Il panorama fruibile da un’abitazione è un diritto e un valore aggiunto. Se la costruzione di un edificio lo compromette, scatta il risarcimento del danno. Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza 362/2015.

Il Comune di Lioni con provvedimento n. 2979 del 16 novembre 1994 rilasciava un concessione edilizia in favore del condominio , ai fini della realizzazione di un edificio di tre piani. Tale provvedimento veniva impugnato dal sig. , proprietario di un immobile adiacente, in quanto contrastante con le disposizioni urbanistiche che, per quella zona, ammettevano la sola possibilità di ricostruzione dei volumi esistenti.

Con sentenza n. 2468 del 7 ottobre 1997, il T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, accoglieva il ricorso, annullando la concessione edilizia.

Successivamente, con delibera n. 104 del 20 novembre 1998, il Comune di Lioni adottava un nuovo piano di recupero, approvato dal Sindaco in data 8 aprile 1999 con decreto n. 2851, che era qualificato di “assestamento degli interventi già effettuati e di previsione per i soli interventi ancora da realizzare”: con esso si disponeva un cambio di destinazione urbanistica, da “sostituzione edilizia” a “ristrutturazione urbanistica” nell’area su cui insistono sia il fabbricato del condominio sia quello del sig. .

In virtù di tali provvedimenti, il Comune di Lioni rilasciava al condominio la concessione edilizia n. 1476 in data 13 ottobre 1999, finalizzata ad adeguare la volumetria dell’immobile al nuovo piano di recupero ed in base alla quale veniva costruito il terzo piano del fabbricato.

In merito all’istanza risarcitoria, il T.A.R. riteneva, per un verso, inammissibile la richiesta di ristoro dei danni da diminuzione permanente del valore dell’edificio dell’immobile, stante l’accoglimento dell’istanza di esecuzione in forma specifica e, per altro verso, riteneva improponibile la domanda di risarcimento dei danni subiti anno per anno per effetto della minore amenità dell’edificio, in quanto l’art. 112 c.p.a. non consentirebbe più, a causa dell’abrogazione del co. 4, la proposizione, per la prima volta in sede di ottemperanza, dell’istanza risarcitoria derivante dall’illegittimità del provvedimento.

Il condomino afferma al riguardo che, in primo luogo, la scelta dello strumento da utilizzare per eseguire un giudicato di tal genere spetterebbe all’amministrazione e non al giudice dell’ottemperanza e, comunque, nel caso di specie la scelta più opportuna sarebbe dovuta ricadere sulla sanzione pecuniaria data l’impossibilità di rimozione dell’opera abusiva. In secondo luogo, il giudice di prime cure non avrebbe dovuto ordinare sic et simpliciter la demolizione del terzo piano del fabbricato, in quanto il Comune si era positivamente adoperato al fine di eliminare il vizio procedurale insito nel rilascio della concessione edilizia. Infine, l’appellante incidentale evidenzia che, in ogni caso, il Comune di Lioni non può essere obbligato ad ordinare la demolizione, poiché il giudicato sarebbe stato correttamente eseguito mediante l’adozione dell’ordine di demolizione n. 5 del 27 settembre 2011.

Il ricorso incidentale è infondato.

L’art. 114 co. 4 c.p.a. individua i poteri che il giudice può esercitare: in particolare, viene in rilievo la lett. a) della disposizione secondo cui il giudice “ordina l’ottemperanza prescrivendo le relative modalità anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo o l’emanazione dello stesso in luogo dell’amministrazione”.
Sul punto, anche la giurisprudenza è univoca nel ritenere che “al giudice dell’ottemperanza è devoluto un potere di natura mista, tale da rendere il giudizio non assimilabile al processo esecutivo civile, essendo diretto non solo all’esecuzione del giudicato, vale a dire all’adeguamento della realtà materiale alla regola di diritto da questo stabilita per il caso concreto, ma anche una prodromica attività di cognizione avente lo scopo di definire e se del caso specificare tale regola” (Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2014 n. 1937).

Il giudice dell’ottemperanza, cioè, esercita gli ampi poteri conferiti dalla legge integrando l’originario disposto della sentenza impugnata dinanzi ad esso, con determinazioni che non ne costituiscono una mera “esecuzione”, ma una “attuazione” in senso stretto, dando luogo al cosiddetto giudicato “a formazione progressiva”.

Al riguardo, infatti, è stato chiarito che il giudice può “delimitare la reale portata della regola di diritto derivante dal giudicato, esercitando poteri di natura non meramente esecutiva ma anche cognitiva affinché, attraverso tale formazione progressiva del giudicato, recante la compiuta determinazione del suo contenuto quale correttamente desumibile, sia assicurata la realizzazione sostanziale del bene della vita perseguito con il giudizio” (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 19 agosto 2014 n. 4269).

Nel caso di specie, infatti, il giudice di prime cure ha del tutto legittimamente disposto la demolizione dell’opera abusiva, in esecuzione della sentenza del T.A.R. per la Campania. Inoltre, nel corso del successivo giudizio d’appello, questa Sezione ha chiesto al Comune chiarimenti in merito all’opportunità della rimozione del terzo piano del condominio, con ordinanza n. 2423 del 12 maggio 2014. Rilevata la difficoltà della demolizione dell’opera, il Comune ha chiesto informazioni circa la quantificazione del valore venale del bene ai fini dell’applicazione della sanzione da comminare al condominio ex art. 38 D.P.R. n. 380/2001.

