A causa della peste suina, sono stati abbattuti centinaia di migliaia di animali, ma cosa sta facendo il Governo al riguardo? Vediamolo insieme.


La peste suina continua a spaventare gli allevatori in questi ultimi mesi del 2024.
Come sappiamo, la peste suina africana è un’infezione virale, che colpisce sia i suini domestici che quelli selvatici.

Nonostante non sia trasmissibile all’uomo, è altamente contagiosa e spesso mortale per gli animali colpiti, che vengono infettati per contatto diretto, per ingestione di prodotti a base di carne ottenuti da animali infetti o in modo indiretto, tramite attrezzi sporchi.

Il fenomeno sta portando ad innumerevoli danni al comparto dell’allevamento in Italia, soprattutto in alcune regioni.

Ma in tutto questo, cosa sta facendo il Governo al riguardo? Vediamolo insieme.

I danni della peste suina in Italia

La peste suina, in Italia, è particolarmente concentrata in alcune regioni. In particolare, in Liguria, Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna. Proprio in quest’ultima, il virus mette a repentaglio la produzione del prosciutto di Parma Dop, un’eccellenza italiana che viene esportata in tutto il mondo.

Sul tema si è espresso il presidente della Coldiretti Ettore Prandini:

“La diffusione della peste suina africana ha ormai raggiunto livelli allarmanti: è indispensabile garantire la certezza degli indennizzi per i danni subiti”.

Il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, dal G7 Agricoltura, ha detto:

“La peste suina è una vera e propria pandemia per animali. Sul tema istituiremo un tavolo tecnico a livello europeo”.

Come testimoniato dall’Ismea, l’Istituto dei Servizi per il mercato agricolo alimentare, in Italia ci sono 26mila allevamenti, per un totale di 8,1 milioni di capi e 100mila lavoratori del settore.
Questi numeri fanno sì che l’allevamento dei suini valga il 4,7% dell’industria agroalimentare.

Tra le province più colpite, c’è Pavia, con quasi 13mila casi positivi e Lodi (10’616 casi). Colpita anche la città di Milano, dov’è stato rilevato il caso zero.
Attualmente il numero dei capi abbattuti è in costante aumento: se, a luglio, erano 30mila, a settembre sono stati 120mila.

Peste suina: l’impatto sulla filiera

Tutto ciò ha ovviamente effetto anche sulla filiera.

Sono stati, infatti, ridotti i turni di lavoro nei macelli e il blocco dei prodotti italiani ha fatto perdere oltre mezzo miliardo di euro al settore.

Anche i prezzi dei salumi sono in costante aumento. In particolare, l’export di salumi perde tra i 20 e i 30 milioni di euro al mese.  

Come dichiarato da Rudy Milani, presidente nazionale dei suinicoltori di Confagricoltura:

“La peste suina è un problema squisitamente commerciale, è un problema di relazioni commerciali tra l’Italia e il resto del mondo. La presenza del virus della peste sul territorio italiano non mette a rischio il consumo perché è un problema per la salute, perché non lo è in nessun modo. Il problema è che questo virus trasportato attraverso la carne in Paesi esteri dove il virus della peste non c’è. Quindi da quando noi abbiamo avuto il virus in Italia l’esportazione di carne suina verso la Cina, verso il Giappone, verso l’Asia in generale e verso alcuni paesi dell’America è stata pochi giorni dopo bloccata creando un danno all’export”.

 

Agli allevamenti colpiti dalla peste suina, il Governo garantisce degli indennizzi, destinati a chi ha dovuto abbattere gli animali e ha dovuto bloccare la propria attività, per seguire le regole anti-contagio.

Ma gli allevatori protestano e chiedono che i contributi arrivino in maniera più celere.

Per arginare i danni economici, Coldiretti richiede nuovi indennizzi:

“È indispensabile garantire il risarcimento anche alle scrofaie soggette a fermo aziendale, così come agli allevatori da ingrasso per il mancato reddito. Senza un intervento immediato e concreto, rischiamo di compromettere irrimediabilmente uno dei pilastri del nostro sistema agroalimentare”. 

I danni, inoltre, sono anche collaterali: in molti allevamenti situati nelle regioni e nelle province più colpite, nonostante l’assenza del virus, viene sottopagata la carne, moltiplicando i danni anche agli allevamenti dove la carne non è infetta.

Peste suina: si poteva prevenire e controllare?

Come abbiamo detto, il caso zero c’è stato a Milano, più specificatamente nella provincia di Vernate. Qui, si è verificato il primo focolaio, che ha dato il via al contagio in altre otto strutture in provincia di Milano, Lodi e Pavia, per poi espandersi in altre regioni.

A causa dell’omessa denuncia di questo caso e alle carenze di biosicurezza negli altri allegamenti, ci sono stati diversi focolai in tutta la Lombardia.
Come dichiarato da Alberto Laddomada, ex dirigente della Commissione Europea, l’attuale situazione poteva essere evitata con una migliore prevenzione.

Il problema sta anche negli allevatori che nascondono la malattia, contravvenendo alla normativa che impone la notifica immediata di mortalità anomale.
Inoltre, diversi studi già prevedevano la possibile epidemia di peste suina da dicembre 2023, basandosi sull’analisi di pochi dati epidemiologici.

Se fossero state applicate le misure per l’eradicazione, ben definite dalla Commissione Europea e dall’Organizzazione Mondiale della Salute Animale, probabilmente non saremmo arrivati a questa situazione, con decine di migliaia di animali abbattuti, che hanno provocato una forte perdita economica per il nostro Paese.