A volte purtroppo non conta se è festa, domenica o si ha il giorno libero, perché eccezionalmente si deve comunque andare a lavorare. La legge prevede che i dipendenti in queste situazioni siano ricompensati e uno dei modi per farlo è concedere loro il riposo compensativo.


Riposo compensativo: cos’è e quando se ne ha diritto?

In occasione di festività gli impiegati hanno il diritto di non lavorare ed essere comunque normalmente stipendiati. Potrebbe però succedere che l’azienda o il datore di lavoro abbia necessità di personale durante i giorni di festa e quindi chieda ai suoi dipendenti di prestare servizio anche quando potrebbero non farlo.

La prestazione può essere chiesta solo previo accordo con l’azienda e dato che si tratta di lavoro “aggiuntivo”, l’impiegato ha diritto a ricevere qualcosa in cambio dei suoi sforzi extra.

Esistono fondamentalmente due modi per ricompensare lo stacanovista che ha accettato di dedicare il suo tempo al lavoro invece che al riposo o al divertimento: la maggiorazione della retribuzione per lavoro festivo e il riconoscimento del riposo compensativo.

Cos’è il riposo compensativo?

Come si può immaginare, tra le due possibilità quella meno costosa per l’azienda e solitamente più gradita per il lavoratore è di certo il riconoscimento del riposo compensativo ed è per questo motivo che, tra le due strategie che possono essere usate dal datore di lavoro, si intende approfondire di più proprio questa.

Riconoscere ad un dipendente il riposo compensativo significa permettergli di non andare a lavorare per uno o più giorni (a seconda dei casi) allo scopo di recuperare le ore di riposo perse durante il periodo festivo.

In caso di festività lavorata al dipendente, oltre alla retribuzione mensile, spetta a seconda dei casi:

  1. La normale retribuzione oraria o giornaliera cui si aggiunge la maggiorazione per lo straordinario festivo, se non sono previsti riposi compensativi;
  2. Solamente la maggiorazione per lavoro festivo, se è previsto il riposo compensativo in altra giornata.

L’azienda ha il potere di scegliere tra le due opzioni quella che preferisce ma nel primo caso, ovvero quello senza riposo compensativo, dovrà concedere al dipendente una maggiore retribuzione. Nel secondo caso invece affronterà una spesa minore ma dovrà rinunciare all’attività del lavoratore per qualche tempo.

La giornata di riposo compensativo è coperta con:

  • Il recupero delle ore lavorate nel giorno festivo;
  • Ore di recupero dello stesso dipendente.

Quando bisogna usufruire del riposo compensativo?

Non si deve aspettare troppo tempo prima di fare richiesta per ottenere il riposo compensativo. Di norma il riposo compensativo deve essere richiesto il primo giorno utile successivo allo svolgimento dell’attività lavorativa straordinaria. Tanto per dare un esempio, chi lavora la domenica dovrebbe usufruire del riposo compensativo il lunedì.

Tuttavia ci possono essere delle situazioni per le quali ciò non accade e il riposo può essere concesso diversi giorni dopo aver prestato lavoro straordinario. Nel caso dell’Aran, è stato dichiarato che questo può essere richiesto entro i 15 giorni successivi.

Come deve comportarsi il datore di lavoro?

L’azienda deve:

  1. Fissare il riposo in un’altra giornata;
  2. Riconoscere in busta paga solo la maggiorazione per lavoro festivo.

Chi lavora durante i giorni festivi o di riposo ha diritto ad una retribuzione maggiorata. Ebbene, al momento non esiste una regola fissa che stabilisce con precisione quanto debba aumentare la retribuzione per il lavoratore attivo anche durante i giorni di festa. Tuttavia esiste la possibilità di eseguire questo calcolo perché ci sono delle linee guida che, però, variano a seconda del contratto. Infatti le maggiorazioni per lavoro festivo o per lo straordinario da erogare sono stabilite dal contratto collettivo applicato. Ad esempio:

  • CCNL Metalmeccanica – Industria prevede per il lavoro festivo con riposo compensativo una maggiorazione del 10%;
  • CCNL Commercio – Confcommercio riconosce una maggiorazione del 30%;
  • Contratto Nazionale Chimici – Industria maggiorazione del 50%.

Ecco alcuni esempi di come si calcola la retribuzione nei giorni di festa nei contratti collettivi:

  • CCNL Alimentaristi: maggiorazione del 50%. Essa scende al 10% se il dipendente sceglie di avvalersi del riposo compensativo;
  • CCNL Autotrasporti: maggiorazione del 50% per i giorni di lavoro prestati durante le festività infrasettimanali. Per chi lavora la domenica, durante il turno diurno, la maggiorazione è del 20% più il diritto al riposo compensativo. Se invece il turno è in orario notturno la retribuzione viene aumentata del 50% e in più viene concesso il riposo compensativo.

In conclusione, ci sono dei CCNL che riconoscono al dipendente la facoltà di usufruire di un riposo compensativo anche per i giorni lavorativi infrasettimanali. La regola generale, comunque, resta quella per cui il riposo compensativo spetta obbligatoriamente ogni qual volta il lavoratore non abbia avuto la possibilità di usufruire del giorno di riposo dopo aver prestato servizio continuamente per 6 giorni.

