Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, in un video sui social ha annunciato pubblicamente di aver ricevuto un avviso di garanzia per un’ipotesi di corruzione nell’ambito di un’indagine più ampia condotta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro.


A rendere nota la notizia è stato lo stesso governatore attraverso un video diffuso sui propri canali social, in cui ha espresso sorpresa e indignazione per quanto accaduto.

È la prima volta nella mia vita che mi trovo coinvolto in una vicenda del genere”, ha dichiarato Occhiuto, precisando di non conoscere ancora nel dettaglio i fatti contestati. Secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica, l’inchiesta riguarderebbe più soggetti e l’indagine sarebbe partita da alcuni articoli di inchiesta pubblicati dal quotidiano Domani nei quali si faceva riferimento agli affari tra Occhiuto e un suo collaboratore.

Indagato per corruzione presidente Calabria Occhiuto: lui replica sui social con un video

Il presidente calabrese ha ribadito con forza la propria estraneità alle accuse: “Io, che ho sempre amministrato con la massima trasparenza e rigore, mi trovo ora a dover rispondere di un’accusa che considero infondata e profondamente lesiva della mia reputazione”. Un colpo durissimo, ha sottolineato, non solo dal punto di vista politico ma anche personale: “Essere iscritto nel registro degli indagati è per me un’onta, come se fossi stato accusato di un crimine gravissimo. È assurdo anche solo immaginare che io possa essere coinvolto in pratiche corruttive”.

Occhiuto ha inoltre respinto l’idea di limitarsi a un atteggiamento attendista. Anziché rifugiarsi dietro frasi di circostanza, ha annunciato di aver già richiesto formalmente di essere ascoltato dalla magistratura. “Non so nemmeno di cosa mi si accusi, ma voglio chiarire tutto immediatamente. Ho chiesto di essere interrogato al più presto, anche senza conoscere prima gli atti, perché so di non aver commesso alcun reato”.

Nel suo intervento, il governatore ha anche rinnovato il proprio sostegno all’azione della magistratura, affermando di aver sempre sollecitato indagini approfondite su tutto il territorio regionale. “In Calabria bisogna andare fino in fondo, senza sconti. Io sono pronto a essere controllato in ogni aspetto della mia attività politica e amministrativa”.

La vicenda è destinata ad avere ripercussioni significative sul piano politico regionale e nazionale, in attesa che emergano nuovi dettagli dall’indagine in corso. Intanto, Occhiuto si dice determinato a difendersi con fermezza: “Non ho nulla da nascondere, e sono certo che la verità verrà a galla”.

Il video

Qui di seguito il video diffuso sulle sue pagine Facebook e Instagram ufficiali.

Ha fatto bene a difendersi direttamente sui social? Oppure no?

La scelta di un presidente di Regione – figura istituzionale di primo piano – di commentare pubblicamente e a caldo un avviso di garanzia attraverso i social solleva più di una questione. Da un lato, è comprensibile che un politico colpito da un’accusa grave voglia offrire immediatamente la propria versione dei fatti, soprattutto in un’epoca in cui la comunicazione diretta con l’opinione pubblica è centrale. Dall’altro, però, l’utilizzo dei social come primo canale di reazione solleva dubbi sul piano istituzionale e giuridico.

Innanzitutto, c’è il rischio che un intervento emotivo e privo di elementi oggettivi – per stessa ammissione del presidente, che dichiara di non conoscere nemmeno i dettagli della contestazione – possa generare confusione nell’opinione pubblica o condizionare il dibattito prima ancora che i magistrati abbiano completato le loro verifiche. Inoltre, il fatto che un esponente di vertice parli di “onta” e “ingiustizia” prima di confrontarsi con l’autorità giudiziaria può essere interpretato, seppur involontariamente, come una pressione indiretta sull’inchiesta.

Infine, esiste una questione più profonda: il confine tra comunicazione politica e rispetto per le sedi istituzionali. In uno Stato di diritto, le aule giudiziarie restano il luogo deputato per chiarire le responsabilità individuali. Portare il dibattito su piattaforme pubbliche prima ancora che si apra un confronto con i magistrati rischia di alimentare una narrativa personalistica e spettacolarizzata della giustizia, che poco giova alla credibilità delle istituzioni e alla serenità del processo.