Nel processo amministrativo è previsto normativamente e qualificato come vera e propria obbligazione dovuta ex lege, ma non altrettanto succede nel diritto tributario.

In tema di richieste di rimborso del contributo unificato a seguito di sentenze sfavorevoli, avviene di frequente che all’esito di contenziosi definiti con sentenza passata in giudicato, l’Agenzia delle Entrate e il contribuente si trovino di nuovo a “litigare”.
Accade, infatti, che né il dispositivo della sentenza né la motivazione facciano riferimento alla necessità di restituire il contributo unificato alla parte vittoriosa, che, invece, al di là di quanto statuito nel provvedimento giurisdizionale, ne pretende la restituzione.

La questione interpretativa che ne scaturisce è quella dell’obbligatorietà o meno della liquidazione alla controparte, di un importo pari al contributo unificato sostenuto dalla stessa al momento dell’instaurazione del contraddittorio, in presenza di sentenze che statuiscono una liquidazione generica alle spese di lite con formula, ad esempio, “Euro 2.000,00 oltre ad Iva e Cpa” oppure “Euro 2.000,00 oltre ad accessori di legge”.

Sotto un primo profilo, va evidenziato che in tali circostanze la rimborsabilità va esclusa per l’impossibilità di ascrivere il contributo unificato alla categoria degli accessori di legge.
Attualmente, infatti, nell’ambito del processo civile e tributario, rappresentano oneri accessori dovuti per legge esclusivamente l’Iva, se dovuta, e il contributo alla Cassa di previdenza forense, in quanto prestazioni necessariamente collegate al pagamento degli onorari professionali (cfr Cassazione 1672/2003 e 2387/1998).
In pratica, trattandosi di un’obbligazione tributaria l’una, previdenziale l’altra, imposte dalla legge al professionista e che, tuttavia, vanno di fatto a ricadere sul cliente aggiungendosi all’onorario, ne viene riconosciuta l’accessorietà e, quindi, la complementarietà rispetto alle spese processuali, costituite dagli onorari del difensore.
Evidentemente tanto non può dirsi per il contributo unificato.

D’altro canto, la rimborsabilità del contributo unificato va esclusa anche alla luce di quanto previsto dal quadro normativo vigente.
Infatti, mentre per il processo amministrativo, il legislatore ha espressamente previsto che anche il contributo unificato soggiaccia al principio della soccombenza e vada rimborsato alla parte vittoriosa, tanto non è stato fatto per quello civile e tributario.
Precisamente, il comma 6-bis.1, dell’articolo 13, del Dpr 115/2002 (testo unico in materia di spese di giustizia) prevede che “L’onere relativo al pagamento dei suddetti contributi (contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, ndr) è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio”.
È, dunque, normativamente previsto che, oltre alle spese di lite, venga rimborsato quanto versato a titolo di contributo unificato.

Analoga disposizione non risulta, viceversa, nel sistema processuale tributario e ordinario, e, dunque, si dovrebbe propendere per l’esclusione dell’ammissibilità di un’estensione di tale previsione al giudizio tributario.
Questa interpretazione, tuttavia, non può, attualmente, essere considerata pacifica.

Esaminando gli ulteriori orientamenti giurisprudenziali, emerge, come sia oramai acclarato, per i giudici amministrativi, che la restituzione del contributo venga a essere qualificata come vera e propria obbligazione dovuta ex lege, in virtù proprio della specifica disposizione citata, ritenendo irrilevante la circostanza che il suo rimborso non sia esplicitamente stabilito con la sentenza favorevole alla parte avversa, “essendo connesso esclusivamente al verificarsi della situazione di fatto rappresentata dall’accoglimento dello stesso”.
Tuttavia, si ritiene che le pronunce del Consiglio di Stato (cfr fra tutte, la 68/2014) non possano considerarsi calzanti ai casi di specie, in quanto, come anzidetto, relative allo specifico ambito dei procedimenti innanzi la giustizia amministrativa.
In tale contesto, manca, invece, un indirizzo da parte delle sezioni civili della suprema Corte.

Per la verità, recentemente, i giudici di legittimità, con ordinanza n. 21207/2013, sono intervenuti in un caso analogo, ma non identico.
Al riguardo, la Corte di cassazione – esaminando il motivo del ricorso attinente all’importo del contributo unificato, che il giudice di appello avrebbe liquidato, a detta del ricorrente, in misura inferiore – ha precisato che il contributo atti giudiziari costituisce una obbligazione ex lege sottratta alla potestà del giudice di liquidarne autonomamente l’ammontare (poiché quest’ultimo non può che corrispondere all’importo versato).
Ne discende, secondo i magistrati di piazza Cavour, che il giudice non è neppure tenuto alla relativa liquidazione, trattandosi di obbligo di rimborso che deriva dalla stessa condanna alle spese della parte soccombente.
In buona sostanza, in virtù del principio interpretativo della cosiddetta eadem ratio, la suprema Corte fa espresso rinvio alla disciplina applicabile ai giudizi amministrativi.

Tale statuizione, tuttavia, non appare sufficiente al fine di superare la questione e, di conseguenza, per far ritenere che la parte soccombente debba in automatico provvedere al rimborso delle somme dovute per il contributo unificato in assenza di specifica previsione nel dispositivo.
E invero, la pronuncia citata, benché inquadri il contributo unificato nel novero delle obbligazioni ex lege, comunque non stabilisce se, in caso di importi liquidati in sentenza in maniera omnicomprensiva, le somme per il contributo stesso debbano sempre e comunque considerarsi in aggiunta agli importi riportati in dispositivo.
La suprema Corte, nell’ordinanza de qua, difatti, si era trovata a pronunciarsi su un caso in cui la liquidazione giudiziale era addirittura inferiore al solo importo del contributo stesso e, dunque, stante la diversità delle fattispecie, la questione interpretativa non si può ritenere risolta.

Ciò è tanto vero che, recentissimamente, la Commissione tributaria provinciale di Pordenone ha negato la rimborsabilità del contributo partendo proprio dall’assunto secondo cui “la configurazione del contributo unificato come obbligazione ex lege che fa carico alla parte soccombente e che pertanto è estraneo al potere liquidatorio del giudice trovando per così dire automatica applicazione vale solo ed esclusivamente per il giudizio amministrativo in forza del comma 6 bis Dpr 115/2002. Trattasi di norma speciale che quindi non è suscettibile di estensione analogica al processo civile e tributario” (Ctp Pordenone, sentenza n. 235/02/14).

 

 

FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate

AUTORE: Michela Roja

 

 

 

settore statale, regime fiscale