L’Avvocato Maurizio Lucca, in questo approfondimento, analizza una recente sentenza del TAR che si occupa del rispetto della distanza delle costruzioni dalle vedute.
La sez. I del TAR Veneto, con la sentenza 12 giugno 2025, n. 970, interviene nel delineare la nozione civilistica di veduta tale da consentire la vista (le cosiddette inspectio et prospectio in alienum) [1] imponendo un vincolo inderogabile (assoluto) di costruzione di almeno tre metri di distanza, ai sensi del primo comma dell’art. 907, Distanza delle costruzioni dalle vedute, del codice civile [2].
Pareti finestrate
A precisazione, la giurisprudenza ha chiarito che nella disciplina legale dei rapporti di vicinato l’obbligo di osservare nelle costruzioni determinate distanze sussiste solo in relazione alle vedute, e non anche alle luci, sicché la dizione “pareti finestrate” contenuta nel citato art. 9 del D.M. n. 1444/1968, o in un regolamento edilizio che ad esso si ispiri, non potrebbe che riferirsi esclusivamente alle pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono finestre cosiddette “lucifere” [3].
Ordunque, le “pareti finestrate” devono intendersi non solo le pareti munite di “vedute”, ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi (sia aggettanti che incassati), finestre di ogni tipo, bastando che sia finestrata anche la sola parete che subisce l’illegittimo avvicinamento: in presenza di balconi cc.dd. incassati non si ha la presenza di pareti finestrate, ove le pareti siano collocate ad angolo retto le une rispetto alle altre [4].
Fatto
Ritornando alla sentenza, la vicenda nasce da un ricorso avverso il diniego di un permesso di costruire per realizzare un progetto di intervento, di parziale demolizione e ricostruzione, per ampliamento funzionale alla realizzazione di unità turistico-residenziali inerente ad un albergo.
Il motivo del diniego (per quanto interessa) veniva giustificato dalla violazione dell’«art. 905 del Codice Civile per quanto riguarda la veduta diretta verso Ovest creata con la realizzazione del piano seminterrato ad una quota di +85 cm.».
La parte ricorrente (sul punto) deduce:
- difettano dei presupposti di vedute, atteso che in corrispondenza del lato ovest della copertura del piano seminterrato non risulta un parapetto che consenta l’affaccio, essendo al contrario prevista una recinzione che lo impedisce, peraltro (annota) l’intervento riproduceva l’esistente (con tanto di titoli abilitativi pregressi);
- ammette che per superare la violazione dell’art. 905 c.c. sarebbe risultata sufficiente la prescrizione di arretrare l’ipotetico parapetto dal confine, ai sensi dell’art. 20, comma 4, d.P.R. n. 380/2001 («l responsabile del procedimento, qualora ritenga che ai fini del rilascio del permesso di costruire sia necessario apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario, può, nello stesso termine di cui al comma 3, richiedere tali modifiche») [5].
Giudizio
Il ricorso viene respinto, confermando gli orientamenti sulla nozione di vedute:
- per configurare gli estremi di una veduta ai sensi dell’art. 900 c.c., conseguentemente soggetta alle regole di cui agli articoli 905 e 907 del codice civile in tema di distanze, deve essere sempre possibile affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente o lateralmente in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza [6];
- il diritto di veduta, riconosciuto dall’art. 907 c.c., concernente l’esistenza di aria e luce sufficienti per consentire la inspectio e la prospectio, indipendentemente da possibili situazioni di mera riduzione della visuale panoramica (la riduzione della visuale non incide sui requisiti di integrazione della veduta) [7];
- invero, l’art. 907 c.c. – che impone di costruire a distanza non inferiore a tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo finitimo – pone un divieto assoluto, la cui violazione si realizza in forza del mero fatto che la costruzione è a distanza inferiore a quella stabilita, a prescindere da ogni valutazione in concreto se essa sia o meno idonea ad impedire o ad ostacolare l’esercizio della veduta [8];
- anche in presenza di una recinzione (situazione di fatto) non emergono elementi tali da ritenere per ciò solo escluso l’affaccio, con l’ovvia applicazione della cit. disciplina (difetta, altresì, la prova di una preesistenza conforme a quelle risultanti da titoli edilizi già rilasciati).
Convenzioni urbanistiche
A margine, si rammenta la peculiare natura delle convenzioni urbanistiche, con intimo contenuto pubblicistico, che la giurisprudenza, sia civile che amministrativa, ha da tempo ricondotto nel novero degli accordi sostitutivi di provvedimenti, ex art. 11, della legge 7 agosto 1990, n. 241, una volta trascritte possono produrre effetti obbligatori o diritti permanenti (perpetui), essendo conoscibile erga omnes: le clausole (ivi inserite), quindi, possono operare nei confronti di possibili futuri aventi causa ed anche in mancanza, nei negozi giuridici, di un rinvio espresso alle pattuizioni ivi contenute, trattandosi di condizioni che conformano il diritto di proprietà – e le relative facoltà di godimento e di disposizione – e gli altri diritti reali secondo finalità di interesse pubblico.
Sintesi
La sentenza regimenta lo ius aedificandi, con limiti che non possono essere travalicati, da far rientrare i confini edificabili, ed inoltre, ricorda che le obbligazioni e i diritti presenti in una convenzione urbanistica trascritta vincolano non solo le parti originarie, ma tutti coloro che vi subentrano nel rapporto (titolo, proprietà), donde l’esigenza pratica di chiarire – in modo esplicito le facoltà e le pretese – avendo cura, in ogni caso (sempre), di registrare e trascrivere l’accordo.
Note
[1] Per la configurabilità del diritto di veduta, è essenziale l’esercizio della ‘inspectio’ e della ‘prospectio’, ossia l’affaccio sul fondo altrui in modo comodo e sicuro, Cass. civ., sez. II, Ordinanza 25 luglio 2024, n. 20705. Il limite imposto ai regolamenti locali in tema di distanze comporta che in nessun caso essi possono stabilire distanze inferiori da quelle previste dal codice civile, TAR Sardegna, sez. I, 18 luglio 2023, n. 543. Vedi, TAR Toscana, sez. III, 18 novembre 2020, n. 1416.
[2] Il diritto di veduta può essere riconosciuto anche se l’affaccio è ostacolato da strutture protettive (rete metallica), purché queste non impediscano la visuale nel senso previsto dalla norma, Cass. civ., sez. II, Ordinanza 14 maggio 2025, n. 12879.
[3] Cass. civ., sez. II, ordinanza n. 4834/2019; TAR Liguria, sentenza n. 76/2021.
[4] Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2021, n. 1841.
[5] Le prescrizioni non obbligatorie sono rilasciate alla discrezionalità tecnica propria del responsabile del procedimento, rispetto alle quali il giudice amministrativo non può operare un giudizio di sindacabilità, se non sul fronte del difetto di motivazione, illogicità manifesta, erroneità dei presupposti di fatto, incoerenza della procedura valutativa e dei relativi esiti, non plausibilità dei criteri valutativi o della loro applicazione, Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2015, n. 2098; sez. III, 2 aprile 2015, n. 1741.
[6] Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 2020, n. 3043.
[7] Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 7619/2024.
[8] Cass. civ., sez. VI, 27 marzo 2014, n.7269; Cass. n. 11199/2000; n. 12299/1997.