In questo approfondimento si traccia una panoramica completa sul nuovo iter per l’assunzione dei giovani nella PA e la costante necessità di progettare i percorsi selettivi.
La necessità di colmare il gap di personale nella PA
La PA continua a perdere personale (per mobiltà, per dimissioni, per pensionamenti, ecc.) e la necessità di colmare questo gap unitamente alla necessità di potenziare il personale anche il rafforzamento dell’attività amministrativa che per l’attuazione di progettualità specifiche (PNRR, Coesione, Fers, ecc.) diventa urgente.
Per poter realmente ed operativamente innovare occorre modificare il proprio approccio alla lettura ed interpretazione della normativa vigente e chiedersi: “cosa mi consente di fare?” e “cosa è esplicitamente vietato?”.
La produzione normativa ha significativamente il modo di effettuare i concorsi. Le maglie sono diventate piu’ larghe e si utilizza spesso la parola “Possono”
E’ proprio questa parolina che modifica il modo di effettuare i concorsi: “possono” vuol dire scegliere, assumersi la responsabilità, effettuare la migliore scelta in relazione all’obiettivo da conseguire.
E nei concorsi abbiamo un unico obiettivo: “assumere i migliori candidati in relazione al ruolo da ricoprire”.
Ad oggi pensiamo alle ultime modifiche introdotte all’art.35 del D.Lgs. 165/2001 ma molto spesso ci dimentichiamo che il principio di “assumere i migliori valutando non solo le conoscenze ma anche le capacità ed i comportamenti” era stato introdotto dal D.Lgs.75/2017 ed esplicitato nella Direttiva n.3 del 2018.
Già dal 2017 si poteva innovare e, ad oggi, questa necessità di modificare il modo di effettuare i concorsi è diventata ancora più cogente.
Un modello di concorso flessibile
Come indicato dalla Circolare 3/2018 (sono passati ben 7 anni) non esiste una procedura o un modello di concorso standard valido per il reclutamento di qualunque professionalità ma occorre modulare sia le procedure sia i modelli a cui ricorrere per pervenire alle soluzioni più adatte in relazione alla figura professionale da scegliere.
Occorre pertanto partire dall’ambito di competenza richiesto per la professionalità da reclutare. Ovviamente però non bisogna incorrere nell’errore di assumere come riferimento il livello di preparazione, responsabilità, capacità previsto dalla declaratoria del profilo professionale.
Quel livello si acquisisce in anni così come in genere le competenze. Le competenze sono un insieme di conoscenze e capacità che si acquisiscono nel tempo.
Definizione del livello minimo idoneativo
Dobbiamo pertanto progettare modelli che partendo dalle competenze e – avendo definito il livello minimo idoneativo – vada ad individuare le prove (o stimoli) utili per rendere evidente il possesso ed il livello di possesso di determinate conoscenze e capacità.
Il livello minimo idoneativo sono le conoscenze minime, il livello minimo di conoscenza che viene richiesto per la valutazione dei candidati. Fissare un livello di conoscenza elevato – specialmente se stiamo ricercando neo diplomati e neo laureati – vorrebbe dire escludere dalla selezione una percentuale molto alta di candidati già con la sola prova orale.
Fissare il “livello minimo idoneativo” rientra nella modalità innovative che consentono di passare da una selezione tradizionale che recluta candidati che hanno tempo per imparare a memoria nozioni e conoscenze ad un modello che consente di ricerca candidati piu’ adatti al ruolo, capaci di raccogliere le sfide, candidati motivati a fare dei servizi pubblici un’occasione di rilancio, sviluppo economico ed emancipazione sociale. Dobbiamo ricercare candidati che hanno per missione l’accesso all’impiego pubblico per mettersi al servizio dei cittadini, del Paese.
Valutare le soft skills nella selezione dei giovani
Questo è quello che ci spinge verso un modello che oltre alle conoscenze deve farci valutare soprattutto le soft skill.
Ovviamente la determinazione di quanto peso (in relazione alla valutazione) ha la conoscenza e quanto peso hanno le soft skill dipende dalla professionalità ricercata.
Occorre fare una distinzione tra
- i profili iniziali e trasversali (così come previsto dall’art.35 quater c.1 del D.Lgs. 165/01) per i quali occorre dare rilievo all’accertamento delle capacità comportamentali, relazionali e alle attitudini
- i profili specialistici ed infungibili per i quali le conoscenze approfondite vanno valutate con un peso maggiore compreso la valutazione dei titoli (master, pubblicazioni, esperienza). I titoli sono uno strumento che attestano conoscenze approfondite su determinati tempi)
Progettare i percorsi selettivi: una guida pratica
I percorsi selettivi pertanto partendo dal modello delle competenze di cui alla declaratoria dei profili, definisce quali conoscenze e quali capacità diventano oggetto di valutazione e cosa diventa oggetto di formazione, di accrescimento professionale, di affiancamento in un periodo dato (anche durante il periodo di prova).
Individuate le conoscenze e le capacità oggetto di valutazione, occorre definire con quali strumenti andremo a rilevare il possesso ed il livello di possesso.
Le prove – che altro non sono che stimoli per far emergere conoscenze e capacità – sono al momento diverse e diversificate sia quelle scritte che quelle orali, compreso l’utilizzo di test attitudinali, comportamentali, cognitivi ecc.
Il ruolo del bando di concorso
Oltre alla progettazione del percorso di selezione coerente con il profilo iniziale da reclutare e per il quale sarà messo in atto un percorso di accrescimento professionale, occorre definire la procedura selettiva e indicare il tutto nel bando di concorso.
Il bando dovrà utilizzare un linguaggio chiaro, comprensibile e soprattutto attrattivo.
Ne parleremo nel prossimo articolo: “Il bando di concorso: come attrarre potenziali candidati”.
Leggi l’articolo precedente: Assunzioni di giovani più facili: tutte le novità con il D.L. 25 del 14 marzo 2025