelle argomentazioni poste dalla Corte, tuttavia, la prescrizione della “chiara leggibilità” del prezzo riguardo i prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all’ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell’esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, presuppone sempre e comunque anche una “facile visibilità”.

Libertà di scelta al cliente

Ancora di più, facendo riferimento al terzo comma del già citato articolo 14, la vendita “a libero servizio”, che permette al cliente di scegliere e prelevare i prodotti in autonomia, è fatto obbligo per l’esercente l’esposizione del prezzo del prodotto in modo che risulti, oltre che leggibile, «facilmente visibile al pubblico», non in una situazione nella quale il consumatore per conoscere il prezzo del capo, debba cercare il prezzo e magari anche aprire una borsa e «estrarre» il cartellino qui nascosto.

Infine, a completezza delle proprie argomentazioni, la Corte richiama un precedente di vent’anni fa nello specifico il pronunciamento n. 3115/2005, secondo il quale anche nel caso in cui il prezzo sia stato posto sotto l’oggetto, questo è da considerarsi “nascosto”, motivo in più per non considerare accessibile né visibile come avvenuto nel caso in esame, dove il prezzo era addirittura riposto tra le pieghe del capo o chiuso all’interno di una borsa.

Fanno fede, dunque, per le conclusioni della Cassazione, le modalità di posizionamento del cartellino a rilevare e non certamente la tipologia di prodotto esposto, né la marca, né quanto risulti poco chic esporre il costo di un capo di alta moda.