Oltre due mesi dopo la emanazione della L. n. 78/2014 che ha convertito il D.L. n. 34/2014 (c.d. Jobs Act), il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha diffuso la prima circolare esplicativa, volta a fugare (non tutti) i dubbi e i nodi interpretativi emersi dall’analisi del dettato normativo contenuto nel Jobs Act. Di seguito si riportano i chiarimenti più salienti previsti dalla nota ministeriale:
- il Dicastero, ricordando il principio di acausalità previsto per la stipulazione dei contratti a termine (anche per la somministrazione a tempo determinato), ha sottolineato, tuttavia, che appare comunque opportuno che i datori di lavoro facciano risultare da atto scritto le ragioni giustificatrici dell’assunzione in caso di ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità. L’indicazione della casuale non è più obbligatoria, ma è comunque opportuna per ragioni di trasparenza.
- Base di computo del 20%: la nota ministeriale ha chiarito che nella base di calcolo dei contratti a tempo indeterminato, ai fini di stabilire la soglia del 20%, siano considerati anche i dirigenti a tempo indeterminato, gli apprendisti (tranne quelli a termine per lavori stagionali) e i lavoratori part-time secondo il principio di proporzione (ex art. 6 d. lgs. 61/2000). Sono da escludere, invece, i lavoratori a chiamata a tempo indeterminato privi di indennità di disponibilità, i rapporti di lavoro di natura autonoma, lavoratori parasubordinati e gli associati in partecipazione.
- Base di computo (segue): la verifica concernente il numero dei lavoratori a tempo indeterminato deve essere effettuata in relazione al totale dei lavoratori complessivamente in forza, a prescindere dall’unità produttiva dove gli stessi sono occupati. Inoltre, qualora la percentuale del 20% dia luogo ad un numero decimale, il datore di lavoro potrà effettuare un arrotondamento all’unità superiore qualora il decimale sia uguale o superiore a 0,5: a titolo esemplificativo, pertanto, una percentuale di contratti a termine stipulabili pari a 2,50% equivale a 3 contratti. Sono fatti salvi gli arrotondamenti “in eccesso” effettuati dal datore prima della pubblicazione della nota in esame.
- Limite del 20%: la soglia del 20% non rappresenta un limite fisso annuale, ma essa costituisce una proporzione tra lavoratori stabili e a termine che deve essere sempre rispettata. Dunque, allo scadere di un contratto sarà possibile stipularne un altro, a patto che si rispetti la percentuale massima di lavoratori a tempo determinato pari al 20%. Il Ministero rammenta, altresì, che sono esenti da limitazioni quantitative le assunzioni a termine di disabili (ex. art. 11 L. n. 68/99) e quelle relative alle acquisizioni di personale a termine nelle ipotesi di trasferimenti d’azienda o rami d’azienda.
- Poteri derogatori della contrattazione collettiva: la circolare in esame riconosce ampi spazi di deroga all’autonomia collettiva. Infatti quest’ultima può derogare al limite percentuale del 20% aumentandolo o diminuendolo. Può inoltre non tener conto della scelta del Legislatore di calcolare la base di computo al 1°gennaio, optando, a titolo esemplificativo, per la base costituita da lavoratori a tempo indeterminato mediamente occupati in un determinato arco temporale.
- Regime sanzionatorio: la nota illustra gli aspetti sanzionatori della violazione del 20% (o quello diverso previsto dalla contrattazione collettiva), ma si guarda bene dal sostenere che la sanzione amministrativa, in caso di “sforamento”, abroga o sostituisce il regime sanzionatorio preesistente, con la conseguenza che sarà solo il giudice in ultima istanza a sentenziare la conversione a tempo indeterminato o meno. Quanto alla suddetta sanzione, il disposto ministeriale afferma che la retribuzione da prendere in considerazione ai fini del calcolo della multa è la retribuzione lorda mensile riportata nel singolo contratto di lavoro, desumibile anche attraverso una divisione della retribuzione annuale per il numero di mensilità spettanti. In mancanza di questa, l’ispettore dovrà prendere a riferimento la retribuzione tabellare prevista nel contratto collettivo applicabile. Inoltre, ai fini del calcolo del periodo di occupazione – utile per l’esatta determinazione dell’ammontare della sanzione – valgono anche i periodi di sospensione del rapporto (malattia, maternità, infortunio, part-time verticale etc.). Di assoluta rilevanza è il passo della nota in cui viene affermato che la sanzione in oggetto è soggetta all’art. 16 della L. n. 689/1981, e dunque l’importo sanzionatorio andrà notificato nella misura di un terzo ed il suo pagamento entro 60 giorni dalla notifica estinguerà la violazione.
- Regime transitorio: il dettato ministeriale conferma che la sanzione di cui sopra non si applica per i rapporti di lavoro instaurati precedentemente al 21 marzo scorso, che comportino il superamento del limite percentuale.
- Proroga: ribadendo che il numero delle proroghe del contratto a termine ammonta ad un massimo di 5 volte (indipendentemente dal numero di rinnovi), nell’arco dei complessivi 36 mesi, il Ministero stabilisce che il divieto di assunzione nel 2015 (conseguente allo sforamento nell’anno precedente) non riguarda i datori di lavoro che si limitino a prorogare i contratti già in essere. Inoltre, il nuovo istituto della proroga trova applicazione ai rapporti di lavoro costituiti dopo il 21 marzo. Ne discende che i rapporti costituiti precedentemente a tale data sono soggetti al regime previgente (una sola proroga).
- Diritto di precedenza: in conformità alle disposizioni contenute nel Jobs Act, è previsto l’obbligo del datore di lavoro di richiamare il diritto di precedenza nell’atto scritto dell’assunzione. La nota non specifica il regime sanzionatorio in caso di inadempimento da parte del datore. In compenso afferma che lo stesso inadempimento non pregiudica la possibilità per il lavoratore di esercitare il diritto di precedenza.
- Contratto di somministrazione: il Dicastero afferma che la sanzione summenzionata non si applica in caso di superamento del 20% in tema di somministrazione di manodopera. Peraltro il tetto del 20% non è applicabile né agli utilizzatori (solo i contratti collettivipossono stabilire soglie al riguardo), né alle agenzie per il lavoro (il tetto è incompatibile con l’attività svolta).
- Apprendistato: clausole di stabilizzazione: la contrattazione collettiva può derogare unicamente al limite del 20% per le aziende che occupano almeno 50 dipendenti. Per i datori di lavoro che occupano fino a 49 lavoratori, invece, la violazione di eventuali clausole di stabilizzazione previste dai contratti collettivi, anche già vigenti, non avrà il medesimo effetto trasformativo, vale a dire il disconoscimento del contratto di apprendistato, con relativa conversione in contratto a tempo indeterminato.
- Piano formativo individuale: rammentando la soppressione del termine dei 30 giorni dalla stipula del contratto per elaborare il piano formativo individuale, la circolare riconosce ampio spazio alla contrattazione collettiva, che può reintrodurre il termine di 30 giorni, o fare salva la normativa contrattale previgente.
FONTE: ANCL – Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Sindacato Unitario