Lavoro straordinario

Dover andare a lavorare in un giorno festivo potrebbe non essere esattamente un sogno nel cassetto, ma se durante la festività si è costretti a fare delle ore di straordinario è anche peggio.

Il dipendente che lavora più ore del normale e non recupera queste ore extra con il riposo compensativo non deve perdersi d’animo. Infatti le ore non recuperate saranno considerate lavoro straordinario e retribuite in busta paga con le maggiorazioni previste dal CCNL applicato.

Il riposo compensativo è un diritto del lavoratore che si applica e va rivendicato anche nel caso in cui svolga lavoro straordinario, ossia un orario di lavoro superiore alle 40 ore settimanali stabilite da contratto per i dipendenti assunti a tempo pieno.

Supponendo che l’impiegato sia stato costretto a lavorare di domenica, il ragionamento è lo stesso. Egli infatti non ha avuto la possibilità di fruire della giornata di riposo settimanale, vale a dire dello stacco di 24 ore consecutive dopo un periodo di lavoro continuato di 6 giorni.

In caso di riposo settimanale compensativo del lavoro domenicale al personale che è stato occupato per tutta o anche solo per una parte della domenica spetta, oltre al riposo per il periodo residuo, un riposo di durata uguale alle ore di lavoro eseguite nella domenica e che comunque non deve mai essere inferiore a 12 ore consecutive. Il riposo compensativo quindi può avere una durata di 12 ore che cominciano a decorrere dalla mezzanotte al mezzogiorno o viceversa.

Reperibilità domenicale

La reperibilità domenicale non dà diritto a un ulteriore riposo compensativo, ma solamente al corrispettivo per il disagio recato al lavoratore, il quale deve essere reperibile anche durante il giorno di riposo.

Tale indennità ha un importo inferiore rispetto alla maggiorazione retributiva prevista per il lavoro straordinario. Questo per via della minore onerosità della reperibilità in confronto allo svolgimento della vera e propria attività lavorativa.

Il consenso del lavoratore

È fondamentale specificare nella lettera di assunzione, nella sezione correlata all’orario di lavoro, che il datore “si riserva di richiedere, previo assenso del lavoratore, lo svolgimento dell’attività nei giorni festivi con conseguente riconoscimento di ore di riposo compensativo nel rispetto della disciplina in materia di orario di lavoro di cui al Dlgs. n. 66/2003 e l’erogazione delle maggiorazioni economiche previste dal CCNL applicato”.

Il datore dovrà poi richiedere, se possibile in forma scritta, il preventivo consenso del dipendente al normale svolgimento dell’attività lavorativa malgrado questa abbia luogo durante un periodo festivo.

Non c’è alcuna prescrizione di legge o di contratto collettivo sul preavviso. Quest’ultimo sarà ad ogni modo legato alle esigenze produttive e alle caratteristiche aziendali.

Cosa accade se l’azienda non concede il riposo compensativo?

È importante chiarire che l’azienda può scegliere di ricompensare il dipendente “volenteroso” con il metodo che vuole tra quelli citati prima.

Il datore di lavoro è obbligato a concedere il riposo compensativo solo nell’ipotesi in cui il lavoratore svolge prestazione straordinaria e:

  • Non è compensato da maggiorazione retribuita;
  • Non fruisce del riposo settimanale;
  • Si è verificato un caso di lavoro notturno.

Se in una situazione del genere il datore si rifiutasse di concedere il riposo compensativo commetterebbe un illecito e il dipendente, avendone pienamente diritto, potrebbe rispondere chiedendo:

  1. La retribuzione. Resa più gravosa per il datore per via delle relative maggiorazioni dovute a causa della maggiore onerosità della prestazione lavorativa.
  2. Il risarcimento del danno subito. Infatti il lavoro svolto potrebbe rivelarsi motivo di usura psico-fisica per il lavoratore che lo ha eseguito.

Per quanto riguarda la seconda opzione il danno subito, di natura fisico-biologica o psicologico-relazionale che sia, deve essere insindacabilmente dimostrato.

La prova deve essere in grado di evidenziare che il lavoratore ha perso o assistito alla riduzione di un proprio “valore personale”. Pertanto essa deve provenire da una fonte autorevole e attendibile e, spesso, può essere data producendo una perizia medico-legale. Oppure il dipendente può dimostrare con dei testimoni di aver avuto un danno in termini di vita relazionale come conseguenza dell’onerosità del lavoro svolto e non compensato.

Riposo compensativo e Covid

L’era Covid ha influito anche in tal senso.

I protocolli di contrasto alla diffusione del Covid-19, condivisi tra Governo e parti sociali impongono il rispetto della regola del distanziamento sociale nei luoghi di lavoro. Tale regola si sostanzia nella riduzione del numero di presenze in contemporanea nei locali aziendali.

Uno degli strumenti utilizzabili per raggiungere tale obiettivo e, secondo gli stessi protocolli, una diversa articolazione del lavoro attraverso un orario di lavoro diverso e piani di turnazione.

Indicazioni analoghe sono contenute nel documento tecnico Inail per il contenimento del contagio. La differenziazione degli orari, peraltro, oltre a ridurre la contemporaneità delle presenze.

E può sortire il benefico effetto di prevenire gli assembramenti all’ingresso e all’uscita e di evitare eccessivi e pericolosi affollamenti sui mezzi pubblici nel tragitto casa – lavoro.

 


Fonte: articolo di Valeria Comito