I social media sono ormai la piazzetta virtuale delle nuove generazioni, dove ci si conosce, ci si incontra, si fa gruppo: però spesso capita anche si subire insulti online tra le altre cose, ecco come tutelarsi.


La distanza fisica, infatti, che si frappone tra i vari attori che si muovono dentro questa Piazza lascia spazio, molto spesso, a comportamenti e atteggiamenti che nella vita reale non si sarebbero verificati. È il fenomeno dei cosiddetti ‘leoni da tastiera’, in inglese keyboard warrior, “guerriero da tastiera” che forti della momentanea deindividuazione, vale a dire la perdita temporanea di identità e l’anonimato, fanno scatenare la loro parte peggiore, spinte talvolta da ricompense sociali negative, come la creazione di caos, o dalla dipendenza dal trolling. Secondo uno studio condotto in Canada, come riportato nel quotidiano Roba da donne, nel quale furono coinvolti 1215 individui, alcuni dei tratti che caratterizzerebbero tipicamente il cosiddetto “leone da tastiera” sono: narcisismomachiavellismopsicopatia e sadismo.

Una situazione critica per giovani e giovanissimi

La situazione è ancora più seria per i giovani e giovanissimi, se si pensa che i risultati dello studio ESPAD®Italia 2024 condotto dal Laboratorio di Epidemiologia dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc)con particolare riferimento al fenomeno del cyberbullismo, presentato in anteprima ne febbraio 2025 –presenta in anteprima evidenziando siano oltre 1 milione gli studenti tra i 15 e i 19 anni (47%) che, nel corso del 2024, hanno subito episodi di cyberbullismo.

Un fenomeno diffuso e senza distinzioni di genere, che, ogni anno, sembra registrare una crescita senza fine. Sono oltre 1 milione gli studenti tra i 15 e i 19 anni (47%) che, nel corso del 2024, hanno subito episodi di cyberbullismo. Un fenomeno diffuso e senza distinzioni di genere, che, ogni anno, sembra registrare una crescita senza fine.

Le vittime dei leoni da tastiera siamo, potenzialmente, tutti noi, magari semplicemente postando un video, una foto o un post condiviso sui social; non dobbiamo partire dal presupposto di aver sbagliato noi a voler condividere con gli altri un momento che ci appartiene, ma ricordare che il problema è tutto e solo nella mente di chi si sente in diritto e “in dovere” di criticarci o insultarci.

Come tutelarsi dagli insulti online?

Ma esiste un modo per difenderci e tutelarci legalmente dagli insulti online? Gli insulti online costituiscono a tutti gli effetti il reato di diffamazione, che si configura in base all’ art. 595 cod. pen. quando offese, denigrazioni, svilimenti possono essere letti da almeno altre due persone oltre alla vittima, circostanza quest’ultima che si verifica in automatico ogni volta che un commento oltraggioso è pubblicato su di un profilo social, su un blog o più in generale nel web e su qualsiasi altra piattaforma. In base a questa norma, anche gli insulti scagliati in una chat costituiscono una diffamazione penalmente rilevante, se al gruppo partecipano più persone.

L’iter da seguire

Per avere il corretto iter, la querela per gli insulti online può essere sporta presso qualsiasi presidio di polizia giudiziaria (carabinieri, polizia, guardia di finanza) e deve essere sporta entro tre mesi, che decorrono da quando la persona offesa ha avuto effettiva conoscenza della diffamazione patita. Nei Comuni più piccoli, laddove non vi sia un presidio di forze dell’ordine, è possibile consegnare la denuncia al sindaco, oppure addirittura spedire la querela tramite raccomandata alla Procura della Repubblica, ma la firma autografa apposta, in questo caso, dovrà venire autenticata da un avvocato o da un notaio. Ovviamente l’iter è corretto se l’autore dell’insulto online è rintracciabile, se utilizza il proprio nome e cognome reali e non pseudonimi o profili fake.

Difficoltà nel tracciamento degli haters

La complessità, ed anche quello che fa sentire forti questi haters (‘odiatori’ letteralmente) è proprio il sentirsi protetti nell’anonimato. Il problema maggiore riguarda quindi proprio la difficoltà che si riscontra nell’identificare effettivamente l’autore della condotta diffamatoria. È possibile richiedere l’intervento, in casi molto gravi, anche ai delle indagini della polizia postale oppure a livello privato avvalersi di un esperto che sappia individuare il profilo ID (o ID utente), un codice univoco utilizzato per identificare un utente specifico all’interno di un sistema o di una piattaforma, una stringa di caratteri alfanumerici che individua in modo univoco un profilo.

Un compito svolgibile senza problemi da esperti di informatica forense  che  sono in grado non solamente di risalire al profilo ID dell’utente ma anche di rilasciare al committente una certificazione digitale che consente di “congelare” i dati presenti sul profilo, garantendone così la validità, preservando i dati stessi e  permettendo così alle autorità di risalire al proprietario anche se il profilo scompare.

Identità del responsabile

Nel caso in cui, invece sia nota o sia stato possibile risalire all’identità del responsabile anche in assenza di una perizia di un esperto di informatica forense è possibile intraprendere un procedimento penale contro l’autore degli insulti online, a patto che il giudice ritenga sufficiente lo screenshot e la testimonianza della persona offesa.

Ai fini probatori, è dunque ritenuto legalmente valido e accettabile utilizzare uno screenshot del commento oltraggioso e del profilo da cui proviene. In questo modo, anche se l’autore del commento ingiurioso dovesse eliminare l’espressione offensiva o perfino il profilo, vi sarebbe sempre una prova praticamente inconfutabile della sua pregressa esistenza.

Denuncia e costituzione parte civile

Ciò che si può ottenere, presentando una denuncia  e costituendosi parte civile nel processo penale per diffamazione intrapreso contro l’imputato, oppure intraprendendo un’apposizione azione civile nei confronti del responsabile è innanzitutto  il risarcimento del danno non patrimoniale anche in assenza di un danno economico ma con il risultato di causare una sofferenza psicologica alla vittima, così come previsto dall’art. 2059 cod. civ., anche derivante da una condotta costituente reato (art. 185 cod. pen.).

In secondo luogo si può ottenere la cancellazione degli insulti ricevuti, rivolgendosi alla piattaforma su cui sono apparsi, la quale è tenuta a eliminare/oscurare i commenti offensivi se non viene dato seguito si può ricorrere a una diffida legale chiedendo direttamente al giudice di emanare un provvedimento che ordini al sito internet di rimuovere/oscurare il contenuto oltraggioso.

Far smettere una volta per tutte il cyberbullo, verso la vittima e anche verso altre potenziali vittime, magari, si può invece ottenere solo rivolgendosi al giudice civile, il quale può ordinare all’autore della diffamazione di non pubblicare altri commenti diffamatori, pena la condanna a un ulteriore risarcimento.