In questo approfondimento a cura dell’Avvocato Maurizio Lucca si forniscono importanti chiarimenti, alla luce della recente giurisprudenza, in materia di ordinanza di demolizione e comunicazione di avvio del procedimento.
La sez. VI del Consiglio di Stato, con la sentenza 28 maggio 2025, n. 4640 (estensore Pascuzzi), conferma un orientamento secondo il quale la mancata comunicazione di avviso del procedimento non mina la legittimità dell’ordinanza di demolizione, neppure se il titolare della proprietà risultasse estraneo all’abuso, attesa la natura vincolata del provvedimento [1].
Il caso
In primo grado veniva decisa:
- la piena legittimità dell’ordinanza di demolizione di opere abusive (prive del necessario titolo abilitativo e dei limiti previsti per le aree vincolate [2], nel caso di specie c.d. zona rossa, contrassegnata dal rischio vulcanico, con divieto valevole per ogni ipotesi di incremento residenziale) e, in quanto eseguite in difformità alla concessione edilizia in sanatoria, senza l’attivazione della comunicazione di avvio del procedimento;
- del tutto inconferente che le parti ricorrenti non fossero gli autori;
- prive di pregio le deduzioni sull’asserita conformità del bene alla disciplina urbanistica presenti nell’atto di vendita, ovvero da asserite dichiarazioni del venditore o da accertamenti effettuati presso l’Ufficio tecnico prima dell’acquisto.
La decisione
L’appello risulta in parte inammissibile [3] e in parte infondato per le seguenti considerazioni:
- l’omessa comunicazione di avviso del procedimento, in applicazione dell’art. 21 – octies della legge n. 241/1990, costituisce un vizio meramente formale dal momento che la mancata comunicazione non avrebbe inciso sull’esito del procedimento che non potrebbe essere stato diverso;
- in dipendenza di ciò (dell’accertato abuso), l’attività di repressione degli abusi edilizi, attraverso l’ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, dovendo considerarsi che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso [4];
- (in questo senso) le circostanze allegate dalla parte appellante non dimostrano affatto che l’esito sarebbe stato diverso se fosse stato comunicato l’avvio del procedimento (manca un principio di prova) [5];
- del tutto privo di rilievo la circostanza che gli immobili erano stati acquistati da un terzo nello stato di fatto e diritto in cui si trovavano, visto che i provvedimenti sanzionatori a contenuto ripristinatorio/demolitorio riferiti ad opere abusive hanno carattere reale;
- la conseguenza di questo aspetto legato alla cosa, impone di osservare che l’adozione del provvedimento demolitorio dell’abuso prescinde dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante l’immobile, applicandosi gli stessi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell’ordine giuridico violato (ossia, spontaneamente eliminare l’abuso [6].
La dimensione dell’abuso
Viene acclarata la trasformazione del bene senza titolo e in zona vincolata, non potendo la DIA ritenersi sufficiente a legittimare opere che hanno provocato un aumento dei volumi abitabili e dei carichi urbanistici (specie in zone soggette a vincolo).
Infatti, la realizzazione di una mansarda e un piano seminterrato, nonché i quattro garage realizzati, concretizzano ex se una trasformazione del territorio [7]: la trasformazione di un garage o di una soffitta in un locale abitabile si configura come un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzata con l’originario permesso di costruire e non può essere ritenuta urbanisticamente irrilevante [8].
Le conseguenze dell’abuso
Una volta accertato l’abuso, l’ordine di demolizione è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, non essendovi alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana [9].
Risulta evidente che dalla procedimentalizzazione delle intere fasi prima di giungere all’acquisizione del bene per l’inottemperanza dell’ordine demolizione, il responsabile dell’abuso o il proprietario possono validamente interloquire con l’Amministrazione, avendo ogni fase, anche quella precedente all’ordine di demolizione un coinvolgimento del privato, privato che in presenza dell’abuso può operare per la sua demolizione spontanea o l’eventuale sanatoria ove possibile, diversamente il procedimento giunge al termine [10], con l’effetto ablatorio della proprietà, area di sedime compresa.
Note
[1] Il proprietario dell’area, al pari del responsabile dell’abuso, è tenuto a dare esecuzione all’ordine di demolizione e, in caso di inottemperanza, subisce le conseguenze previste dalla legge salvo che il terreno non sia nella sua disponibilità e provi di aver intrapreso iniziative idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi, TAR Campania, Napoli, sez. IV, 21 marzo 2024, n. 1847; Cons. Stato, sez. II, 28 settembre 2020, n. 5700.
[2] Ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d) del DL n. 269 del 30 settembre 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 del 24 novembre 2003 (c.d. terzo condono), le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni – e cioè che le opere siano realizzate prima della imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo – siano opere minori senza aumento di volume e superficie, Cons. Stato, sez. VII, 24 aprile 2025, n. 3550.
[3] Nel processo amministrativo d’appello la mancata critica anche di una sola delle plurime rationes decidendi poste a base dello specifico capo della sentenza di primo grado fatto oggetto d’impugnazione vale a rendere inammissibile per carenza d’interesse la censura delle restanti rationes se ed in quanto le prime siano di per sé idonee a sorreggere la pronuncia sul punto, Cons. Stato, sez. III, 14 aprile 2023, n. 3776.
[4] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 novembre 2022, n. 10340.
[5] È noto, d’altronde, che non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, compresa una perizia di parte quando prodotta per la prima volta in grado di appello, trattandosi di documentazione che dalla parte avrebbe ben potuto essere acquisita e prodotta già nel primo grado di giudizio, Cons. Stato, sez. IV, 7 gennaio 2019, n. 114.
[6] Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2021, n. 3660. Vedi, LUCCA, Abuso edilizio rimosso, gruppodelfino.it, 25 maggio 2025, ove, a commento della sentenza della sez. II Brescia, del TAR Lombardia, 24 maggio 2025, n. 460, la rimozione spontanea dell’abuso edilizio da parte del responsabile – entro i termini – rende del tutto illegittima l’azione amministrativa di acquisizione del bene al patrimonio del Comune.
[7] Cfr. Cons. Stato, sez. VII, 2 novembre 2023, n. 9416.
[8] La trasformazione di un garage o di una soffitta in un locale abitabile si configura come un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria: l’aumento della volumetria comporta l’applicazione del regime del permesso di costruire, ex art. 10 del DPR n. 380/2001, cfr. Cons. Stato, sez. II, 22 aprile 2024, n. 3645, in quanto si tratta di mutamento di destinazione d’uso tra distinte categorie funzionali, come da garage innovativamente destinato a uso residenziale. In effetti, qualora la trasformazione comporti il passaggio tra categorie differenti, e quindi non omogenee tra loro, il mutamento di destinazione d’uso rientra tra gli interventi urbanisticamente rilevanti, per i quali è necessario, quale il permesso di costruire, TAR Marche, sez. II, 29 marzo 2025, n. 232; Campania, Napoli, sez. VIII, 5 agosto 2024, n. 4537 e 24 giugno 2024, n. 3920; TAR Lazio, Roma, 7 marzo 2024, n. 4608.
[9] Cons. Stato, sez. VI, 24 marzo 2023, n. 3001.
[10] L’ordinanza di demolizione di un manufatto edilizio abusivo, è un provvedimento sanzionatorio ad efficacia condizionata e differita, essendo previsto ex lege il termine dilatorio, salvo proroga in presenza dei presupposti, di novanta giorni per conformarvisi, TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 3 aprile 2025, n. 163.