La cerimonia ufficiale di insediamento della nuova prima cittadina di Merano, il sindaco Katharina Zeller, è diventata terreno di scontro politico e mediatico per colpa di una “fascia tricolore”.
Al centro del dibattito: il fugace utilizzo della fascia tricolore da parte della neo-sindaca, seguito dal gesto – immortalato in un video – di deporla su una sedia subito dopo.
L’episodio ha scatenato reazioni contrastanti e acceso la diatriba sul rispetto dei simboli istituzionali in un contesto fortemente autonomista come quello dell’Alto Adige.
La polemica sulla fascia tricolore “rifiutata” dal sinaco di Merano, Katharina Zeller
Zeller, esponente della Südtiroler Volkspartei e avvocato 38enne, ha scelto di indossare il medaglione con lo stemma cittadino, in linea con la tradizione tirolese. Una prassi prevista dalle norme locali, che autorizzano l’uso del collare municipale come segno distintivo nelle cerimonie ufficiali, affiancando la fascia tricolore.
Durante il passaggio di consegne con l’ex sindaco Dario Dal Medico, è stato proprio quest’ultimo a insistere affinché la nuova sindaca indossasse la fascia per una foto istituzionale. Lo scambio di battute tra i due, diventato virale, ha alimentato interpretazioni politiche che Zeller ha prontamente qualificato come mere “strumentalizzazioni”.
La difesa del primo cittadino
“Non mi sono sfilata la fascia per mancare di rispetto al tricolore. Rappresenta l’Italia, la mia patria: in qualità di vicesindaco negli ultimi anni ho sempre indossato il tricolore in ogni occasione ufficiale e così farò anche in futuro – ha puntualizzato Zeller. Mi sono opposta a un gesto provocatorio, teso a presentarmi come una bambina infantile obbligata ad ubbidire a un esperto uomo maturo”.
In una lunga dichiarazione, la prima cittadina ha spiegato che il medaglione con lo stemma comunale è un elemento consolidato nella prassi amministrativa altoatesina, adottato per garantire rappresentatività e inclusività nei contesti istituzionali. Ha inoltre ricordato che già nel 2017 una mozione del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige ha sancito la possibilità di utilizzare il collare come alternativa alla fascia, tranne che nei casi in cui la legge nazionale la renda obbligatoria, come nei casi di esercizio, da parte del sindaco, delle funzioni di ufficiale di stato civile o durante le cerimonie pubbliche.
Nessun supporto alle divisioni etniche
Zeller ha anche respinto le accuse di voler alimentare divisioni etniche:
“Faccio politica per unire e non per dividere: tutti i gruppi linguistici dell’Alto Adige hanno una storia di dolore e di soprusi e da tempo abbiamo girato pagina per vivere insieme. Non sarò mai simbolo e strumento degli estremisti che vivono di rancore, tedeschi o italiani che siano”.
La reazione del centrodestra non si è fatta attendere. Christian Bianchi, commissario provinciale di Fratelli d’Italia, ha parlato di “grave atto nei confronti di tutti gli italiani di Merano” e di “una scena poco degna per una città così importante”. La nuova sindaca preferisce concentrarsi sul lavoro da fare: “Sono già al lavoro, con pieno impegno e senso delle istituzioni, per servire tutti i cittadini e tutte le cittadine della nostra comunità, nel massimo rispetto dei valori repubblicani e dei simboli che ci uniscono”.
Il rispetto dei simboli repubblicani
L’episodio appena descritto solleva interrogativi profondi sul rispetto e sulla portata dei simboli repubblicani e sul valore dell’identità nazionale nei territori a forte vocazione autonomista (come il Trentino-Alto Adige). Pur nel rispetto delle tradizioni locali, il tricolore resta il simbolo unitario per eccellenza, rappresentazione della Repubblica e del legame indivisibile tra le sue diverse componenti geografiche, culturali e linguistiche. Giova citare l’art. 12 della nostra cara e spesso dimenticata Costituzione, che recita “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.”
Deporlo con leggerezza può essere percepito come un gesto divisivo, che rischia di acuire, anziché superare, le fratture storiche tra Nord e Sud del Paese.
In un momento in cui l’Italia (tutta) necessita di coesione e rispetto reciproco, è fondamentale che chi riveste incarichi istituzionali sappia custodire con responsabilità ogni simbolo della nostra unità, evitando gesti che, anche solo simbolicamente, possano incoraggiare narrazioni di distanza o diversità. L’Italia è una sola e ogni suo rappresentante pubblico è tenuto a testimoniarlo con gesti chiari e inequivocabili.