Accesso all’anagrafe dei dati condominiali e diritto alla privacy: il Tribunale di Milano riconosce il diritto dei singoli condomini e stabilisce degli obblighi per gli amministratori.
Una sentenza della sezione XII chiarisce i confini tra trasparenza gestionale e tutela dei dati personali all’interno del condominio. Il Tribunale di Milano è intervenuto su un tema delicato e ricorrente nella vita condominiale: il diritto di ogni condomino a conoscere i dati contenuti nell’anagrafe condominiale.
Con la sentenza n. 3445 del 24 aprile 2025 ha stabilito che tale diritto è pienamente legittimo, anche alla luce della normativa in materia di protezione dei dati personali.
Il caso
Tutto è iniziato con un decreto ingiuntivo (n. 7480/2023) emesso contro un amministratore condominiale, che si era rifiutato di consegnare ai condomini richiedenti l’anagrafe del palazzo che gestiva. Il giudice, in quella fase, gli aveva imposto non solo di fornire i documenti richiesti, ma anche di farsi carico delle spese legali. L’amministratore, però, ha contestato il provvedimento sostenendo di non essere obbligato alla consegna, appellandosi al Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) e all’articolo 1129 del Codice civile. Secondo la sua tesi, mancava una base normativa che imponesse tale obbligo, e quindi l’ingiunzione andava revocata.
L’iter giudiziario
Durante la causa, vi sono stati numerosi rinvii e passaggi tecnici. Il procedimento ha attraversato le consuete fasi di deposito delle memorie, discussione in udienza e, soprattutto, l’introduzione della mediazione obbligatoria. Quest’ultima si è rivelata un punto cruciale.
Infatti, il giudice ha più volte sottolineato che, nelle controversie come questa, l’iniziativa di attivare la mediazione grava sulla parte destinataria del decreto ingiuntivo, cioè l’amministratore. In mancanza di tale adempimento, la legge impone la dichiarazione di improcedibilità del ricorso.
Tuttavia, nel caso specifico, la mediazione si è svolta – seppur con iniziali carenze formali – e ha consentito di portare avanti il giudizio di merito.
La decisione del giudice
Con la sentenza del 24 aprile, il Tribunale ha sciolto ogni dubbio: l’amministratore è tenuto a consegnare l’anagrafe condominiale ai singoli condomini che ne facciano richiesta. La documentazione deve essere resa accessibile, pur nel rispetto della normativa sulla privacy, ad esempio attraverso l’oscuramento di dati sensibili non necessari.
Il giudice ha inoltre respinto le richieste di parte opponente – che aveva sollevato anche questioni procedurali come la mancanza di una delibera assembleare che lo autorizzasse ad agire – ritenendo che la pretesa dei condomini fosse fondata sia in fatto che in diritto.
Cosa cambia per i condomini
Questa sentenza rappresenta un punto fermo nel rapporto tra trasparenza amministrativa e riservatezza. Conferma che ogni proprietario ha diritto di conoscere chi abita nello stesso stabile e quale sia la situazione relativa alle unità immobiliari, anche per motivi legati alla sicurezza e alla corretta gestione delle spese comuni.
Naturalmente, l’accesso non deve tradursi in una diffusione indiscriminata dei dati. Gli amministratori dovranno garantire l’equilibrio tra il diritto all’informazione e la tutela della riservatezza, ad esempio tramite la pseudonimizzazione di determinati dettagli.
Il caso milanese conferma una tendenza giurisprudenziale in crescita: la valorizzazione del ruolo del condomino come soggetto attivo e consapevole nella vita amministrativa dell’edificio. La trasparenza, anche se disciplinata dalla legge, non è in contrasto con il rispetto della privacy: l’importante è trovare modalità corrette e proporzionate per esercitare i propri diritti.
Una lezione utile per chi amministra immobili, ma anche per chi vi abita.