Quest’ultima richiesta evidenzia, tra l’altro, che l’adozione, da parte del Comune di Lioni, dell’ordine di demolizione n. 5/2011 non possa ritenersi sufficiente ai fini dell’esecuzione della sentenza oggetto del presente giudizio: invocare tale provvedimento al fine di avvalorare la tesi della avvenuta esecuzione della sentenza n. 9254/2004, equivarrebbe a sostenere l’inutilità del decisum giudiziale. In effetti, così argomentando, il sig. potrebbe soltanto vantare in astratto il bene della vita ottenuto nel giudizio di cognizione che non potrebbe mai essergli attribuito in concreto, stante l’impossibilità di demolizione del terzo piano del condominio. L’ordine di demolizione n. 5/2001 si sostanzierebbe, in definitiva, in una formalistica esecuzione del giudicato che non potrebbe mai soddisfare pienamente l’interesse del sig. .

Per quanto concerne, invece, il completamento dell’iter di approvazione del piano di recupero, recepito nel P.R.G. del Comune soltanto nel 2011 e che avrebbe sanato il vizio procedurale insito nella concessione edilizia annullata dal T.A.R., è sufficiente richiamare quanto correttamente disposto dal giudice di prime cure: al fine di delimitare la portata del principio di certezza delle situazioni giuridiche e di individuare esattamente il contenuto dell’obbligo di adempimento, “il giudicato va considerato intangibile, sia con riguardo all’accertamento del diritto all’edificazione, sia con riguardo all’opposto accertamento della illegittimità della consentita edificazione, in omaggio al principio per cui la legge sopravvenuta è irrilevante sulle situazioni giuridiche istantanee definite dal giudicato” (cfr. pag. 8 sentenza appellata).
In definitiva, il ricorso incidentale non può considerarsi fondato e, conseguentemente, va affermata la piena legittimità dell’operato del giudice di prime cure che ha ordinato al Comune di adoperarsi affinché venga garantito l’interesse del sig. .

Per quanto concerne l’esame dell’appello principale, va evidenziato come esso inerisca, essenzialmente, all’interpretazione dell’art. 112 c.p.a. in seguito alle modifiche intervenute con il D. Lgs. n. 195/2011.
In particolare il sig. impugna la sentenza di primo grado nella parte in cui ha dichiarato improponibile la domanda di risarcimento del danno “durevole” e, cioè, del danno derivante dalla perdita di luce, area e panorama, cagionato anno per anno per effetto della costruzione illegittimamente realizzata.

Secondo il T.A.R. per la Campania, infatti, al momento della definizione del giudizio era stato abrogato, dal D. Lgs. n. 195/2011, il quarto comma dell’art. 112 c.p.a. che ammetteva la proponibilità, per la prima volta in sede di ottemperanza, della domanda di risarcimento del danno derivante dall’illegittimità del provvedimento amministrativo oggetto della sentenza da ottemperare. Inoltre, la domanda di risarcimento del danno “durevole” non sarebbe potuta rientrare nell’ambito di applicazione del novellato art. 112, co. 3, c.p.a., poiché i danni lamentati non derivano da alcuna delle fattispecie in esso previste.

Parte appellante al riguardo afferma anzitutto che, al momento del deposito del ricorso di primo grado, avvenuto nel febbraio 2011, l’art. 112, co. 4, era ancora in vigore e, dunque, applicabile ratione temporis. Inoltre, anche a voler prescindere dall’esatta individuazione del momento di entrata in vigore del nuovo articolo 112 c.p.a., il T.A.R. non avrebbe considerato che il legislatore con la riforma, intervenuta con il D. Lgs. n. 195/2011, ha voluto evitare una duplicazione di norme, specificando l’ambito applicativo dell’art. 112, ma non eliminando la possibilità di proporre azione di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione del giudicato dinanzi al giudice dell’ottemperanza.
Il motivo è fondato.

Chiarita la necessità di attribuire un equo risarcimento del danno al sig. , occorre individuare i parametri utili per poter quantificare la somma dovuta. A tal fine, la giurisprudenza ha configurato, come termini di paragone, il pregio per il panorama di cui gode l’appartamento e che è riconosciuto dal mercato immobiliare ed il deprezzamento commerciale dell’immobile susseguente al venir meno della panoramicità (cfr. Corte Cass. n. 3679 cit.).

Tuttavia, poiché tale giudizio si risolve nell’accertamento di fatti rilevabili o valutabili con l’ausilio di specifiche cognizioni tecniche, il Collegio ritiene necessario nominare un verificatore ai sensi dell’art. 66 c.p.a.. A tal fine viene individuato quale verificatore un professore di estimo civile presso l’Università di Roma “la Sapienza”, individuato dal Rettore.

Allo stesso viene conferito l’incarico di quantificare il danno cagionato al sig. dall’illegittima sopraelevazione del terzo piano del condominio a partire dalla data proposizione dell’azione risarcitoria in primo grado e fino all’effettivo soddisfo.Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) riservata ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito in ordine alla quantificazione del danno e sulle spese, accoglie l’appello principale e respinge l’appello incidentale e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna le parti resistenti, in solido tra loro, al risarcimento dei danni che saranno quantificati in corso di causa, disponendo gli incombenti istruttori nei sensi e nei termini di cui in motivazione.

Fissa per il prosieguo la prima udienza pubblica utile del giugno 2015
Ordina alla segreteria della Sezione di provvedere alla comunicazione della presente ordinanza alle parti e al verificatore.

Fissa il compenso del verificatore come in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

 

FONTE: Consiglio di Stato, Sezione Quarta

 

 

condono_edilizio