Il MIC di marzo 2015 si è attestato su un valore stimato di 21,1 punti, in aumento di sei decimi di punto rispetto al mese di febbraio. Dopo aver toccato, a gennaio, il punto di minima degli ultimi anni, il MIC è tornato a salire in conseguenza di una ripresa della disoccupazione e dell’uscita dalla deflazione dei beni ad alta frequenza d’acquisto (-0,5% a febbraio 0,0% a marzo).
L’aumento rilevato per il MIC, il secondo consecutivo, si inserisce in un contesto che, seppure in moderato miglioramento, è ancora caratterizzato da molte incertezze. Nel primo trimestre dell’anno i modesti impulsi positivi provenienti dalla produzione non si sono, infatti, tradotti in una decisa ripresa dei consumi e non hanno prodotto effetti apprezzabili sui livelli occupazionali. Presumibilmente solo nei prossimi mesi, con il consolidarsi della ripresa e con il dispiegarsi degli effetti della recente riforma del mercato del lavoro, l’occupazione potrà registrare concreti segnali di miglioramento contribuendo a ridimensionare l’area del disagio sociale.
A marzo il tasso di disoccupazione ufficiale è salito al 13,0%, in aumento di tre decimi di punto rispetto a febbraio e di sei decimi nei confronti di un anno prima. I disoccupati si sono attestati a 3 milioni 302mila unità (+52mila sul mese precedente e +138mila rispetto a marzo del 2014). Il numero di occupati è diminuito di 59mila unità su base mensile e di 70mila nel confronto annuo.
Nel mese di marzo le ore di CIG autorizzate sono aumentate del 4,7% nei confronti di febbraio e diminuite del 43,8% rispetto allo stesso mese del 2014. Sulla base di questa stima si è calcolato che le ore di CIG utilizzate – destagionalizzate e ricondotte a ULA – sono diminuite di 5mila unità su base mensile collocandosi ai livelli più bassi dall’inizio del 2009. Il numero di scoraggiati[2] è stimato, anche a marzo, in crescita rispetto a febbraio.
Il combinarsi dell’aumento dei disoccupati ufficiali e degli scoraggiati e la diminuzione del numero di persone in CIG ha determinato un modesto aumento del tasso di disoccupazione esteso, salito al 16,7% (tab. 1). Nello stesso mese i prezzi dei beni e dei servizi ad alta frequenza d’acquisto hanno registrato una variazione nulla (-0,5% a febbraio). La figura 1 mostra le due componenti del MIC (in rosso l’inflazione dei beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto ed in blu la disoccupazione estesa), mentre l’ingrandimento riporta l’andamento complessivo del disagio sociale negli ultimi dieci mesi.
Il Misery Index (MI) tradizionale è dato dalla semplice somma di tasso di disoccupazione e tasso d’inflazione. I pesi assegnati ai due “mali” sono dunque identici e pari a 1.
Il Misery Index Confcommercio (MIC) è calcolato in modo da leggere con maggiore precisione la dinamica del disagio sociale, misurato in una metrica macroeconomica. Le due componenti del MIC sono il tasso di disoccupazione esteso, definito più sotto, e la variazione dei prezzi dei beni e dei servizi acquistati in alta frequenza (fonte ISTAT): le dinamiche di prezzo di questo paniere dovrebbero influenzare in modo più diretto la percezione dell’inflazione da parte delle famiglie, correlandosi direttamente con le preoccupazioni (disagio) in merito al proprio potere d’acquisto.
Si assegnano pesi diversi alle due componenti, disoccupazione ed inflazione, rispettivamente 1,2647 e 0,7353. Ciò sulla base degli studi scientifici internazionali che, utilizzando dati Eurobarometro sul benessere dei cittadini europei (si veda Di Tella, MacCulloch ed Oswald, 2001), hanno dimostrato come il costo della disoccupazione in termini di soddisfazione di vita sia molto superiore a quello dell’inflazione.
D’altra parte, tutte le recenti ricerche sociali evidenziano come prima preoccupazione dei cittadini sia la questione del lavoro, e quindi la paura della disoccupazione. Il Misery Index tradizionale, che assegna pesi uguali ai due mali, tende, dunque, a sottostimare i costi economici, psicologici e sociali – diretti ed indiretti – della disoccupazione. La quantificazione dei due pesi adottata nel MIC si basa sulla regressione 1 della Tabella 2 contenuta in Becchetti, Castriota e Giuntella (2010), in cui si stima che, per lasciare indifferente un cittadino medio europeo, l’aumento di un punto di disoccupazione deve essere compensato da una diminuzione di 1,72 punti di inflazione. Di conseguenza, i pesi della disoccupazione e dell’inflazione valgono, rispettivamente, (1,72/2,72)x2=1,2647 e (1/2,72)x2=0,7353. I pesi sono moltiplicati per due in modo da lasciare la loro somma uguale a due per consentire una lettura non ambigua dei risultati (anche nel calcolo del Misery Index tradizionale la somma dei pesi è pari a due).
Al numeratore del tasso di disoccupazione esteso compaiono sia le forze di lavoro potenziali, come definite più sotto, sia i cassaintegrati equivalenti a zero ore. Questo concetto si esemplifica facilmente: se le ore di cassa integrazione sono otto in un giorno, quattro per una persona e quattro per un’altra persona, i cassaintegrati equivalenti sono pari a uno dal momento che un dipendente a tempo pieno lavora otto ore.
Le forze di lavoro potenziali correggono opportunamente anche il denominatore, estendendo il concetto tradizionale di forze di lavoro a coloro che hanno svolto l’ultima azione di ricerca da due a tre mesi fa e che, quindi, sono più facilmente assimilabili ai disoccupati che agli inattivi; i cassaintegrati equivalenti, invece, non compaiono al denominatore perché già conteggiati (nella rilevazione dell’ISTAT figurano tra gli occupati).
Di seguito la descrizione delle singole variabili e le fonti:
- Tasso di inflazione dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto: dati mensili di fonte ISTAT, variazione tendenziale;
- Tasso di disoccupazione, occupati e disoccupati: dati mensili destagionalizzati di fonte ISTAT;
- Ore CIG: dati mensili INPS sulle ore di CIG effettivamente utilizzate (tiraggio, confronti omogenei); tale stima costituisce un’approssimazione dal momento che le comunicazioni delle aziende all’INPS non sono sempre contestuali al periodo di fruizione del sussidio da parte del lavoratore. I dati sono stati destagionalizzati con TRAMO-SEATS;
- CIG: numero di CIG-teste, calcolate dividendo le Ore CIG totali per 2000 ore annue (166,6 al mese);
- Forze di lavoro potenziali: sottoinsieme delle persone che (1) si dichiarano in cerca di lavoro, (2) sono disponibili a lavorare nelle prossime due settimane e (3) anche se non lo hanno fatto nelle ultime quattro settimane, affermano di aver compiuto una o più azioni di ricerca da 2 a 3 mesi prima dell’intervista. I dati sulle forze lavoro potenziali, forniti dall’ISTAT su base trimestrale, sono stati destagionalizzati con TRAMO-SEATS e mensilizzati.